▪️Capitolo XII

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Una cofana di riccioli d'oro emerge vistosamente dal buio della notte. Gli occhi sono inespressivi e castani, mentre le labbra si richiudono rapidamente, dopo aver parlato. La portiera della vettura sbatte ed il ragazzo lancia un'occhiata al vistoso e costoso orologio da polso, per poi fare dei cenni ad altri uomini che cominciano a sparpagliarsi per la radura.

Noto subito come ogni individuo, escluso il riccio, indossi un completo nero. Mi ricorda tanto i due tizi che quel giorno di Agosto avevano accompagnato il preside a casa mia. Girandomi mi accorgo che alcuni si sono avvicinati alle persone per parlare con loro, invece altri si sono divisi per raccattare il tipo buio e sistemare il casino.

Prima di capire che stiano dicendo ai camerieri o ai clienti ancora sotto shock, il riccio leva gli occhi al cielo, posando lo sguardo su ognuno di noi.

«Che team di idioti... devo ricordarmi di imbavagliare mio padre d'ora in poi...» borbotta, passandosi una mano sul collo.

«Finnegan.» Sean incrocia le braccia davanti al petto. «Ne avevo già avuto il sospetto alla festa di Halloween, ma vedo che dopotutto ci avevo azzeccato... Lavori per la M.D.?»

«Ma che spirito di osservazione.» Rotea gli occhi. «Ti pare che mi mischierei mai con quegli stolti?» domanda retorico, indicando i camerieri, che ora paiono intontiti. «Comunque, sono qui... in mezzo a voi per comunicarvi che vi attendiamo in trepidante attesa presso la M.D.»

«Perfetto, non vedo l'ora di intraprendere l'ennesimo viaggio infinito...» grugnisce la Rossa, linciando con lo sguardo il riccio.

«Oh...» mormora lui, passandosi una mano sul collo con una mossa rigida. «In realtà... il passaggio è offerto solo a quel babbeo neo mutante.» Indica Aaron, che ora sta per essere trasportato da una coppia di ragazzi verso l'automobile. «Voi dovete arrivarci da soli.»

«E se non ci presentassimo? Mi sono stufata di questa situazione assurda!» Jessica è più agguerrita che mai, fasciata dai suoi preziosi vestiti succinti.

«Ascoltami bene Ginger, diciamo che la tua vita ai miei occhi vale quanto quella del mio cane, ed io...» Abbassa il tono della voce. «Non ho nessun animale domestico.»

«Carina la battuta, la scriverò sul diario delle cose di cui non me ne frega un cazzo» biascica Abbey, sollevando di poco il capo e scoppiando successivamente a ridere. Connor inclina il capo, squadrando la bionda con uno sguardo lacerante; lo vedo stringere forte le labbra, per poi inspirare forte.

«Se non avete altre idiozie da aggiungere, io me ne tornerei alla mia calda e confortevole camera, piena di bottiglie di vino da consumare e di cuscini in cui sprofondare.» Ci dà le spalle, dirigendosi verso la portiera aperta.

«Ehi!» gli grido dietro, risvegliandomi dal coma apparente. «Che avete fatto a quelle persone? Perché adesso sembrano intontite?» domando, indicando un Ralph in stato confusionale. «Insomma... sembra che lui non sappia nemmeno dove si trovi!»

«Beh... dategli qualche minuto e si dirigerà con tranquillità a casa, credendo di aver appena finito, come al solito, un normale turno di lavoro» risponde, ancora voltato. «Mi raccomando, cercate di arrivare vivi, non vogliamo dover pulire il vostro sangue dai pavimenti.» Mette un piede nell'abitacolo. «Evitate di viaggiare di notte e non prendete strade troppo isolate.»

«Grazie papà, adesso ci puoi dire perché sei qui, perché quei tizi hanno creato tutto questo casino, assalendo quello smidollato e perché, anche se ho bevuto come una spugna, non sono ancora ubriaca?» Gli occhi azzurri di Jessica si annacquano di un rosso tenue, mentre la ragazza ancheggia, scalciando sassolini innevati.

Connor le lancia un'occhiataccia, girandosi di scatto. «Sono qui per lei.» Fa un cenno nella mia direzione. «E per lui.» Guarda con odio Aaron, sdraiato nell'auto. «E, purtroppo, per voi. Riguardo all'ultima domanda... probabilmente sei solo sfigata.»

The Mirror of ShadowsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora