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"Le uniche cose che
non si rimpiangono
sono le proprie follie"
- Oscar Wilde

MAYA
«Signorina Davis io ho finito per oggi» Taylor entrò nel mio ufficio, guardai l'orologio vedendo segnate le sette di sera.

«Certo. Vai, ci vediamo domani» Affermai, la ragazza mi salutò e quando stava per andarsene un'assurdità mi passò per la mente.

«Ah Taylor sai se Benjamin è ancora in ufficio?»Domandai con nonchalance, cercando di non creare nessun sospetto.

«Ho visto il signor Thompson dirigersi nella palestra dell'azienda poco fa» Annuii per poi salutare e ringraziare una seconda volta la ragazza.

Finii di sistemare gli ultimi fascicoli per poi prendere le mie cose e dirigermi verso quella metà a me conosciuta. Inferno o paradiso?
Non sapevo cosa mi stesse prendendo. Non avevo mai fatto questo genere di cose ma dopo quello che era accaduto tra di noi era come se un filo rosso ci unisse. Nessuno dei due riusciva a fare a meno dell'altro.

Entrai dentro la palestra e corrucciai le sopracciglia confusa, trovandola vuota. Mi affacciai nello spogliatoio maschile, sentendo un'odore forte di igienizzante. Solo un borsone era appoggiato sulle panche, e la maglia appoggiata proprio lì vicino mi fece capire che fosse di Benjamin. Era la stessa che indossava il primo giorno che lo avevo conosciuto. Lo scroscio dell'acqua delle docce risuonava nel silenzio dello spogliatoio. Senza rimorsi e dubbi mi diressi verso le docce, posando una mano sullo stipite dell'entrata.

«Doccia calda o fredda?» Sorrisi divertita, vedendo sobbalzare il ragazzo, non avendo idea che ci fosse qualcuno nello spogliatoio. Non persi occasione per guardare il corpo totalmente nudo di Benjamin. La postura slanciata e muscolosa, i fianchi ne troppo stretti ne troppo larghi, il ventre scolpito da addominali ben visibili e le braccia possenti.

«Smettila di guardarmi il cazzo, Davis» Disse Benjamin, con il suo solito sorriso malizioso. Si sciacquò cercando di togliersi l'eccesso di shampoo che aveva ancora nei capelli. Ne approfittai per togliermi i jeans, la maglia e l'intimo che indossavo. Lo raggiunsi all'interno, toccandogli la schiena con una mano e facendola scorrere per tutta la colonna vertebrale. Benjamin a sentire il mio tocco non tardò a girarsi, ed ora eravamo uno di fronte all'altro.

«Tranquillo, ne ho visti di migliori» Affermai solo per pura provocazione. Stavo tremendamente mentendo.

A quella frase vidi una scintilla attraversare i suoi occhi verdi e poco dopo sentii la mia schiena entrare in contatto con le mattonelle fredde.

«Vediamo se ti hanno mai fatta godere così»Sussurrò, spostando i miei capelli in una spalla per lasciare il collo libero alla sua portata. Proprio da quel punto partì una scia di baci che andò a finire sul mio seno, dove si fermò.

«One breath at a time» Sussurrò, toccando la scritta che era posizionata proprio lì sotto. Un brivido partì per tutta la mia colonna vertebrale per quel tocco così delicato ed intimo. Quelle cinque parole raccoglievano tutto il mio dolore e tutto il mio passato. Ogni volta che un attacco di panico si impossessava di me, togliendomi il respiro. Ogni volta che un attacco di panico si impossessava di me cercando di non farmi vivere la mia vita con serenità ripetevo sempre quella frase. Me l'ero tatuata per ricordarmi di fare un respiro alla volta perché poi sarebbe tutto finito.
Come ogni volta c'è l'avrei fatta.

Lo sguardo di Benjamin ora si posò sui miei occhi che erano diventati leggermente lucidi e gli presi il viso per poi farlo rialzare e baciarlo. Non ero in grado di reggere quello sguardo. Benjamin era una di quelle poche persone che aveva la capacità di leggermi dentro, di capirmi.

Le nostre lingue si intrecciarono in un bacio che forse trasmetteva molto di più di mille parole.
E non sapevo se quello che stavamo avendo a questo punto fosse solo sesso. Perché sentivo le nostre anime intrecciarsi sempre di più, ogni secondo.

MOONLIGHTWhere stories live. Discover now