▪️Capitolo V

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Improvvisamente perdo il contatto con il mio corpo ed ogni cosa comincia a svanire, piano piano. Non sento più il mio cuore battere, né i miei polmoni contrarsi e poi rilassarsi. Davanti a me ho solo il nero profondo.

Devo ammettere che la situazione mi stia mettendo alquanto paura; in effetti non sapere cosa stia esattamente succedendo non aiuta. Tutto quello di cui sono certa è che il verde dei suoi occhi è l'ultima cosa che ho visto, l'ultimo elemento che i miei sensi hanno carpito, insieme al suo respiro regolare.

Nel buio totale appare una luce, che comincia a diventare via via più nitida e vicina. Delle crepe luminose rigano l'ambiente cupo, permettendomi di riuscire a cogliere qualche particolare del paesaggio di fronte a me.

Senza che io me ne renda conto mi ritrovo immersa in un gran vociare: vedo una strada di ghiaia su cui stanno camminando diversi ragazzi ed un immenso edificio situato al fianco di un ampio ventaglio di poderosi alberi e fiori policromi.

È una giornata dal cielo sereno ed estremamente azzurro, senza alcuna nuvola. Ad occhio e croce credo che il luogo che sto attraversando sia situato a ridosso della foresta dell'Accademia. Sorpasso il padiglione di Caesar Collins ed una moltitudine di panchine in pietra. Avverto un rumore di passi piuttosto vicino, come se esso si muovesse al mio ritmo, ed anche una fastidiosa sensazione di caldo soffocante.

Un momento.... Muovere? Mi sto muovendo? Cosa cappero...

«Forza ragazzi! I migliori posti stanno per essere tutti occupati!» annuncia una voce lontana e vivace. La visuale si abbassa per un momento, permettendomi di vedere la mia ombra proiettata sui sassolini del viale.

Porco sipario.

La stazza è inconfondibile. La postura è la solita: composta, ritta e statuaria.

Per tutti i palchi... Io sono...

«SEAN!» Una voce acuta femminile spicca nel frastuono generale. Io... Cioè Sean... Cioè Sean infestato dal mio potere... Si gira dopo diversi secondi, permettendomi di annotare mentalmente diversi particolari sull'ambiente circostante: ci sono zone di terreno, ad esempio la linea di alberi più lontana, che appaiono sfocati e talvolta granulosi.

Questo potrebbe significare che mister Polaretto al limone non ha la mania di scandagliare ogni cosa con i suoi occhietti. Una volta che la ragazza entra nel campo visivo, la identifico subito come Jessica. Non c'è dubbio, a parte la scarsa altezza ancora più evidente ed i capelli corti e spettinati, è lei.

«Che c'è?» Avverto la voce di Sean terribilmente vicina; è inquietante come mi sembri che lui sia proprio dietro di me.

«Potevi anche aspettarmi! Dovevo solo finire di asciugarmi i capelli! Ci avrei messo solamente cinque minuti!» sbraita la Rossa, lanciandomi un'occhiataccia e invogliandomi a riprendere a camminare, seguendo così lo sciame di persone.

«È vero, avrei potuto.»

«Ma non lo hai fatto» risponde lei, sbuffando. Intanto un ragazzo dai  capelli mori e dagli scintillanti occhi scuri ci passa di fianco.

«Miller, non credi di aver dimenticato qualcosa?» le chiede questo, fermandosi di botto. Purtroppo il suo viso è come pixelato; riesco a mala pena a distinguere i tratti essenziali. Dannato Sean ed il suo disinteresse innato verso le altre persone.

«Norton ma che stai farneticando?» sbotta lei, incrociando le braccia davanti al reggiseno. Cosa? Reggiseno? Sono quasi certa che prima ci fosse una maglietta o... Ah non lo so. Che Sean si sia ricordato di quel particolare solo ora? «Ma cosa... CAZZO! MERDA! È tutta colpa tua e del tuo mettermi fretta!» sbraita, digrignando i denti.

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