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"Ogni dolore che incontro,
misuro con uno sguardo critico;
e mi chiedo se pesa quanto il mio,
o ha una forma più agevole"
-Emily Dickinson

MAYA
«Signorina Davis la signorina Williams è qui»

«Falla entrare Taylor» Ringraziai la ragazza riccia e feci accomodare Kate nella sedia davanti alla mia scrivania.

«Ho fatto qualcosa di sbagliato?» Mi domandò la ragazza bionda di fronte a me.

Kate aveva sempre nascosto le sue fragilità con la sua finta sicurezza. Ma nessuno come me la conosceva così bene.

«No. Non sei tu quella ad aver fatto cose sbagliate» Kate sembrò capire la mia allusione e un forte sospiro uscì dalla sua bocca.

«Perché lo fai?» Mi domandò.

«Cosa?»

«Perché stai cercando di aiutarmi dopo tutto quello che ti ho fatto?» La verità era che quella domanda me la stavo ponendo anche io.

Ma io ero così. Nella mia vita non avevo fatto altro che mettere le altre persone davanti a me.
Anche nel momento in cui stavo morendo dentro.
Mettevo su il mio sorriso e come ogni giorno facevo ridere i miei amici, studiavo per rendere fieri i miei genitori e cercavo di fare tutto alla perfezione proprio come voleva lui.

«Infondo dopo tutto me lo merito no?» Continuò.

«Nessuno si merita questo Kate. Nessuno» A quelle parole abbassò lo sguardo, non riuscendo a reggere il mio.

«Da quanto lo fa?» Domandai.

«Da qualche mese» Sussurrò quasi come se dovesse vergognarsene. Perché quando succedono queste cose la verità è che le persone che si sentono più sbagliate, che se ne vergognano sono le vittime.

«Ferma tutto questo finché sei in tempo Kate»Vidi una lacrima scendere sul suo viso e mi alzai dal mio posto, accorciando la distanza che ci separava. Mi accovacciai davanti a lei asciugandole la lacrima che stava scendendo copiosa lungo il suo viso.

«Mi dispiace, non volevo ferirti» Si scusò, appoggiando la mano sulla mia.

«È acqua passata ormai. Ma accetto le tue scuse»Le rivolsi un sorriso dolce e nonostante non lo stesse facendo a parole sapevo che mi stesse ringraziando con lo sguardo.

Mi ricomposi, alzandomi e ritornando al mio posto.

«Spero che ascolterai il mio consiglio» Affermai.

La ragazza bionda davanti a me annuì e dopo avermi salutato lasciò lo studio.

***

Era notte fonda ma nonostante la stanchezza non riuscivo a prendere sonno. Presi il foglio appoggiato nel comodino al mio fianco e rilessi quell'articolo. Perché Benjamin avrebbe dovuto combattere in questi incontri? Per soldi?

Non poteva essere, insomma, poteva avere tutto quello che voleva essendo il figlio di uno degli imprenditori più ricchi di San Francisco.

Dopo tutto quello che avevo condiviso con lui avevo bisogno di risposte. E il fatto che fossero le tre di notte non mi avrebbe fermato. Tanto sapevo che anche lui non stesse dormendo.

Dobbiamo parlare.

Fu questioni di secondi e vidi la scritta 'sta scrivendo...' apparire in alto sopra la mia schermata.

Ti aspetto, sai dove sono.

Appoggiai il telefono sul comodino per poi aprire l'armadio. Presi un completo di una tuta grigia e lo indossai. Volevo stare comoda.

MOONLIGHTWhere stories live. Discover now