4. Amicizia e verità

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Sono le 16:13 quando il telefono della reception suona. Abbasso il volume della musica classica che stavo ascoltando.

"Pronto" rispondo al telefono, sentendo dall'altra parte una leggera confusione.

Qualcuno si schiarisce la voce per poi rispondermi.

"Mademoiselle Wilson, ci sono due ragazzi che domandano di lei. I loro nomi sono Pandora e Julian" la voce di Jacques giunge alle mie orecchie e, da come ho potuto notare, è sempre gentile con me.

"Falli salire e grazie, Jacques"

"È un piacere, mademoiselle"

Torno a leggere per quei pochi minuti che mi rimangono prima di essere in compagnia.

Bussano alla porta ed io mi alzo dal letto, accorgendomi solo adesso di essere in pigiama.

L'Estate delle Quattro Stagioni di Vivaldi risuona ancora per la stanza ad un volume abbastanza alto ma non troppo da essere sentito fuori.

Apro la porta, ritrovandomi Pandora che entra dentro la stanza, sicuramente scioccata da ciò che sente.

Julian, dietro di lei, entra tranquillamente salutandomi con la mano mentre io abbasso lo sguardo imbarazzata.

"Scusatemi, non ero preparata per ricevere qualcuno. Vado a rendermi più presentabile" la mano della mora mi ferma prima che io possa anche solo fare un passo.

"Alt! Sei nella tua stanza, magnifica e grande stanza devo dire, e noi siamo gli intrusi, vai benissimo così. Se è per Julian, fai finta che lui non ci sia" si siede sul letto, prendendo tra le mani il libro di Shakespeare che stavo leggendo "Amleto, musica classica, avevo immaginato fossi un tipo calmo, ma non così tanto" okay, ora sono considerata noiosa "Ma non preoccuparti, farò emergere il tuo lato oscuro" esclama infine, facendomi agitare senza alcun motivo.

"Uhm.. -chiudo il computer che stava ancora riproducendo la musica- gradite qualcosa? Succo, gelato, the, qualsiasi cosa ve la faccio portare" i due annuiscono mentre si guardano intorno.

"Per me un frullato al cioccolato" risponde Pandora, alzandosi dal letto e sfiorando le mensole piene di libri di tutti i tipi.

"Io vorrei una granita al limone, inizio a sentire un po' di caldo" abbandona lo zaino che aveva sulle spalle accanto alla mia scrivania.

Raggiungo il comodino per poi comporre il numero della reception e dire gli ordini.

"Perché siete qui?" La mia domanda può sembrare fredda e distaccata, come se in realtà non li volessi qui. Ma, al contrario, non è così. Non ho mai avuto la possibilità di qualcuno che si preoccupasse di me all'infuori dei miei genitori.

"Siamo venuti a vedere come stessi, dopo quello che è successo a mensa.. stai bene, vero?" Annuisco rassicurandola e sorridendole veramente.

Bussano di nuovo alla porta e, una volta aperta, entra un cameriere con i bicchieri in mano che porge ai diretti interessati.

"È stupenda questa stanza. Cavoli, vorrei viverci io qui" questa stanza è il mio rifugio, ecco perché ho cercato di renderla il più possibile confortevole. Ho messo apposto tutti i libri, appeso i miei disegni, aggiustato i miei CD e DVD, ho sistemato ogni cosa al proprio posto. Mi sento più al sicuro qui, che in tutte le altre case o stanze in cui sono stata.

"Hannah, ricorda che l'incidente di oggi non è stata colpa tua" sospiro, perché sono tentata di dire la verità, così da essere lasciata in pace.

"Sì, invece. È una cosa che succede da quando sono nata. Io sono nata così" mi indico completamente. Se devo proprio avere dei rapporti di amicizia, non voglio che ci siano segreti tra noi "Gli occhi, i capelli e il resto"

Amica della sfortunaWhere stories live. Discover now