29. Si va avanti

383 34 11
                                    

Due mesi e mezzo dopo

"Hannah, hai finito?" la voce di Jack mi arriva ovattata, data la presenza della porta a separarci.

Finisco di sistemare i capelli, per poi uscire e prendere la borsa a tracolla.

"Possiamo andare" ci dirigiamo verso la porta, uscendo e percorrendo il corridoio.

In questi mesi la mia vita é cambiata ancora una volta.

Dopo quella sera passata a parlare con Jack, noi due siamo diventati molto amici. Il giorno dopo mi aveva cercata, rivelandomi di aver tirato un pugno in faccia a Julian e di aver chiesto una pausa a Pandora. Ho voluto pensare il meno possibile a come si dovesse sentire lei, ma, inevitabilmente, molte volte ho finito per pensarci. È pur sempre stata la mia migliore amica, la persona di cui mi sono fidata prima di tutti.

Il vuoto nel mio petto é diventato mano mano sopportabile, portandomi solo a provare rabbia verso Julian, al punto di non riuscire più ad andare a scuola, sapendo di poterlo trovare. Così ho chiesto ai miei genitori di farmi frequentare le lezioni pomeridiane, dicendo che non mi trovavo più così bene a dover confrontarmi con un'intera classe, sentendomi così a disagio. Non era la migliore delle scuse, ma il giorno dopo mi ritrovai ad andare a scuola di pomeriggio, per poi uscire alle sette di sera.

Mi sono portata avanti col programma, buttandomi ancora di più a capofitto nello studio, guadagnandomi il titolo di studentessa migliore della scuola.

Oltre allo studio, ho passato il mio tempo con Jack, in ospedale dai bambini e a leggere. Non riesco più a disegnare, come se avessi un blocco nella mia mente e non riuscissi più a creare le immagini che mi vengono in mente. Molte volte ho avuto crisi di pianto, non riuscendo a trattenere la frustrazione che provavo in quel momento.

Mi riscuoto dai miei pensieri, entrando nella macchina di Jack e vedendolo mettere in moto il veicolo.

"Dove dobbiamo andare?" gli domando, notandolo voltarsi verso di me con aria corrucciata.

"Non hai sentito neanche una parola di ciò che ti ho detto, vero?" scuoto lievemente la testa, sentendomi in colpa per tutte le volte che lui parla ma non l'ascolto.

"Prima ti accompagno in ospedale, mangiamo qualcosa insieme poi vai a scuola" annuisco al suo programma, notando un problema.

"Ma così ti salti le due ore pomeridiane" gli faccio notare ma lui mi rivolge il solito sorrisino di chi la sa lunga.

"Non ho studiato storia e c'è una ragazza di quel corso che mi perseguita. Ma le figlie di papà non dovrebbero avere un minimo di dignità?" rido, vedendo la sua faccia esasperata, fino a quando lui non mi tira un pizzicotto sulla gamba.

"Ehi"

"Non ridere di me" mormora, parcheggiando l'auto davanti l'ospedale. "Ci vediamo dopo"

"A dopo" gli lascio un bacio sulla guancia, per poi uscire dalla macchina e dirigermi verso l'entrata. Raggiungo velocemente il piano giusto, salutando i dottori e le infermiere che conosco.

La sala ricreativa è stranamente piena a quest'ora, di solito devo chiamare tutti i bambini dalle loro stanze se sono svegli, dato l'anticipo di orario che faccio.

"Hannah" come al solito i piccoli mi abbracciano subito, facendomi abbassare al loro livello. Le loro voci si confondono e chiedo loro di parlare uno alla volta.

"Oggi dobbiamo fare le analisi del sangue, ma Bethany e Robbie hanno paura" m'informa Victoria, un'adorabile bambina dai capelli rossi e le lentigini sparse per tutte le guance.

"Tranquilli, sarò accanto a voi e vi terrò la mano. Passerà subito" mi rivolgo ai due bambini, che mi guardano titubanti, annuendo piano.

"Oggi cosa facciamo?" domanda Andy, saltellando sul suo posto.

Amica della sfortunaWhere stories live. Discover now