CAPITOLO 36:

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Così come me n'ero andata ritornai nello studio di Baeron.
Nonostante fossi ad uno specchio magico di distanza mi sentivo come se tra me e mia madre ci fossero migliaia di chilometri; non avevo mai sentito una nostalgia così sgradevole insieme a una forte rassegnazione.
Tuttavia era vero che non stavo piangendo. Non avevo più lacrime da versare.
Però, in compenso, ero furiosa.
Era come se Baeron mi avesse brutalmente sradicata dalla mia vita e stesse cercando di inserirmi in un'altra, che lui aveva preparato per me.
Non sarebbe accaduto.
Non sapendo cosa fare, restai immobile come una statua a guardarlo sistemare i suoi adorati specchi, mentre lui sembrava ignorarmi in ogni maniera possibile.
Non si sentiva alcun rumore lì dentro, era un'atmosfera irreale e strana. In un certo senso pareva quasi un sogno, non fosse che la rabbia che mi bruciava dentro continuava a tenermi ben sveglia.

Dopo diversi minuti avevo superato ogni limite di sopportazione, e sperando di non incappare in una situazione imbarazzante mi schiarii la gola per attirare la sua attenzione.
Lui si voltò di scatto, come se l'avessi spaventato. ~ Ah. Sei ancora qui.~ constatò squadrandomi.
~ Mi sembrava di aver capito che qui devo stare.~
Baeron alzò un sopracciglio. ~ Ovviamente ti è concesso uscire da questa stanza.~
~ E dove dovrei andare, secondo te?~
~ Nella tua camera, forse?~
Sentii un impulso scattarmi dentro. ~ E come la trovo?!~
Per arrivare lì dentro aveva fatto una specie di maratona passando in corridoi interminabili, come potevo orientarmi?
~ Uff...~ fece lui richiudendo la vetrinetta e spostandosi dall'altra parte della stanza. ~ Che qualcuno mi dia la forza...~
Un ringhio mi sorse in fondo alla gola ma strinsi i denti e inspirai con forza. Se volevo avere una possibilità di tornare a casa dovevo comportarmi bene.
Borbottava qualcosa tra sé e sé mentre apriva cassetti e vi frugava all'interno, finché a un certo punto: ~ Ah, ecco qua.~
Con il ginocchio richiuse il cassetto e studiando il foglio ingiallito tra le sue mani tornò indietro.
Me lo porse. ~ Usa questa.~
Con una certa dose di circospezione presi il foglio e lo osservai attentamente; era una grande pergamena giallastra che invece di essere fragile come mi aspettavo da qualcosa di così vecchio era grossa e resistente, ruvida in ogni sua parte.
Vi erano disegnati otto grandi cerchi che parevano quasi esser stati impressi a fuoco su di essa, numerati e che al loro interno presentavano ognuno come una planimetria diversa.
Sembrava di vedere otto case rotonde.
Cercai lo studio di Baeron e lo trovai all'interno dell'ottavo cerchio, l'ultimo, e il più povero di stanze. Oltre a quella ce n'erano ancora una mezza dozzina molto grandi lungo il perimetro esterno, con all'interno una grande sala rotonda senza nome.
~ Siamo in una torre...~ dissi pensando ad alta voce.
~ Ma che intuito...~ commentò la sarcastica voce di Baeron da dietro di me. Era comodamente seduto sulla poltrona dietro la scrivania.
Quando ci eravamo spostati nei corridoi non avevo avuto per nulla la sensazione di essere in una torre. Doveva essere di dimensioni colossali.
Ma parlando di torri mi era inevitabilmente tornata alla memoria quella della Highsbury dov'era la mia stanza, e insieme ad essa mi sorse spontanea anche una domanda.
~ Posso chiederti una cosa?~ feci dopo qualche secondo passato a rimuginarci su.
~ Certo gioia.~
~ Visto che Elija mi ha portata alla Highsbury, non poteva portarmi subito qui?~
Lui restò immobile qualche secondo, come se fosse sorpreso dalla mia domanda oltre ogni dire, poi si sfregò il viso energicamente e si alzò.
~ Vedi,~ disse, ~ per poter comprendere dovresti prima conoscere tutta una serie di tradizioni di noi demoni che forse ora è un po' presto per raccontarti...~
~ È così complicato?~ domandai ancora.
~ In parte.~
Poiché non ero minimamente soddisfatta dalla risposta, sempre che così la si potesse definire, non mi mossi.
Ero troppo curiosa, e più tentennava nel rispondermi più io sentivo una forte decisione nel volerlo sapere a tutti i costi.
Baeron sospirò. ~ Va bene.~ fece. ~ Ora come ora posso dirti solo che c'entrava tua madre. Sapevo che nel momento in cui non ti avesse più trovata avrebbe subito pensato a questo posto, per cui era più sicuro tenerti alla scuola per un po'.~
Diversi conti non mi tornavano in quella storia.
~ Elija mi ha detto di aver ipnotizzato la mia famiglia o qualcosa del genere, in modo che pensassero che ero al college fuori città.~
~ Certo, l'ha fatto, ma tua madre conserva ancora qualche... capacità, diciamo, per cui ha capito cosa c'era sotto.~
~ Ed è venuta qui?~
~ Ci ha provato. Quasi incessantemente.~
Per un attimo mi parve sovrappensiero, con la mente altrove, ma in pochi secondi si riprese e mi guardò con un'espressione quasi benevola.
~ Magari ora ti va di riposare un po'.~ disse guardando la mappa con eloquenza.
Capii che non era un invito.
Uscii in fretta e chiusi la porta alle mie spalle, restando sola nel corridoio scuro.
In realtà il fatto di trovarmi in una torre rendeva le cose molto più facili dal punto di vista dell'orientamento, perché oltre a girare in tondo non potevo fare molto.
Avanzai fino alla torcia più vicina e osservai con attenzione la mappa.
La mia stanza era a sinistra, così mi diressi da quella parte sperando di non incontrare nessuno lungo la strada. Avanzavo abbastanza velocemente nei tratti illuminati e lenta e tentennante nei pochi metri bui che trovavo tra una torcia e l'altra. Non mi piaceva quel buio, era profondo e surreale, amplificava il rumore dei miei passi e del mio respiro oltre a produrne degli altri che non mi fermavo ad ascoltare fino in fondo.
Superata la terza torcia mi fermai per guardare di nuovo la mappa; la mia stanza era la prossima porta che avrei incontrato.
Felice di essere vicina alla mia destinazione azzardai una marcia più veloce; non volevo farmi vedere da nessuno.
In lontananza vedevo già la prossima torcia, che illuminava, a metà della strada tra me ed essa, la porta in cui sarei dovuta andare.
Affrettai il passo, ma dopo nemmeno due metri mi immobilizzai. Suoni forti e rimbombanti provenivano da davanti a me, scuotendomi il cuore e bloccandomi il respiro.
Presa dal panico scattai in avanti correndo per arrivare alla porta prima che chiunque potesse scorgermi, ignorando il buio e l'inquietudine che mi provocava, poiché non era niente in confronto ai suoni che arrivavano da davanti a me.
Erano in tanti a giudicare dal baccano che facevano, e si stavano avvicinando.
La porta era a pochi passi, aumentai ancora la velocità e quasi con disperazione afferrai la maniglia; sentire il freddo che sprigionava tra le mie mani mi riempì di gioia, e altrettanto fece lo scatto della porta quando me la richiusi alle spalle.
Stanca per le troppe emozioni mi lasciai scivolare lungo la porta fino a sedermi per terra con un sospiro pesante.
Mi strofinai gli occhi energicamente; dopo tutta quell'oscurità entrare di slancio in una stanza con le tende aperte e una vetrata immensa a far entrare la bellissima luce del sole me li aveva fatti bruciare, infatti ora lacrimavano copiosamente.
Sentii dei passi, poi una voce mi chiamò: ~ Angy? Tutto bene?~
Alzai lo sguardo di scatto e riconobbi immediatamente Xavier. Lì sì che mi venne da piangere, ma di gioia.
~ Ciao...~ dissi solo, e come una scema restai ferma a guardarlo.
~ Ciao.~ sorrise lui con dolcezza. ~ Che è successo? Perché piangi?~ chiese sempre con un sorriso sulle labbra. Era così diverso rispetto a quando l'avevo conosciuto...
~ Non sto piangendo.~ mi affrettai a spiegare. ~ È il sole.~
Lui annuì. ~ Certo. Ti ci abituerai.~
~ Sembra che dovrò abituarmi a parecchie cose qui...~ commentai cercando di imitare il suo sorriso.
~ Be',~ fece lui battendosi le mani sulle ginocchia prima di rialzarsi. ~ Non credo sarà terribile abituarti alla tua nuova stanza.~
Mi porse la mano e mi aiutò ad alzarmi. ~ Ti faccio vedere.~ disse muovendosi verso una porta sulla sinistra.
Solo quando notai un'altra porta ancora realizzai che quella non era affatto la stanza nella quale mi ero svegliata prima di essere portata nello studio di Baeron. Era molto più ariosa e gradevole.
Entrammo nell'altra stanza, anche questa molto semplice e spaziosa; c'era un divano in pelle scura che dava l'idea di essere morbido come una nuvola con un pouf enorme davanti, una libreria lunga tutta la parerte opposta e una scrivania dello stesso legno della libreria con sopra una pila di libri giganteschi e dall'aria estremamente noiosa.
In realtà non era troppo diversa dallo studio di Baeron.
La cosa che mi piaceva di più era la vetrata, che proseguiva dalla stanza precedente fino a occupare tutto il muro esterno di questa.
Ero contenta di tutta quella luce dopo tutta l'oscurità del corridoio.
~ Qui potrai studiare.~ Mi disse Xavier.
Come?
~ Studiare?~
~ Sì, poi ti diranno tutto.~
~ Okay...~ sbuffai.
~ Lì ci sono le tue cose, hai visto?~
Mi indicò le borse accanto al divano.
~ Oh.~
~ Vuoi una mano a sistemarle?~
~ Oh no, no grazie faccio da sola.~
~ Bene. Dài, manca l'ultima cosa.~ disse, e tornò sui suoi passi.
Lo seguii e lo vidi aprire l'altra porta, per poi farmi gesto di entrarci.
Era un bagno enorme e bellissimo, praticamente tutto in ceramica bianca con mattonelle chiare.
Vidi con piacere che c'erano sia la vasca che la doccia, con una dozzina di profumi e saponi differenti.
~ Allora?~ chiese.
Sembrava un artista che chiede un parere per la sua opera.
~ È carina.~ ammisi.
Dal tono della mia voce capii che ero davvero stanca. Forse anche Xavier lo capì, perché dopo avermi abbracciata teneramente mi salutò consigliandomi di riposare.
Decisi di mettere subito in pratica il suo suggerimento, e poco dopo che mi fui sdraiata sul morbido letto mi addormentai senza difficoltà, e finalmente ebbi un po' di pace.

Mezz'essereWhere stories live. Discover now