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"Ascolta se nel cor mi senti"
-Guido Cavalcanti

BENJAMIN
Guardai la porta bianca davanti ai miei occhi, come avevo fatto tutta la settimana seduto nella sedia alle mie spalle. Mai mi ero sentito così impotente davanti a quello che stava succedendo a Maya. Per la prima volta avevo conosciuto la paura di perdere qualcuno.

Perché si avevo paura di perdere Maya. Di non poter più vedere i suoi occhi blu, il suo naso all'insù, il suo sorriso contornato dalle sue labbra rosa e carnose. Il suo modo di imbarazzarsi facilmente ma allo stesso tempo di essere sicura di se e provocante. La mia vita ormai era tutto questo e non sarei riuscito a vivere senza.

Ricordavo perfettamente la rabbia che avevo provato quando Maya aveva risposto 'sì' alla mia domanda. Il mondo mi era crollato addosso al solo pensiero di tutto quello che aveva dovuto passare. Ma grazie a quella risposta ero riuscito a collegare tutti i pezzi.

La poesia di Emily Dickinson, la sua preferita. La sua paura di lasciarsi andare che leggevo ogni volta nei suoi occhi. E tutte le sue frasi sul non essere perfetta, non sentirsi all'altezza.

Se solo si fosse vista con i miei occhi forse avrebbe capito molto meglio quello che era davvero.

Poi quella sera mi ero lasciato trasportare da uno dei miei attacchi di rabbia e quando mi ero voltato avevo visto il suo sguardo spaventato, il respiro incontrollato. Mi ero diretto immediatamente verso di lei, riuscendo ad afferrarla prima che svenisse tra le mie braccia.

Per tutta la settimana quello sguardo impaurito mi era rimasto impresso nella testa. Non volevo che rivivesse niente di tutto quello. Non volevo essere un mostro come lo era stato mio padre con me, il suo ex fidanzato per lei e tanti altri uomini per molte altre donne.

Non appena la dottoressa, che avevo appurato si chiamasse Lucy, uscì dalla stanza mi risvegliai dai miei pensieri.

«Puoi entrare. Ma non farle fare sforzi» Sorrisi per poi entrare all'interno della stanza. Maya era intenta a leggere un libro e per un momento sembrava non aver nemmeno notato la mia presenza. Stava leggendo un libro sul marketing che si era fatta portare da Finn i giorni scorsi perché Maya era così, nonostante fosse al massimo della sua carriera era sempre pronta a migliorarsi ed imparare cose nuove.

«Si può?» Al sentire la mia voce alzò immediatamente lo sguardo e un sorriso comparve sul suo viso.

«Mi hanno detto che in ospedale è meglio non portare i fiori perché sono ricchi di batteri, quindi cibo italiano» Il sorriso sul viso si allargò al sentire quelle parole. Andava davvero pazza per quel cibo e lo stavo constatando giorno dopo giorno.

«Che buon odore! Non sai quanto il mio stomaco ti stia ringraziando dopo giorni di cibo di ospedale e flebo» In effetti non aveva tutti i torti, avevo fatto la scelta giusta.

Mi avvicinai per poi sedermi nella sedia al fianco del letto. Iniziai a tirare fuori il cibo dalla busta che avevo appoggiato sulle gambe e un sorrisino comparve sul mio viso a vedere gli occhi di Maya illuminarsi sempre di più. Ne andava davvero pazza.

«Lasagna, polpette al sugo e tiramisù!» Appoggiai tutto sulle sue gambe e lei inspirò il profumo che dovevo ammettere fosse delizioso. «Non so se è l'ideale per il caldo di Miami ma-» Non feci in tempo a finire la frase che ricevetti un'occhiata assassina da parte sua.

«Il cibo italiano va bene sempre. A qualsiasi ora e a qualsiasi stagione» Alzai le mani in segno di resa e poi iniziammo entrambi a mangiare. Dal silenzio che calò all'interno della stanza potei capire che fossimo entrambi davvero affamati.

Maya aveva mangiato solo piatti dell'ospedale negli ultimi giorni e io a causa della stanchezza avevo davvero mangiato poco. Anne si era preoccupata per me non appena mi aveva visto. Sosteneva di vedermi sciupatissimo e mi aveva rimproverato. Sorrisi al solo pensiero.

MOONLIGHTWhere stories live. Discover now