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"Le anime più forti sono
quelle temprate dalla sofferenza.
I caratteri più solidi sono
cosparsi di cicatrici."
- Khalil Gibran

THOMAS
Stavamo facendo colazione e quando sentii i passi provenire dal corridoio sospirai, pronto a sentire l'ennesima litigata.

«Dove credi di andare?» La voce di mio padre risuonò nella stanza, rivolgendosi a Benjamin.

«A lavoro» Rispose e mi soffermai per un attimo sui suoi occhi, che avevo sempre invidiato, e che assomigliavano così tanto a quelli dell'uomo al mio fianco.

«Anche Thomas lavora. Ma è seduto qui con noi a fare colazione»

«Thomas, Thomas e ancora Thomas. Si può sapere cosa vuoi?» Domandò Benjamin esausto da tutta questa situazione.

«L'accordo della finta relazione è finito, ora fatti da parte. Maya è la donna per Thomas. Il loro matrimonio sarebbe un grande aiuto per la famiglia. Non rovinare tutto, come sempre» Potei notare perfettamente il dolore nei suoi occhi che però nascose subito con una risata amara.

«Rovinare tutto come sempre?» Ok questa conversazione non sarebbe finita nel migliore dei modi.

«Si, come hai fatto con tua madre» A quelle parole Benjamin scattò verso mio padre e io mi alzai, mettendomi tra i due, cercando di alleviare la tensione.

«Non nominarla» Urlò, puntandogli un dito addosso. «E quello che si è scopato un'altra mentre era ancora sposato sei tu, non io» A quelle parole mio padre si alzò immediatamente, mettendosi davanti a lui. Ma nonostante questo l'altezza di Benjamin lo sovrastava.

Non potevo nemmeno immaginarmi il suo dolore. La mancanza di un amore materno al proprio fianco. Io avevo sempre avuto il mio e avevo avuto anche la fortuna di avere Anne.

Lui invece, a lui chi era stato accanto?

«Che c'è? Non mi fai del male? Non sono più così piccolo eh?» Mio padre rimase in silenzio, così Benjamin mi fulminò con lo sguardo per poi girarci le spalle ed uscire dalla porta di casa.

Avevo abbassato lo sguardo incapace
di guardare quel dolore nei suoi occhi.
Lo stesso dolore che non avevo percepito
in tutti questi anni e che eppure era sempre
stato davanti ai miei occhi. Lo stesso dolore
che aveva travolto quell'anima fin troppo
pura.

Ed io ero talmente accecato dall'idea di compiacere mio padre, di essere il figlio perfetto, da calpestare le sue sofferenze.

Mi ricordavo perfettamente quando si fermava a fissare insistentemente quel piano forte a coda bianco, coperto da un telo, senza mai trovare la forza di suonarlo. I Natali mai passati in famiglia, ma sempre chiuso dentro la sua cameretta.

Quattro mura che conoscevano più mio fratello di me.

Non gli ero stato accanto e indirettamente avevo contribuito a far sparire l'ingenuità e la spensieratezza di un bambino.

Avevo lasciato che la magia del Natale non esistesse più per lui e non lo avevo capito quando gli attacchi di rabbia lo raggiungevano.

Lo avevo giudicato una volta scoperto quello che faceva a San Francisco senza fermarmi a pensare al perché.

E nonostante tutto questo lui c'era sempre stato per me. C'era quando da bambino mi prendevano in giro per i capelli lunghi che portavo a quei tempi, c'era stato per coprire le prime bravate da adolescente che avevo fatto e c'era stato quando la prima ragazza mi aveva spezzato il cuore.

MOONLIGHTWhere stories live. Discover now