8. Sushi&Giochi

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"Julian, devi prendere la medicina" gli porgo il bicchiere d'acqua con la bustina che deve prendere. "Devi mangiare qualcosa, sicuramente in bianco. Che ne dici di un po' di pastina o qualcosa del genere?" Non me ne intendo di certe cose, dato che sono stata sempre bene.  E, naturalmente, non ho mai visto qualcuno ammalarsi.

Beve tutto, per poi guardarmi storto.

"Non mangerò della pastina, sia chiaro" torturo le mie mani, non sapendo cosa fare.

"Devi mangiare qualcosa e potremmo prendere quello che vuoi. Giapponese, messicano o italiano. Dimmi cosa e la prendo"

"Non c'è bisogno che fai tutto questo.. comunque prendi del giapponese,  anzi passami il telefono" gli passo il suo telefono, che, non so come, era finito sulla scrivania.

Apro le finestre, facendo entrare un po' d'aria, mentre sento Julian ordinare la cena.

In realtà, non ho mai mangiato niente di ciò che ho elencato, tranne la pizza. Ricordo quando papà me la portò per la prima volta: era tornato da lavoro ed io non parlavo da un paio di giorni perché mi era venuto un attacco di solitudine. Mi è capitato spesso di averne.

"Ho una gran fame, quindi ho preso un po' di tutto, non ti dispiace, vero?" Scuoto la testa, osservando le pareti blu dietro il suo letto con tanti puntini bianchi che sembrano stelle. Non me n'ero accorta prima ed è davvero molto bello.

"Perché non vieni a sederti? Anzi, potremmo prendere i giochi da tavolo e stare giù,  che ne dici?"

"Sì, mi piacerebbe" lo aiuto ad alzarsi, cercando di non andarmene all'indietro.  Si porta una mano sulla fronte, strizzando gli occhi per poi riaprirli. Si dirige verso la porta ed io lo seguo, con ancora la mano nella sua.

Scendiamo le scale e, ovviamente, cerco di non inciampare. Arriviamo in cucina dove prendo una tovaglia e la metto sul tavolino nel salotto, come richiesto da Julian. Ritorna in salotto con scatole di giochi di società e da tavolo e li mette a terra.

"Prima quant'era la febbre?" Gli domando per smorzare la tensione.

"38.7. Credo che stia iniziando ad abbassarsi, comincio a sentirmi meglio" sentiamo il campanello suonare e vado ad aprire la porta.

"Cena giapponese,  $25" pago il ragazzo delle consegne, che rimane lì impalato ad osservarmi.

"Ti senti bene?" Scuote la testa e mi lascia un biglietto. Osservo accigliata il biglietto tra le mie mani, vedendolo farmi l'occhiolino.

"Quando vuoi, dolcezza" va via, mentre io chiudo la porta abbastanza confusa.

"Ehi, perché ci hai messo tanto tempo? Quant'è venuto il tutto?" Julian è già seduto a terra sul tappeto, mentre io lo raggiungo appoggiando il cibo e sistemando il tutto.

"Non preoccuparti, ho pagato io. Insomma, mi sono autoinvitata per rimanere qui. Il tizio del giapponese era rimasto impalato a guardarmi e mi ha dato il suo numero"

"Cos'hai intenzione di farci?" Mi domanda, iniziando ad aprire le buste e disponendo il tutto, aiutato da me.

"Nulla, non ho in programma di uscire con uno sconosciuto" alzo le spalle, prendendo le bacchette.

"Però con quell'Elvis ci uscirai e non lo conosci neanche" impugna le sue bacchette con molta facilità, mentre io non ho ancora capito come fare. Ho davanti a me, cose che sembrano buone, ma in realtà ho paura che non mi piacciano.

"Si chiama Alvin. E poi, lui l'ho conosciuto quella sera e ci ho parlato qualche volta" puntualizzo, guardando le sue dita e cercando di fare nello stesso modo. Inizia a mangiare, mentre io sono ancora a zero.

Amica della sfortunaWhere stories live. Discover now