CAPITOLO 32:

5.7K 350 83
                                    

Sentivo freddo, ma non un freddo aggressivo; era un freddo piacevole, che mi stuzzicava la pelle.
Anche nella stessa aria c'era odore di fresco.
La mia testa pareva fluttuare, leggera, senza massa né peso, così come il resto del mio corpo.
C'era un senso di pace nella mia testa, una sensazione di completa beatitudine che mi metteva voglia di restare lì persa nel vuoto per sempre.
Ma qualcosa dentro di me mi diceva che sarebbe stato sbagliato farlo.

Strinsi le palpebre di malavoglia, e cominciai a muovere piano piano ogni parte del corpo sperando di trovarla intatta e funzionante.
Non provavo dolore di alcun tipo, ma per quanto ci provassi mi era impossibile muovere le mani.
Dovetti aprire gli occhi, farli abituare alla fioca luce della stanza buia e controllare, poiché con il tatto non riuscivo a capire cosa me le immobilizzava.
Erano fasciate dai polsi all'attaccatura delle dita con una garza grigia stranamente rigida, che aveva reso le mie mani due specie di lastre inamovibili.
Capii subito che dovevano avermele messe a causa delle bruciature che mi ero procurata, ma restava ancora da capire chi l'avesse fatto e perché mi trovassi lì.

Era stato Xavier?
Dov'era adesso?
Perché mi aveva lasciata sola?

Non potendo rispondermi da me, decisi di cercare le risposte fuori dalla mia testa, cioé gironzolando per la stanza.
Scalciai via la coperta con le gambe e rotolai giù dal letto, arrivando a chinino.
Una volta in piedi mi resi finalmente conto di quanto stessi meglio rispetto a prima.
Forse mi avevano dato qualcos'altro per farmi passare il malessere che avevo dentro la cella, ma allora perché me l'avevano causato, precedentemente?
I punti interrogativi si accumulavano nella mia testa, rendendomi difficile cercarne le soluzioni.
Osservai lo spazio intorno a me.
La camera oltre al letto aveva ben poco; c'era un tavolo con una morbida poltrona di pelle davanti, una cassapanca fatta con lo stesso legno del tavolo ai piedi del letto, uno specchio da parete con la cornice massiccia e intensamente decorata e un paio di tende scure che, tirate, occupavano tutta la parete di fronte a me.
"Un po' di luce non mi può far male" pensai, e mi diressi verso di esse.
Quando stavo per afferrarne una ricordai a malincuore di avere le mani inutilizzabili, ma volli provare comunque a far entrare qualche raggio di luce in quel piccolo buco scuro.
Prendendo un lembo della tenda tra i due palmi cercai di tirarla indietro, fallendo miseramente.
Faceva molta resistenza, cigolava e protestava, ma io ero ostinata e alla fine riuscii ad aprirle di una ventina di centimetri, sufficienti a inondarmi il viso di una chiara e dolce luce.
Rimasi per un po' ad occhi chiusi, con la carezza del calore solare sulla pelle, e il mio agitato battito cardiaco poté finalmente calmarsi.
Ero sollevata nel vedere che non mi trovavo più sottoterra, talmente tanto che il cielo davanti a me pareva essere la cosa più bella che avessi mai visto.
Sapevo, tuttavia, che non potevo restarmene lì per sempre.
Mi voltai e rianalizzai la stanza nella speranza che quella luce in più mi mostrasse qualcosa che prima mi era sfuggita, ma invano.
Mi avvicinai dunque alla porta e tentai di aprirla, al che l'incredulità più sconfinata si dipinse sul mio volto nel momento in cui riuscii a ruotare la maniglia nonostante le mani fasciate e a spingere la porta verso l'esterno senza alcuna fatica.
Sbirciai dunque dal piccolo spiraglio che avevo aperto, ma senza vedere niente di che.
Non c'era nulla, la parete rocciosa era spoglia, e nemmeno si udivano rumori.
Era rassicurante e inquietante al tempo stesso.
Ero estremamente combattuta; desideravo uscire e vedere dove fossi, ma al contempo la sicurezza che mi dava quella stanza mi tratteneva dall'avventurarmi fuori.
Tentennando aprii un po' di più la porta e mi allungai a destra e a sinistra, cercando di scorgere qualcosa, ma di nuovo non vidi nulla.
Era troppo buio.
Quando ad un tratto un improvviso fracasso mi fece prendere un vero e proprio infarto.
Saltai indietro e richiusi la porta con un calcio, allontanandomi da essa.
Che stupida, se prima potevo evitare di essere notata adesso che avevo sbattuto la porta ero senza speranze.
Dovevo fingere di dormire o mi avrebbero scoperta?
Mi avrebbero scoperta.
Udii dei passi che si avvicinavano, e rimasi molto intelligentemente congelata lì dov'ero finché non vidi la maniglia cominciare a muoversi.
Allora mi prese il panico, ma ormai era tardi per fare qualsiasi cosa.
Sentii lo scatto della serratura e, immobile, osservai la porta ruotare piano piano sui cardini, finché dietro ad essa riconobbi la figura allampanata di Xavier.
Avevamo la stessa espressione: bocca semiaperta e occhi spalancati a causa della presenza per l'uno dell'altra. Solo che io, oltre ad essere stupita, ero anche sollevatissima.
Sapevo che lui non mi avrebbe fatto del male.

~ Angy!~ boccheggiò entrando nella stanza.
Si chiuse subito la porta alle spalle, il più silenziosamente possibile, e prima che me ne potessi accorgere mi stava abbracciando.
~ Dimmi che ti senti meglio.~
~ Io... Sì, ma sono confusa... Non capisco, dove siamo?~
Cercai di allontanarmi per poterlo guardare in faccia, e mi sorpresi di trovarlo calmo e sorridente.
Mi strinse le braccia con fare rassicurante, anche se mi sembrava che mi stesse guardando come io guardavo Alina quando mi diceva di voler assolutamente diventare una principessa.
~ Non devi avere paura. Tra un po' ti spiegheremo tutto.~
~ Tu e...?~
~ Basta domande. Siediti dài.~
Eseguii e mi sedetti ai piedi del letto, con le gambe appoggiate alla cassapanca.
~ Fa' vedere quelle mani.~
Allungai le braccia verso di lui, seduto accanto a me, e Xavier cominciò a togliere le bende con rapida delicatezza fino a scoprire completamente la pelle.
Fu un sollievo riuscire di nuovo a muoverle.
~ E voilà!~ disse. ~ Completamente guarita.~
~ E da cosa sarei guarita?~
~ Dalle ustioni delle sbarre incantate.~
~ E perché ero dietro a delle sbarre incantate?~
Xavier mi ammonì. ~ Pazienza...~ Sbuffai.
Ero contenta di avere un amico come lui accanto, ma non potei fare a meno di notare che mi stava rifilando troppi sorrisi e troppe poche risposte.
Sembrava, però, che non potessi fare nulla per costringerlo a sciogliere i miei dubbi.
~ Ehi.~ fece dopo un po'. ~ Perché sei scalza?~
Abbassai lo sguardo sui miei piedi e constatai da me che effettivamente ero scalza, ma che non me ne ero resa conto.
Forse perché anche quel pavimento emanava calore, o perché avevo altri pensieri in testa.
Feci spallucce. ~ Non lo so.~
~ Non le hai viste queste?~ ridacchiò sporgendosi dal letto e rialzandosi con in mano un paio delle mie scarpe.
~ Come sono arrivate qui?~
Un'occhiataccia di Xavier mi fece morire la frase tra le labbra e poiché le uniche cose che mi sarebbero potute uscire dalla bocca erano domande, decisi di tacere del tutto e lo stesso fece lui.
Intanto che attendevo non so bene cosa, oltre alle scarpe trovai anche dei vestiti che sostituirono quello che indossavo mentre Xavier stava fermo con le mani sugli occhi. Per un momento lo trovai divertente, ma poi mi risedetti e il silenzio ricominciò.
C'era una tensione imbarazzante in quella stanza, e il fatto che Xavier continuasse a sorridere cominciava a irritarmi.
~ Non dovevi spiegarmi qualcosa?~
~ Devi aspettare, Angy.~
Non ne potevo più. ~ Aspettare cosa?!~
Stava per parlare ma si interruppe all'improvviso e si mise ad ascoltare, per poi aprirsi in un altro dei sorrisi che mi aveva continuamente rifilato.
~ Ecco cosa.~
Poco dopo capii a che si riferiva, quando anch'io udii dei passi fuori dalla porta.
Chi sarebbe entrato stavolta?
Per un secondo pensai ad Elija ma, disgustata, repressi ogni cosa lo riguardasse con una smorfia.
Qualche secondo dopo bussarono sonoramente, cosa del tutto inutile visto che subito dopo, senza nemmeno attendere una risposta, la porta si aprì lo stesso rivelando un uomo non troppo alto ma possente, dai capelli scuri e i lineamenti duri.
Entrò nella stanza, vi si fermò al centro e incrociò le braccia sul petto, puntando gli occhi su di me.
~ Tesoro mio!~

Mezz'essereWhere stories live. Discover now