CAPITOLO 14

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KEIRA

Dodici anni prima...

Sembrava che non avessi il diritto di dormire qualche ora in più, dopo qualche ora con gli occhi chiusi in uno stato di dormiveglia doveva sempre esserci qualcosa o qualcuno che mi disturbava, nell'esatto momento in cui la mia mente stava per incontrare il sonno. Necessitavo di sfiorare e sentire addosso le docili braccia di Morfeo per poter gustare un buon sonno profondo e ristoratore, eppure non sembravo meritarmelo un tale dono. Quando ero prossima a rilassarmi le mie stupide paranoie tornavano a farsi sentire, l'ansia di non sapere cosa avrebbe fatto mia madre se avesse scoperto, cosa più che certa, che non ero più a Los Angeles, il caos che sarebbe scoppiato persino in città se i media lo fossero venuti a sapere. Ogni volta che si sigillavano le palpebre, i miei pensieri volavano in un turbinio agitato e vorticoso di incertezze che non mi davano un attimo di tregua neppure sotto preghiera. Sentivo però, a placare le mie torture mentali, il tessuto morbido di lenzuola morbide sotto i palmi, schiacciate sotto il mio corpo, la morbidezza di tante piume compresse sotto un sottile strato soffice e delicato. Non mi serviva schiudere gli occhi per capacitarmi che fossi in un letto, ciononostante il profumo sconosciuto che aleggiava intorno a me non mi faceva ben capire dove mi trovassi realmente. E forse per timore di conoscere altre paranoie, non avevo ancora neppure tentato di aprire gli occhi per controllare. Volevo volteggiare ancora un po' nel buio che vigeva di fronte ai miei occhi serrati dalle palpebre, lì dove ero in un certo senso isolata da tutti i cavolo di problemi che sembravano rinascere ogni qualvolta io mi svegliavo. Non ricordavo cosa fosse successo dopo che fummo saliti in macchina, a stento rimembrai di essermi appisolata tra le braccia di mio fratello ma poi così, d'un tratto, la morbidezza di lenzuola calde mi avevano avvolto. Era così stressante dover rimanere vigi, che spesso mi celavo nel sonno per scappare alla realtà. Ma non mi fu proprio concesso quel poco tempo di clausura pacifica, tanto che mi sembrò di rivivere un deja-vu. Un tocco morbido, un po' come quello che sentii del nonno la sera prima sulla guancia, questa volta mi sfiorava furtivo la clavicola quasi con curiosità. Ma al contrario di quello del mio adorato nonnino, quel lento sfiorare mi scaldò. <<Vei fi mea Keira.>> (Sarai mia) Sentii un turbinio di brividi che dal petto scendevano per imbrogliarsi nello stomaco. Quel sussurro fu talmente basso che mi sembrò quasi di star sognando, di non averlo sentito veramente. Quella leggera carezza si fece spazio fin sotto al tessuto sottile del mio pigiama in seta arrivando a massaggiarmi dolcemente la spalla, uno sfiorarsi così tenue che i nervi si allietarono di lentamente. Sentii che mi si scoprì la spalla e lì, dove poco prima si divertivano brividi e carezze, sulla mia pelle si posò un bacio che mi portò ad arricciare le dita dei piedi dal dolce pizzicore che mi punzecchiò il basso ventre. Fu così piacevole che ne reclamai ancora. Lentamente feci risalire la mano in maniera smarrita, non intendevo aprire gli occhi come se temessi che quel caldo piacere a quel punto sarebbe svanito, desideravo godermi un secondo di quella sensazione. Poi le mie dita si incastrarono tra folti capelli, dietro a una nuca celata da una chioma così morbida tra cui persi la mano. La premetti leggermente per intimare a quel caldore di farsi più vicino e così, quel bacio si ripetè ancora sulla clavicola e dopo ancora sul collo. Non riconobbi la sensazione che quel tocco mi procurò, non ne conoscevo la forma, la sostanza, la fonte, ma il solo sentirla sulla pelle mi annebbiò i pensieri e ciò mi bastò. Quei brividi li sentii arrivare così in basso che vidi in quel buio davanti agli occhi, un cielo stellato. Non seppi neppure distinguere cosa fosse, ma quando un ansimo sottile mi divise le labbra non potetti fermarlo. Quei baci però non superarono mai il sottile filo che divideva il dolce bruciare del piacere e la volgarità dell'oltre, e questo mi lasciò insoddisfatta. Sentii il respiro farsi più graffiante nei polmoni, ed un altro pizzicarmi l'incavo del collo con ansimi senza tregua. Desideravo di sentire ancora e ancora quei brividi a qualsiasi costo e condizione, ne volevo ancora. <<Continua.>> Bisbigliai quasi incosciente di starlo facendo con quella che parve persino a me più una supplica, ma quella piacevolissima sensazione che mi scuoteva il corpo inibiva ogni mio gesto o parola. <<Perchè non mi fermi Keira? Sai che non vuoi spingerti così in là con me.>> I miei brividi aumentarono al suono roco della sua voce che aumentò lievemente dal sibilò di poco prima, così ne potei sentire la ruvidezza del tono, la profondità delle vibrazioni e la setosità di quel flebile sussurro. Sapevo che era lui, ero conscia di non doverlo volere, di quanto fosse sbagliato che io mi sentissi così ad un suo lieve bacio sul corpo. Ma mi imposi che sarebbe stato solo un momento, un istante, dopodichè sarei tornata la me di prima. <<Allora non spingermi.>> Fu allora che aprii gli occhi e ritrovarmi quell'oceano a pochi millimetri dal mio mare fu come tuffarsi in qualcosa di troppo grande, immenso, ma così tremendamente ammaliante e proibito da stordire. <<Accompagnami Mihai.>> Il suo viso torreggiava ad un soffio dal mio, entrambi con il capo poggiato sui cuscini e le tempie premute in quest'ultimi, il suo respiro mi rilassò le labbra a tal punto che si schiusero al suo richiamo. Lui disteso su un fianco, io sulla schiena con il capo rivolto al suo. Il tessuto della vestaglia che mi scopriva la spalla dove l'aveva lievemente fatta scendere, scopriva lì dove ancora bruciava al suo solo passaggio. La sola bretella sottostante, teneva alta la canotta in seta che copriva il mio seno spoglio, non portavo il reggiseno poichè prima di coricarmi lo sfilavo sempre. Se solo si fosse spinto più in là avrebbe visto ciò che avevo proibito a molti. <<Mi odi, se ti assecondassi troveresti solo l'ennesimo pretesto per incolparmi di ciò che desideri anche tu.>> Forse non sbagliava, forse diceva il vero e dopo quel momento avrei afferrato nuovamente la spada per giurargli guerra eterna, ma era così accattivante quel brivido che mi causava che ne volevo ancora. Desideravo scoprire cosa volesse dire risentirlo ancora e ancora. Allontanai la mano sai suoi capelli morbidi e scompigliati per prendergli la mano grande e portarla al nodo della mia vestaglia, quelle gemme celesti non si scollarono per un secondo dalle mie, neppure quando senza che dovessi spiegarglielo, slegò la vestaglia rivelando il pigiamino in seta striminzito che indossavo. <<Allontaniamoci dalla realtà per un secondo.>> Gli accompagnai la mano sotto alla canotta e inconsapevolmente contrassi l'addome quando sentii i suoi polpastrelli sul ventre, fu un leggero sfiorarsi, una carezza circolare con lenta e bollente che ci scosse entrambi. Poggiai la fronte contro la sua e sentii che i millimetri in più che faceva procedendo a rilento sempre più in alto, mi stavano divorando l'ossigeno. <<Fremi.>> Sibilò con la voce tremante come se quelle sue parole valessero in parte anche per lui. <<Sì.>> Sentiva ciò che percepivo io e sembrava così perso nel desiderio di sfiorarmi che non sembrò più ricordarsi i suoi doveri, il mio calore, il mio profumo, la mia pelle, ogni parte di me lo attirava. <<Hai il respiro corto.>> Le punte dei nostri nasi presero a sfiorarsi lentamente contrariamente alle nostre bocche che si trinceravano dietro ai respiri ansanti che gli sfioravano le labbra l'un l'altra. <<Sì.>> Le sue carezze si fermarono sotto il seno, sulle costole, lì dove si rese conto che non portavo il reggiseno nell'esatto momento in cui le sue pupille si dilatarono, sembrò quasi smettere di respirare. <<Non fermarti.>> Lo pregai quasi annegata in quel piacevole formicolio nel basso ventre che mi scombussolava lo stomaco, quasi sentissi le farfalle che leggevo in uno di quei tanti romanzi che adoravo. E lui mi assecondò, ormai perso quanto me se non di più. Sfilò allora la mano dalla mia canotta e con un movimento più impetuoso mi voltò su un fianco per avvicinarmi a sè, il mio petto spinse contro il suo coperto appena da una maglia bianca a maniche corte, tanto erano sottili i nostri indumenti che percepii i suoi pettorali marmorei contro i miei capezzoli turgidi ed un altro brivido, un altro ansimo, mi scombussolarono i pensieri ancora. <<Nessuno ti ha mai toccata?>> Sembrò quasi sconcertato, stupefatto, attonito da quella consapevolezza come se ne conoscesse già la risposta tanto che la mia fu una semplice conferma dei suoi dubbi. Cornelius era stato il mio primo bacio, nessuno però era stato la mia prima volta, ma non perchè sognassi la notte di rose e amore che si leggeva nei libri, ma perchè desideravo di farlo con l'uomo che avrei capito di volere davvero. <<Keira Martin sembri un diavolo di sogno.>> Sorridemmo entrambi, era tutto così perfetto che persino a me sembrava tutto così surreale, lui era irreale, quel momento così distaccato dal mondo sembrava impossibile. <<Fammi conoscere cosa si prova.>> Non gli avevo concesso neppure un bacio, ma gli stavo dando la possibilità di essere quel primo che nessuno aveva mai avuto la possibilità di essere, forse perchè ritenevo che un bacio sarebbe stato anche più importante di quello che gli stavo chiedendo. <<Non voglio essere il nucleo del tuo pentimento.>> Credeva che me ne sarei pentita, pensava che non era giusto che gli affidassi un tale compito e non ne capii il motivo, ma ero certa che avrei provato di tutto dopo quella decisione. Tranne che il rimpianto. <<Ma sai che se ti rifiuti, saresti tu a pentirti.>> Il suo tacere ne confermò la veridicità, non si sarebbe di certo tirato indietro ma era così buono che pensava prima a come mi sarei sentita io dopo, e non a cosa avrebbe provato lui se avessi cambiato tutto d'un tratto idea. Presi il suo tentennamento come un suggerimento ad avvicinarmi, così portai la mano al suo viso e accarezzai il bordo tagliente della sua mascella ruvida. <<O magari potrei chiederlo a Cornelius.>> Lo provocai ed ebbi il risultato che volevo. Quelle iridi blu scattarono di nuovo nelle mie e sotto ai miei polpastrelli sentii la sua mascella serrarsi e i muscoli del viso contrarsi dal fastidio, avevo trovato l'appiglio che mi serviva per farlo cedere e lo avrei sfruttato più spesso, mi ripromisi. La sua mano così calò dal mio fianco alla mia coscia scoperta, le sue dita affondarono nella mia pelle e la stretta gli permise di alzarmi la gamba per infilare la sua coscia tra le mie. Mi ritrovai così la sua gamba tra le mie, ma soprattutto, la sua coscia coperta da un ruvido jeans contro l'intimità celata da un misero pantaloncino inguinale e una brasiliana in pizzo nascosta al suo disotto. Mi si mozzò il fiato quando si sfregò contro di me. <<Quel coglione non merita nemmeno di respirarti affianco reginetta.>> E ancora, strusciò la coscia contro la mia intimità ed io mi sentii venir meno. Percepii un'umidità tra le cosce, il fremito tuonante che quei suoi lievi movimenti mi causavano nello stomaco non mi bastavano eppure lui si ostinava a intervallare quei suoi tocchi con momenti in cui rimaneva fermo. <<Pensavo che non dicessi le parolacce Kovacs.>> Si mosse ancora, sentii il diato annodarsi in gola e le mie mano affondare nella sua maglia per aggrapparsi al suo tessuto come se inconsapevolmente avessi temuto di annegare in quel piacere, un piacere incontrollato, qualcosa che mi soddisfava senza farmene capire la necessità. Solo l'impellente bisogno. <<A letto è tutto lecito.>>Mi istruì per poi mostrarmelo. Il suo essere gentiluomo si attenuò quando la sua mano si alzò per stringersi sulla mia natica, la strinse con fervore e una scossa di lussuria mi scombussolò i pensieri. Quella presa gli permise di muoversi con più fluidità, mi spinse la vita contro la sua coscia che prese a muoversi con più frequenza, accompagnai così i suoi movimenti e mi sembrò quasi di star cavalcando quelle sensazioni. Sapevo solo però che più andava veloce più si faceva tutto così piacevole. Gemetti poggiando la fronte contro il suo petto che si alzava e abbassava al ritmo del mio, sembrava quasi che per lui fosse tutto come lo sentivo io. <<E' così... così dannatamente piacevole.>> Ansimai contro la sua maglia percependo come l'ossigeno non mi bastasse mai, ad ogni respiro sentivo come l'aria mancasse, ma non ne avevo il bisogno, ero completamente assuefatta da quel brivido incontrollato che mi procurava tra le cosce. Mi sentii fradicia, sembrava quasi che mi stessi sciogliendo contro di lui.

Painful melody Where stories live. Discover now