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"Molti danno agli altri ciò di cui avrebbero maggiormente bisogno per se stessi"
-Oscar Wilde

FINN
L'odore di tabacco che mi invase le narici mi fece aprire gli occhi. Mi voltai immediatamente verso la finestra del mio balcone aperta, fermandomi ad ammirare quella figura.

Le spalle larghe, la schiena coperta di tatuaggi e i capelli scompigliati. Sentendo dei movimenti si voltò, puntando i suoi occhi freddi nei miei.

Gli stessi occhi che avevo rivisto dopo troppo tempo alla festa in maschera organizzata per beneficienza. Maya mi aveva avvertito di uno sguardo insistente su di me, e quando mi ero voltato il mondo mi era crollato addosso.

«Henry...» Sussurrai ormai privo di forze e sopraffatto dalle emozioni. Lui mi sorrise per poi venirmi incontro. I suoi occhi freddi si posarono sul mio corpo, coperto da un elegante completo, analizzandolo.

«Finn» Rispose lui. E il modo in cui il mio nome scivolò dalle sue labbra carnose mi fece tremare.

«C-che ci fai qui?»

«Sai che per la mia famiglia è importante farsi vedere ad eventi del genere» Affermò e io annuii semplicemente. Infondo aveva sempre fatto quello che i suoi genitori volevano per lui. Studiare economia all'università, lasciare lo sport che tanto amava e fingere di essere interessato alle donne.

Si creò un silenzio assordante tra noi due ma fu lui a fare il primo passo, come sempre. Si guardò intorno e dopo essersi appurato che nessuno ci stesse guardando mi afferrò il braccio per poi trascinarmi in un piccolo ripostiglio alle nostre spalle.

Mi guardai intorno, notando quanto fosse piccolo e pieno di oggetti. Mi mancò il respiro e il mio cuore ebbe un sussulto ai ricordi della prima volta in cui ci eravamo incontrati.

Dal momento in cui mi ero innamorato per la prima volta e allo stesso tempo mi si era spezzato il cuore per la prima volta.

«Perché mi hai trascinato qui?» Avanzò, bloccandomi tra la sua figura e il muro alle mie spalle. Sapeva perfettamente che la sua vicinanza mi mandava in confusione e non sarei riuscito ad affrontarlo nemmeno questa volta.

«Che ce non mi vuoi?» E giocava con me, lo aveva sempre fatto dal primo momento. Si avvicinò e mi leccò il lobo dell'orecchio, procurandomi un scossa per tutta la schiena.

«S-si ma...»

«Allora shh» Tornò di fronte a me, i nostri sguardi si incrociarono e poi lo fece. Dopo tutto questo tempo attaccò le sue labbra alle mie.

Percepii immediatamente il sapore del tabacco ed ero sicuro che prima di entrare al gala si fosse fumato una delle sue tante sigarette. Sfogava la sua frustrazione e la sua rabbia con quelle, da quando lo avevo conosciuto.

La sua lingua incontrò la mia iniziando a danzare in modo brusco e appassionato. Aveva voglia di me e io di lui.

Ritornai alla realtà non appena si mosse sulla ringhiera, per spegnere la sigaretta nel portacenere che tenevo sempre per lui.

Era da fin troppo tempo che non lo vedevo, era da fin troppo tempo che non si prendeva gioco di me. Perché ero sicuro che lo avrebbe fatto anche questa volta.

«Henry» Lo chiamai.

«Che vuoi?» Eccolo che metteva su le sue corazze e faceva lo stronzo come sempre. Non gli era mai importato di ferirmi.

«Vuoi che ti prepari la colazione?»

«No finisco la sigaretta e me ne vado» Annuii semplicemente mentre sentivo il mio cuore spezzarsi in mille pezzi.

MOONLIGHTWhere stories live. Discover now