QUALCUNO

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"Sei veramente una stronza" questo era quello che mi diceva Nikolay quando mi faceva incazzare e in qualche modo mi vendicavo.

Ma quello era il mio modo per farlo avvicinare dopo una litigata. E funzionava, sempre.

Draco non era di certo il mio ragazzo, ma dopo due giorni di silenzi e dopo averlo visto solo di sfuggita nonostante ciò che era successo tra noi, la mia mente mi fece architettare la giusta vendetta.

Essa si trovava davanti a me.
Una vendetta che indossava la divisa della Durmstrang, da insegnante.
Una vendetta di nome Erik,
età venticinque, e figo da morire.

Non era elegante. Non era esile. Non mi suscitava nessun tipo di attrazione, se non fisica, ovvero, il nulla per me.
Ma per far incazzare Draco e portarlo a parlare con me, avrei fatto di tutto.

Narcissa mi aveva dato il permesso per allenarmi con lui; preferiva una persona qualificata.
E glielo chiesi mentre Draco stava leggendo semplicemente un libro.
Dopo la mia richiesta, aveva staccato finalmente quei cazzo di occhi da quelle pagine - che lo avevano intrappolato per due giorni interi -, e decise di lanciarmi un'occhiataccia, e io mi sentii di nuovo viva.

Durante quel primo allenamento, però, mi sentii morire dentro.

Dovevo fare incantesimi solo grazie alla bacchetta perché i poteri sulle mie mani non erano più abbastanza forti a causa di quelle gocce. E usare solo la bacchetta mi portava a perdere il controllo di me stessa in alcuni casi.

Se avevo il bisogno di allontanarla e usare le mani, lo facevo, per dare una calmata alla mia sete di potere e per far si che non fosse la bacchetta a guidare il mio volere. Soprattutto quando ero arrabbiata già di mio. E il silenzio di Draco mi aveva portato nervosismo.

La bacchetta di sambuco era stata creata per essere potenti. I più potenti. E con quella avrei anche voluto strangolare se mi avesse aiutata a vincere, ed era quello che stavo facendo a Erik, dopo aver liberato un ramo dall'intreccio di una siepe.

Fino a quando, Draco, non mi tolse la bacchetta dalle mani.
Tornai a essere... me stessa, quando i miei occhi guardarono i suoi, finalmente da vicino.

«Che stai facendo?» chiese, allarmato, mentre Erik continuava a tossire. «Lo stavi strangolando. Te ne sei accorta?»

Annuii, debolmente, mentre gli tolsi la mia bacchetta dalle mani. Nessuno doveva toccarla. Neanche e soprattutto lui. Essa, nelle mani sbagliate, era pericolosa. Anche se spesso mi chiedevo se fosse giusto che la tenessi io tra le mani. I geni erano pur sempre quelli di mio padre, e chissà quali fossero quelli di mia madre.

Raggirai la figura di Draco per dirigermi verso Erik. In piedi, stava sfregando il suo collo con la mano.
«Scusami...» gli dissi a bassa voce mentre i suoi occhi fissavano i miei, increduli.

Gli allontanai le mani dal collo per vedere il risultato di quell'allenamento non andato a buon fine, e gli sfiorai le striature rosse causate dal ramo. «Scusami...» ripetei, l'attimo prima di curarlo con la mia bacchetta. Il suo collo tornò al suo aspetto sano, ma di sicuro, il mio incantesimo curativo, non poteva cancellare ciò che avevo fatto.

Iniziai ad avere paura che mi dicesse che non ero adatta a diventare Auror. Che perdevo il controllo, troppo spesso. Avevo paura che non avrei più avuto nessuna speranza di vedere mio padre. E io volevo tanto essere una guardia di Nurmengard.

«Erik, dì qualcosa.» affermai, in norvegese, mentre notai che si contorceva per un dolore che non riuscivo a capire.

Dove provava dolore? Lo avevo guarito.

«Perché stai... entrando dentro la mia testa?» chiese, a fatica.

«Oblivion

Mi voltai di scatto verso Draco, che ora mi aveva affiancata. Stavo per parlare, ma dal suo sguardo mi fece capire di tacere.

Deatheater ~ Draco Malfoy Where stories live. Discover now