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Cold

Non avevo più la condizione del tempo, non capivo da quanto fossi lì e quando mancasse perché essa fosse finita.

«sei stanco?» mi chiese d'un tratto poggiando i miei polpacci sulle sue spalle. «lo sono che è difficile mentre si è bendati...» sospirò alla fine togliendomi finalmente la benda dagli occhi.

Me la mise subito dopo che mi accorsi che nelle sue mani ci fosse una pistola. E fu la prima cosa che andai a controllare quando mi tolse la benda.

«non muoverti tanto, magari mi parte un colpo per sbaglio...» picchiettò nuovamente il ferro, sta volta, sul mio sterno.

Cercai di mantenere la calma ma sentire la pistola ricaricarsi mi creò solo ulteriore panico.

In questo momento era concentrato sui miei occhi, mi fissava con i suoi celesti come se provasse a catturarmi.

Sfruttai questo momento per reagire: con le poche forze che mi rimasero nelle gambe provai a spingerlo ma fallii miseramente poiché feci solo in modo che il suo pube si ritrovasse contro il mio fondoschiena. (Schifoso e doloroso allo stesso tempo, se posso dire.)

Volevo solo urlare per il dolore ma mi trattenni: avrei solo attirato l'attenzione e fatto alterare Alessandro.

Lui continuò a fare quel sorrisetto come se sapesse ogni mia singola mossa. Ma mi stupii il fatto che non mi avesse ancora sparato dopo tutti i miei tentativi di scappare.

«perché-! Perché continui ad... ad avere pietà?» farfugliai affannato ed esausto.

«perché è divertente prenderti in giro». Con un piccolo e veloce movimento spostò la mira dallo sterno al collo poggiando il freddo ferro sotto il mio mento.

Strinsi i pugni: sapevo che se avessi fatto un'altra mossa sbagliata lui mi avrebbero sparato.

«mi annoio, sai? È scomodo stare così, vorrei che ci fosse più movimento.» sbuffò. «sei troppo noioso e serio. Gemi e basta, non fai altro» si passò una mano in faccia.

«e muoviti» borbottai portando gli occhi al cielo ritornando poi a guardarlo.

«non vorrei farti male» sorrise malizioso e ironico.

Non reagii. Lo lasciai fare.

«apri la bocca.» mi ordinò ed io lo feci.

Infilò con crudeltà la punta della pistola dentro la mia bocca come se quell'arma fosse un dilto di plastica.

Non capivo come mi fosse venuto in mente questo paragone...

«succhialo» mi ordinò «e non provare a fare cazzate che ti sparo dritto in gola» sorrise alla fine.

Feci come mi disse e continuammo così per delle ore piene. Per lui "piene" di soddisfazione mentre per me di sofferenza.

Ma non solo: ero anche al quanto disgustato.

Era insopportabile. Odioso. Disgusto. Orribile e tantissime altre cose.

Ma fu un piccolo scricchiolio a farmi sobbalzare.

«è arrivato!» provai ad avvertirlo mentre cercavo di alzarmi lui me lo impedì.

«io non ho ancora finito con te» disse rigido.

«Cold!~ Ale!~» sentii canticchiare Cico dalla cucina.

Non capivo perché le forze mi mancassero: cercavo di spingerlo via ma era come se io fossi diventato debole tutto d'un tratto.

Ma era anche doloroso. Soprattutto quello.

«Ragazziiii! Dove sieteee» sentivo Cico lamentarsi.

Ma mi si gelò il cuore appena sentii i suoi passi farsi largo verso il corridoio.

«spostati!» dissi a bassa voce cercando di spingerlo via ma lui si opponeva, poi sbuffò e tirò finalmente fuori il suo cazzo.

Ebbi un attimo una strana sensazione lì sotto. Era come se ci fosse ancora qualcosa... ma non capii all'inizio.

Solo quando feci una faccia disgustata Alessandro mi spiegò: «penso di esserti venuto dentro» mi accarezzò i fianchi.

«così rischi di trasmettermi qualche schifo, idiota!!» dissi a bassa voce con un tono abbastanza infastidito.

«sai quanto mi importa, vero?» afferrò la parte posteriore della coscia della mia gamba costringendomi, poi, a portarla verso il petto. «pensavo fossi più interessante...» sbuffò poi stringendomi la coscia.

Posò sul letto, vicino a lui, la pistola e con quella mano si preparò a beccare tu-sai-cosa. Non ero pieno di quella sostanza, la maggior parte era fuoriuscita: ciò significava che se lui avesse spinto il suo tu-sai-cosa- dentro il mio tu-sai-cosa allora quella piccola quantità rimasta dentro sarebbe stata spinta più in profondità. Questo avrebbe aumentato il rischio che lui mi trasmettesse qualche malattia.

E lo aveva fatto apposta: sapeva perfettamente che nel cassetto affianco al letto c'erano dei preservativi.

«hai sporcato il suo letto...» dissi cercando di sedermi.

«se ti metti così farà più male» mi sorrise.

Come se non mi avesse già preso tutte le forze, pensai.

«che fai?» borbottai non sentendolo ancora dentro. «ma.. ti stai masturbando o sbaglio...?» chiesi sia stranito che disgustato.

«vuoi aiutarmi per caso?» fece un sorrisetto poggiando il mio polpaccio della gamba alzata sulla sua spalla. Spostò il suo tu-sai-cosa portandolo affianco al mio di tu-sai-cosa.

«e questo come lo spieghi?» gli accarezzò la punta.

«è una reazione naturale e involontaria.» cercai di spiegargli.

«dammi la mano» Mi ordinò e io così feci. Prese la mia mano in modo tale da averne il pieno controllo, dunque il suo palmo era attaccato alla radice della mia mano e poi intrecciò le nostre dita.

Infatti non esitò a portarla vicino alle nostre intimità ormai quasi attaccate.

«oh... che schifo...» mormorai a bassa voce guardando altrove.

Ma non mi fece prendere solo il suo di tu-sai-cosa ma entrambi, sia il mio che il suo. In tal modo non solo essi si toccavano ma in più dovevo sia masturbarmi che fare una sega ad Alessandro.

Avevo già detto che era disgustoso? Ecco.

Non ci volle tanto a farlo diventare duro, ma continuò lo stesso. Poi tirò fuori dalla tasca un piccolo oggettivo rosa che non capii a cosa servisse per colpa della mia visuale offuscata.

Iniziò ad accarezzarmi nella zona del perineo. O meglio dire: "iniziò ad accarezzarmi nello spazio fra i miei testicoli e ano".

Lentamente si spostava sempre più verso il tu-sai-cosa e non ci volle molto che lui infilò dentro quel affare rosa.

Ma non dissi nulla, entrambi non parlavamo.
La sua concentrazione era soprattutto sulla mia mano.

«È nuova questa..» ridacchiò accaldato ed schifosamente eccitato. «non l'ho mai fatto con un cazzo quasi quanto il mio, ero abituato a quelli più piccolini, se capisci cosa intendo».

La porta venne bussata: sobbalzai.

«Siete qui? Perché non rispondete?» sentii dire da Cico mentre continuava a bussare.

Cercai di regolarmi per rispondere ma sentii qualcosa vibrare lì sotto, o meglio, là dentro.

«cazzo... cosa è?» dissi a bassa voce tappandomi la bocca.

Il mio sguardo si spostò verso i bordi del letto: aveva poggiato lì la pistola.

«Cold? Sei qui?» continuava lui dall'altra parte della porta. 

Presi velocemente la pistola e la puntai sulla fronte di Alessandro. Lui notò questo mio movimento e con la sua mano libera mi strinse il collo.

Cosa dovevo fare? Non avrei mai avuto il coraggio di premere il grilletto.

Ma fu troppo tardi: la porta di questa stanza si aprì lentamente e Cico, per mio dispiacere, vide la scena.




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MAFIA: lo sparo [Strecico/WGF]On viuen les histories. Descobreix ara