Prologue

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Harley Vega (POV'S)

Fin da quando sono piccola ho sempre creduto più negli incubi che nei sogni, perchè è là che mi son sempre trovata meglio.

No.
Là, mi hanno buttata.

Bambina abituata ai mostri, figlia di un universo nero senza luci.

E loro mi guardavano.
Loro mi sussurravano.
Loro mi prendevano per mano. Ed erano gli unici, a farlo.

E spero lo facciano anche ora.

Fra le cose rotte, dimenticate, malandate. Che mai nessuno ha voluto mai.

Lì, c'ero io.

Al buio. Lontano. Oltre le luci. Sotto alle ombre.

Una chiazza nera messa in un angolo del quadro, che veniva notata non per la presenza di per sé ma perchè stonava col resto.

Così sono sempre stata dipinta.

E così mi vede il mondo.
E così voglio essere vista dal mondo.

Ma perchè preoccuparmi di simili pensieri quando a me mai ha toccato niente?

A parte lui. A parte loro. A parte lei, a causa di loro.

Mi ha contagiato. Si è diffusa dentro di me, invadendo la mia vera essenza.
Ma non sono sciocca. So che non posso più strapparla via.

È semplice questione di accettazione. Quindi, accettala. Accetta. Accetta e basta.

Nella vita, è questione d'accettazione e del combattere.

Per te, per il tuo nome, per non fartelo togliere, per non fartelo strappare.

Mai.

Accetta tutto quello che tu sei, e che deciderai di essere, da quando ti sei ripresa il tuo nome.

Non è divertente? Poter scegliere?

Come un fuoco che mai si spegneva e che sempre ardeva non sono mai riuscita a contenermi.
Ma, infondo, perchè avrei dovuto?

Ho sempre voluto essere un punto intoccabile. Che nessuno può scalfire col rischio che non venga scalfito a sua volta.

E se nessuno s'avvicina, non può farti niente. Non può entrare nella tua vita per farti qualcosa.

Il problema, però, in tutto questo, è stato che io volessi essere notata eccome.
Volevo che la gente temesse la mia persona, che se ne incuriosisse.

Per divertimento, forse? O per noia?
Non lo so. Sapevo solo di aver esagerato.

Ho sbagliato le mosse. Ho sbagliato i calcoli.

È tardi, non ci sono rimedi. Né tantomeno rendezioni.

Ma chi l'ha mai cercata poi la redenzione?

Ora l'unica cosa che posso manipolare sono i miei soli pensieri che però vengono coperti e deconcentrati da ciò che proviene dall'esterno.

Dall'odore. Dal bruciore.

Carne.
Carne che va a fuoco.

La mia, di carne.

Ora so dove mi trovo. In un inferno, mio, e solo mio. Mio e di nessun'altro.
Un girone fatto e rifinito soltanto da me stessa, in cui mi son buttata da sola.

E non ci sono neanche i soliti demoni a farmi compagnia.
Non li vedo. Sono sola.

Sola. Solo io, io e me. E lei.

Sola, in questo inferno di fiamme che mi è sempre appartenuto ed in cui ora sto lasciando le ceneri come unici fiori sulla tomba.

CRESCERE NEL CRIMINEWhere stories live. Discover now