Prologo

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Avete presente quando si dice di avere la sfortuna a braccetto? Il mio non è un modo di dire, ma è proprio così.

Nel 1894, Alexander Lucas Wilson si dovette sposare con la donna che i genitori avevano deciso per lui. In realtà stava vivendo una storia clandestina con un'altra donna, di origini povere e non adatta, secondo i miei antenati, a loro.

Dovevano scappare insieme, ma venendo a sapere che la donna aspettava un bambino, Alexander dovette lasciare la sua amata e rimanere con la sua futura moglie.

La ragazza, tornata a casa sua distrutta, raccontò l'accaduto e sua nonna andò davanti casa Wilson, con l'intento di lasciare una maledizione a cui nessuno ha mai creduto.

'La famiglia Wilson è conosciuta per la sua fortuna per quanto riguarda le donne. Da oggi, la prima figlia femmina che nascerà, avrà una grande sfortuna su di sé. Non piacerà a nessuno, neanche a se stessa'

Nel corso dei secoli, però, nacquero solo figli maschi, con mia grande sfortuna. Solo due figlie femmine nacquero ma erano frutto di tradimento e, quando videro che la maledizione non si era avverata, smisero di crederci definitivamente.

Fino alla mia nascita.

Fin da subito i miei occhi diversi si sono fatti vedere come qualcosa di strano ai dottori. Mai visti occhi viola e dorati. E i miei capelli? Una volta iniziati a crescere, si notò che fossero verdi, verde acido o qualcosa di simile. Comunque orribili.

Per non parlare dell'immensa sfortuna che porto con me. In casa ci sono tutte le prevenzioni per qualsiasi incidente che posso causare.

Abbiamo cambiato alcune case ed io sono rimasta sempre rinchiusa in esse. Papà si è già stancato di cambiare casa per la quarta volta.

Ho 17 anni e non vado a scuola. Ho un insegnante privato e le uniche persone che vedo sono lui, i miei genitori e la domestica.
Chiusa in aereo, guardo fuori dal finestrino le nuvole accanto a noi. Sarei capace di romperlo con la mia amica sfiga.

Stiamo andando verso Atlanta, città immensa che non vedrò mai, ma solo dalla finestra di casa mia o meglio dalla mia camera d'hotel.

"Non preoccuparti, Hannah. Vedrai che ti troverai bene nella nuova città in cui staremo" il sorriso stanco di mio padre mi fa svegliare dai miei pensieri.

Tanto saranno loro a vedere la città, non io. Io starò, come sempre, chiusa in casa.

"Stavolta vivremo in un hotel che ho comprato. Ti troverai benissimo, avrai una stanza tutta tua e non dovrai preoccuparti di nulla, neanche della sfortuna" sì, tanto non sei tu a causare danni. Il mio non rapporto con le persone mi ha portata a non provare nemmeno a stare con gli altri. Per me è automatico stare da sola.

Dieci minuti dopo siamo pronti per atterrare, come ci ha avvisati una delle hostess.

Con gli occhiali da sole non vedo quasi niente e sinceramente voglio evitare un trauma alla gente. Non posso mettere alcuna parrucca perché, sfortunatamente, non riesco a sopportarle.

L'unica fortuna che ho, è che non ho intolleranze o allergie.

Attraversiamo l'aeroporto per poi dirigerci verso l'auto prenotata da mio padre.

Questa ci conduce verso l'hotel e, durante il tragitto, mi limito a guardare la vita che conduce la gente, molto diversa dalla mia.

Sospiro e mia madre mi accarezza il braccio, sapendo già cosa sto pensando.

Accendo il telefono che ho tenuto spento per tutto il viaggio e guardo le notifiche riguardanti le serie che seguo.

Una volta arrivati, scendo dall'auto continuando a guardare il telefono, ma mi scontro con un ragazzo sullo skate, cadendo entrambi a terra. I miei occhiali da sole sono volati chissà dove e già mi voglio auto maledire per la mia sfortuna.

"Ti sei fatta male?" Una voce maschile giunge alle mie orecchie ed apro gli occhi che ho tenuto chiusi a causa dell'impatto. Li riapro per poi essere aiutata dal ragazzo davanti a me. Mi scruta con i suoi occhi verdi e devo sembrare orribile.

"No.. cioè sto bene, insomma scusa, sono un po' sbadata e non mi sono accorta di te e-" l'imbarazzo mi fa parlare velocemente mentre il ragazzo sorride.

"Ehi, non preoccuparti, ci si vede in giro" sì certo, ci si vede in giro un corno.

Lo saluto con la mano mentre riprende il suo skate e va via.

Cavolo, grazie sfortuna.

Entro dentro la hall e sento mia madre chiamarmi così mi giro verso di lei ma un facchino si scontra con me, ancora.

Mi rialzo chiedendo scusa e vado verso la reception dicendo il mio nome all'uomo in divisa e facendomi dare la chiave.

Voglio solo andare in camera e buttarmi sul letto.

******
La stanza mi piace. Papà mi ha anche detto che l'ha fatta fare secondo i miei gusti e gliene sono grata. Sembra un piccolo appartamento. Le pareti verde acqua, con un grande televisore appeso alla parete in fondo, accanto all'ampio balcone, il letto a pochi metri dalla parete della porta con le lenzuola grigie, la cabina armadio sulla parete di destra, con il bagno e divisi dalla scrivania. Una mini cucina e devo dire che qui starò bene, credo. Ci sono molte altre cose che papà ha voluto mettere come arredamento.

Sento bussare alla porta mentre continuo a mettere i miei pochi vestiti nella cabina armadio. Come se mi servissero a qualcosa....

Urlo un 'avanti' e mia madre entra chiudendosi la porta alle spalle.

"Ehi, allora com'è? Ti piace?" Annuisco mentre chiudo la valigia, appena disfatta, e la metto in uno spazio basso dell'armadio. "Hannah, noi vogliamo solo il tuo bene e non vogliamo ti succeda nulla" il suo tono di voce è dispiaciuto e preoccupato e so che non è colpa sua se sono così. "Vogliamo che tu sia felice e che ti faccia degli amici, ecco perché è arrivato il momento di andare a scuola" non sono sicura di aver sentito bene, così mi volto verso di lei.

"Stai scherzando? Sai cosa potrebbe succedere. Non voglio andare a scuola per poi diventare lo zimbello di tutti. Io non controllo questa cosa" pensavano che il meglio per me fosse rimanere dentro per non causare danni, ora stare con gli altri. Credono che sia un burattino?

"Hannah è deciso, sei stata già iscritta. Lunedì, ovvero tra due giorni, comincerai le lezioni" si alza dal letto dove si era seduta e si dirige verso la porta ma la mia voce la blocca.

"Avevate già tutto deciso, vero? Non potete controllarci, ricordatevelo. Non potete trattarmi come un burattino" io e la sfortuna siamo la stessa cosa. Basta solo guardarmi per capirlo. Sono la sfortuna fatta persona ed è una cosa orribile.

Mia madre esce dalla poeta con lo sguardo basso mentre io mi accascio sul letto, esausta.

SPAZIO AUTRICE

È da moltissimo che ho questa storia nelle bozze ed ho deciso di pubblicarla. Naturalmente non farò mancare i guai.

Spero che vi piacerà e che la continuerete a leggere.

Commentate con cosa ne pensate e votate!

Alla prossima,
Kisses

Amica della sfortunaTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon