CAPITOLO 45:

3.2K 209 72
                                    

Ad ogni ora che passava il mio cuore si appesantiva sempre di più; sentivo la pressione dell'attesa, e l'unica cosa che potevo fare era godermi quel momento con mia sorella fingendo che tutto andasse alla grande.
Non fingevo solo per lei, però. Una parte di me sperava che sarei riuscita ad autoconvincermi della perfezione di quella giornata, ma i risultati erano deludenti.
Perfino il clima sembrava essere contagiato dal mio umore, poiché divenne grigio e triste. Non si riusciva più a scorgere l'azzurro del cielo talmente erano fitte le nuvole che, pur essendo tante, non sembravano presagire l'arrivo di un temporale.
Dopo aver comprato il gelato per mia sorella io, lei e Dristen facemmo una lunga passeggiata; decidemmo di tornare verso casa quando il numero di persone per strada iniziò a diminuire visibilmente, rendendo ancora più malinconico quel pomeriggio.
Sorridere a mia sorella e a mio padre, ferma sulla porta di casa, fu doloroso come se mi fossi dovuta scavare a forza il sorriso sulle guance. Alina non smetteva più di ripetere quanto le fosse piaciuto il gelato che le avevo preso, forse speranzosa che nostro padre se lo ricordasse in un futuro non troppo lontano, e mi chiedeva quando avremmo di nuovo trascorso la giornata insieme. Avevo sepolto la verità talmente in fondo nella mia testa che non sarei mai riuscita a tirarla fuori senza provare un dolore immenso, e, vigliacca come potevo diventare solo di fronte alla prospettiva di far soffrire la mia sorellina, mentii: ~ Presto.~
Lei sorrise, mi abbracciò le gambe e si lanciò sul divano. In pochi secondi aveva già cambiato canale e dondolava la testolina ascoltando la sigla del suo cartone preferito.
Con mio padre, invece, era tutta un'altra storia; c'era poco da mentire con lui. Sapeva meglio di me che non ci saremmo visti per molto tempo, era inutile nascondersi dietro un dito.
Se l'abbraccio di mia sorella sapeva di un "Ci vediamo domani" quello di mio padre aveva più il sapore di un vero e proprio addio, come se stesse salutando il suo unico figlio che ha deciso di partire per la guerra.
Mi strofinò i capelli, e nei suoi occhi vidi riflettersi le mie lacrime.
~ Cerca di resistere.~ sussurrò per evitare che Alina sentisse.
Io, con la gola bloccata dall'amarezza, potei solo annuire cercando di ricacciare indietro le lacrime. Non volevo che quella fosse l'ultima immagine che mio padre avesse di me, ma ormai la mia valvola di sfogo si era aperta e tutta la pressione accumulata stava uscendo. Sapevo che mi avrebbe fatto bene.
Lui si rivolse a Dristen, che era rimasto in rispettoso silenzio fino a quel momento.
~ Si prenderà cura di lei?~ gli chiese.
Non potei ignorare la piega disperata che la sua voce aveva preso, soprattutto perché sapevo che, come in quel momento stavo lasciando lui, presto probabilmente avrei lasciato anche Dristen.
~ Lo prometto.~ rispose Dristen, poggiandomi una protettiva mano sulla spalla.
Stavamo mentendo entrambi senza il minimo ritegno per risparmiare alla mia famiglia un po' di sofferenza, e non potevo dire di sentirmi in colpa. Non c'era comunque niente che avrebbero potuto fare per aiutarmi anche se in un remoto angolo del mio cervello la convinzione che mio padre fosse un invincibile supereroe continuava ad aleggiare, ed era proprio da lì che proveniva l'impulso di gettarmi tra le sue braccia chiedendogli di salvarmi.
Repressi quell'istinto infantile ed arrangiai un sorriso che - speravo - lo rassicurò un po'.
~ Adesso dobbiamo andare.~ gli dissi. ~ Vedrai che starò bene.~
Lui annuì, e mi abbracciò di nuovo; strinsi le braccia intorno alla sua schiena e respirai contro al suo petto. Mi sentivo come un naufrago in mare che trova una scialuppa e decide di non abbandonarla per nessuna ragione al mondo. Ma le ragioni per abbandonare mio padre c'erano, perché avevo l'inquietante impressione che avrei messo in pericolo lui, mia madre e Alina restando lì.
Mi allontanai dalla sua stretta, gli dissi di dire a mia madre che le volevo bene e che mi mancava, salutai Alina e mi avviai verso la strada con Dristen. Se non avessi fatto io il primo passo sarei rimasta lì per sempre.
Nel camminare aspettavo di sentire lo scatto della serratura, ma quello non arrivava alle mie orecchie.
"Chiudi la porta papà" pensavo disperata mentre trascinavo un piede dopo l'altro. Non potevo sopportare la tentazione di girarmi e vederlo lì; avrebbe infranto completamente la mia forza di volontà.
Dopo un tempo indefinibile e interminabile, finalmente, la porta si chiuse. Non sentivo più il rumore della televisione e, se una parte di me si sentiva sollevata, un'altra si sentiva mortalmente tradita dal fatto che mio padre non aveva tentato minimamente di fare nulla. Ma sapevo che aveva agito ragionevolmente.
Il braccio di Dristen delicatamente poggiato intorno alle mie spalle mi incitava a proseguire senza voltarmi, e così feci.

Mezz'essereTempat cerita menjadi hidup. Temukan sekarang