3°capitolo - the inmate

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Presi fiato. La gola mi bruciava, sentivo le corde vocali andare in fiamme.

Appena riapriì gli occhi ne trovai altri nei miei. Mi stavano guardando, ero stata davvero io a urlare?

Il pelato ebbe uno sguardo che mi mise i brividi «Ma guarda guarda..

Solo dopo aver udito la sua voce mi riscossi ricordandomi di lui e di tutta la situazione attuale.

Forse ora dovresti andartene.› -mi fece presente.›

L'attimo prima ero rimasta troppo occupata a guardare quelli di quel ragazzo, non pensando ad altro.

«Corri puttana.»

Muoviti maledizione!›

Fece un passo verso di me, feci dietrofront e scappai da lì!

Corri e non fermarti!›

Udiì l'urlo strozzato di quel ragazzo, aveva tentato di dirgli di lasciarmi stare ma purtroppo, non bastò a fermarlo.

Dove posso andare? Questo posto è un labirinto...› -pensai allarmata.-

Ero già stanca.
Se mi fossi fermata? Sarei stata pestata quanto lui!
Continuai a correre come una forsennata pur non sapendo dove mi stessi dirigendo. Non avrei mai trovato una via di fuga!
Mentre correvo non facevo altro che guardarmi in dietro, lo avevo seminato? Non riuscivo a vederlo... D'improvviso, me lo vidi passare davanti e mi fermai nascondendomi dietro l'angolo del muro. Cercai di riprendere almeno un minimo tutto il fiato che avevo perso. Il problema era che se non l'avessi fatta finita con tutto questo ansimare mi avrebbe trovata prima del dovuto!

Udiì i suoi passi, indietreggiai.
Mi capitò di scorgere una cella semiaperta. Senza pensarci due volte mi ci fiondai dentro!

Se ci fosse qualcuno di pericoloso?›
‹Mi devi per forza portare sfiga?› -storsi il naso.-

La accostai, giusto da non far capire a nessun altro che fosse aperta.
Mi misi contro al muro e lo cercai con lo sguardo sperando che non mi vedesse, anzi, pregando. Lo sentiì avvicinarsi così mi tolsi dalla sua possibile visuale. Il suo sguardo ricadde fra le sbarre laterali, anche se si trattò di un attimo. Indietreggiai per nascondermi nel semibuio.

L'ho scamp–..› -il mio pensiero si bloccò.-

Ero contro a "qualcosa", ma non era il muro. Mi sfiorò i fianchi ed io rimasi completamente immobile. Dove diavolo mi ero cacciata?! Le sue dita percorsero il mio braccio, potei vederlo.

«Come hai fatto a finire quì dentro?» disse con bramosia.

Non osai voltarmi.

Arrivò sino la mia mano e se la portò probabilmente vicino al viso, lo seppi solo perchè fui in grado di sentire il suo respiro su di essa. Percepiì qualcosa che la percorse dal polso fino alle dita. Era qualcosa di umido, di dannatamente umido. Mi venne da vomitare.
Me l'aveva davvero leccata?!
Cercai di spintonarlo ma aveva una presa ferrea! Mi toccò una coscia e qualcosa s'irradiò in me. Alla fine gli tirai un pugno!
Ebbe mollato la presa.
Con due grandi falcate mi ritrovai alla porta della cella, l'apriì e la richiusi in modo immediato, ma provocai un grande frastuono.

«Dove sei?!» Oh no.›

Ricominciai a correre, ma non fui la sola a farlo.

Mi infilai in una cella vicina ma mi chiusi la porta a dietro. ‹E se ora mi trovassi con qualche altro stupratore?!› -finiì per pensare.-

La mia mano toccò qualcuno. Mi voltai, già pronta per sferrare altri pugni se fosse servito!

«Hey, calma tigre.»

CRESCERE NEL CRIMINEWhere stories live. Discover now