CAPITOLO 42:

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Da quel giorno in poi, le mie giornate presero una piega tranquilla e abitudinaria che non mi dispiaceva proprio per niente; ero contenta di avere una routine da seguire, sapere cosa avrei fatto in quasi ogni momento del giorno e con chi, avere orari da seguire che fossero precisi ma non troppo rigidi.
L'esistenza di un "programma" mi faceva alzare al mattino con una tranquillità maggiore, e forse anche con più voglia.

Tutte le mattine e tutti i pomeriggi li trascorrevo con Mailor o con Dristen all'interno della biblioteca e, qualche volta, nella serra, dove mi venivano mostrate e spiegate nei minimi dettagli piante con importanti usi, per la maggior parte come medicinali, oppure solamente rare.
Se le lezioni di Mailor erano molto teoriche e spaziavano dalla storia, alla letteratura (demoni scrittori, sì, non ci credevo nemmeno io), alla botanica e addirittura, fortunatamente in minima parte, alla filosofia, quelle di Dristen erano l'esatto opposto.
Durante quelle ore mi venivano esposte, con chiarezza maniacale, tutte le capacità dei demoni, sia quelle che avevano in passato e che si erano ormai perse sia -e soprattutto- quelle che avevano sviluppato e potenziato più recentemente, con tanto di dimostrazioni.
Dristen non sembrava amare i libri come Mailor, era un tipo molto più pratico ma decisamente meno riflessivo; infatti era successo ben più di una volta che si smaterializzasse fuori dalla Torre, aspettando che lo seguissi e dimenticando che quel giorno pioveva. Vederlo riapparire qualche istante dopo, bagnato fradicio e rosso dall'imbarazzo era sempre esilarante, specialmente perché sembrava offendersi da morire quando lasciavo andare una risata.
Quando non faceva errori del genere mi insegnava come gestire gli istinti e come controllare al meglio i miei poteri da demone. Sotto questo aspetto lo si poteva paragonare a un soldato addestrato, era incredibilmente preciso in ogni azione, e non sbagliava mai. In un certo senso sembrava di essere ancora a scuola, a fare lezione con uno di quei professori poco convenzionali. L'unico problema, nemmeno lontanamente insignificante, era che se Dristen era un vero e proprio esperto dei poteri dei demoni, purtroppo non sapeva assolutamente nulla delle altre tre specie.
Mi stupì molto scoprire in questo modo che i demoni erano talmente orgogliosi da rifiutare anche solo di conoscere le caratteristiche principali degli altri Entros. La trovavo una cosa stupida e infantile. Dopotutto imparare non aveva mai ucciso nessuno.
Il tempo che Dristen dedicava a vampiri, spettri e licantropi, di conseguenza, era veramente misero e, ancora più incredibilmente, sembravo saperne più io di lui.
Quei piccoli ritagli di tempo, dunque, diventavano delle conversazioni tra me e lui, dove alla fine quello che imparata qualcosa era Dristen.
Non solo, ma era anche l'unico, lì dentro, che mi faceva delle domande sulla vita degli umani. Per assurdo era più interessato a loro che alle altre specie, ben più simili a lui di quanto lo fossero gli uomini, ma mi faceva molto piacere potergli parlare di qualcosa così vicino a me, anche perché così facendo riuscivo a gestire più facilmente la lontananza dalla mia famiglia.
Non trascorreva giorno senza che pensassi ad Alina, a cosa doveva pensare di me, se credeva che l'avessi abbandonata o che non mi importasse di lei.
Avevo il terrore che fosse arrabbiata con me, ma sapevo anche che mia madre e mio padre non avrebbero mai lasciato che si facesse quell'idea.
Certo, questi pensieri non mi aiutavano a superare l'attesa che Baeron mi aveva imposto, ma ero consapevole di dover stringere i denti. Se avevo la possibilità di rivedere la mia famiglia solo seguendo quello che mi diceva di fare non avevo intenzione di rovinare tutto per la mia impazienza.

Quel giorno, al termine della lezione con Dristen, mi avviai insieme a lui verso la sala da pranzo.
~ Quindi... davvero gli umani pensano che siamo finti?~
Me l'aveva già chiesto diverse volte in realtà. Sembrava proprio che non volesse accettare la risposta.
~ La maggior parte sì, Dristen. Ma probabilmente è perché hanno creato centinaia di libri e film su di voi, e alla fine siete diventati dei personaggi di finzione.~
~ Tu credevi alla nostra esistenza?~ chiese.
Sbuffai fuori una risatina. ~ Ma figurati. Certo che no.~
Lui mi guardò ad occhi sbarrati, mortalmente offeso.
~ Non puoi biasiamarmi. Se fossi cresciuto tra gli umani come me capiresti.~
Seguì un breve silenzio, che venne interrotto da un'altra domanda.
~ Cos'è un film?~
Lì fui io a sbarrare gli occhi. ~ Non sai cosa sia? Mai sentito nominare?~
Dristen fece di no con la testa.
~ Ne deduco quindi che tu non sappia nemmeno cos'è un televisore.~
Un'altra risposta negativa.
Come potevo spiegarglielo? Assurdo come i più esperti possano esprimere con estrema chiarezza le mille innovative funzionalità dell'ultimo modello di televisore ma poi vadano in tilt quando si tratta di descriverne le basi, ma in fondo nella società odierna tutti sanno già cos'è un televisore, che lo sappiano esprimere a parole o meno.
Tentennai parecchio nel cercare il modo giusto di rispondergli, finché giunsi a un risultato più o meno decente.
~ Una televisione...~ iniziai.
~ Non hai detto televisore?~ mi interruppe subito.
~ Sì ehm... si dice anche così. Allora è come uno specchio, diciamo, e tu all'interno vedi succedere delle cose. È un po' come uno degli specchi di Baeron, sai quelli con cui se ne va in giro? Ecco è come se tu guardassi dentro uno di quelli, ma più grande e rettangolare.~
Ripetei quello che avevo appena detto nella mia testa, trovandolo accettabile.
Osservai la sua espressione corrucciata per capire se gli avessi semplificato le cose o se l'avessi solo confuso di più.
~ E... cosa vedrei dentro?~
~ Oddio...~ bisbigliai. ~ Allora.~ dissi fermandomi. Dovevo concentrarmi per spiegare il concetto. ~ Alcune persone, che si chiamano registi, inventano delle storie. Okay? Come nei libri. Anzi, diciamo che inventano un libro e lo scrivono. Poi prendono delle persone che fingono di essere i personaggi del libro e fanno quello che i personaggi fanno nel libro, ricreano la storia insomma. Ci sei?~
Dristen annuì lentamente.
~ Quello che creano alla fine è come un libro che non si legge ma si guarda. È questo si chiama film.~
~ E I film si vedono dentro al televisore?~
~ Esatto.~ confermai, sollevata che avesse capito. ~ Magari durante la prossima lezione te ne disegno uno.~ proposi.
Lui sembrò ragionarci sopra un attimo, poi accettò, e riprendemmo a camminare.
Per una volta gli avrei fatto lezione io.
Subito dopo mi sovvenne un dubbio.
~ Dristen, tu sai cos'è un tablet?~
~ Un che?~
~ Tablet.~
~ Affatto.~
~ Ma... a scuola i ragazzi li avevano. E avevano anche i cellulari.~
~ Cellulari?~
~ Sì!~
~ Mai sentiti.~
~ Ma com'è possibile! Tu sei... sei mai uscito da qui?~
~ Mmh... Non tanto, a dire la verità.~
~ Quale sarebbe la cosa più moderna che conosci, la lampada ad olio?~ risi incredula.
Dristen mi guardò a metà tra l'offeso e lo stupito. ~ Quelle esistono già da un po' in realtà...~ disse abbassando lo sguardo
Forse avevo esagerato un po', ma non riuscivo a spiegarmi come potesse non conoscere quelle cose.
Poi un'idea bussò sulla porta della mia mente.
~ Un giorno potremmo uscire di qui e fare un giro dagli umani, che ne dici? Potrei mostrarti tutte queste cose.~
Dristen esitò.
Ti prego Dristen, dai...
~ Non penso che dovremmo...~
~ Dai, Dristen! Hai idea di quante cose potresti imparare? Sarà divertente!~ Mi sforzavo di esaltare il mio entusiasmo, sperando di convincerlo, ma lo vedevo tentennante.
~ Forse dovrei chiedere a Baeron prima.~ disse infine.
Non potevo lasciare che chiedesse a Baeron, nella maniera più assoluta!
~ Ah, come vuoi. Non pensavo che fosse questa la situazione tra voi.~ dissi cercando di fare l'indifferente.
~ Che vuoi dire?~
L'aumento del tono della sua voce mostrava che forse ero riuscita a pungerlo sul vivo.
~ Be' onestamente pensavo aveste tutti un po' più di libertà. Non credevo certo che vi comandasse a bacchetta.~
~ No lui non... Non è che ci comanda a bacchetta.~
~ Ah no? Va bene, se sei convinto tu...~
Dristen rimase in silenzio. Ormai eravamo vicinissimi alla sala da pranzo, e chiaramente il mio bluff non aveva dato i risultati che speravo.
In un ultimo, disperato tentativo di convincerlo mi lanciai.
~ Avanti Dristen ti prego! Ho bisogno di uscire di qui e chiaramente anche tu ce l'hai!~ dissi voltandomi per poterlo guardare in faccia.
Adesso la mia voce non era più né allegra, né indifferente, ma rivoltantemente supplichevole.
Lui piantò i suoi occhi nei miei; cosa cercasse di leggervi non lo sapevo, ma speravo si convincesse.
Dopo un tempo all'apparenza interminabile distolse lo sguardo puntandolo sul pavimento, e sbuffando come se si stesse liberando di tutta l'aria che aveva in corpo scosse lievemente il capo dai lineamenti severi.
~ Va bene,~ sputò fuori infine. ~ al prossimo incontro faremo una gitarella.~
In un batter di ciglia la mia espressione mutò. Ce l'avevo fatta!
L'avrei abbracciato dalla felicità; finalmente avrei rivisto la mia famiglia, anche se questo lui ancora non lo sapeva.
~ Grazie Dristen! Vedrai sarà...~
~ Ora taci e va' a mangiare, sbrigati...~ disse con durezza.
Ma potevo giurare di aver visto un angolo della bocca alzarglisi impercettibilmente.

Mezz'essereWhere stories live. Discover now