▪️Capitolo XVII

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Salve gente! Leggete lo spazio autrice, è importante! Prestate molta attenzione a questo capitolo... contiene alcune rivelazioni. ⚡️

Jessica non ha i genitori. Jessica non ha una famiglia.

Ho appena finito di piangere, perché so che starò lontana per molto tempo dai miei genitori e da mio fratello, ma non oso immaginare come sia essere soli, senza una famiglia da cui tornare. Ovviamente quella ragazza resta ancora una persona terribilmente irritante, che tende a sfogare la propria rabbia sugli altri senza alcun apparente motivo, ai miei occhi. Però comincio a comprendere, credo, che la sua vita sia molto più complessa di quanto non sembri.

«Ah, Shannon» mi richiama April, rallentando il passo, «anche se non fossimo amiche, anche se non mi sentissi presa in causa come sono, non me ne tornerei all'Accademia.»

«Lo immaginavo, credo. Ti piace agire, non riesco proprio a vederti seduta in panchina» mormoro, sorridendo.

«Già... e poi... voglio capire dove accidenti sia finito quel pigrone dall'animo gentile di Tyler.» La sua voce diventa per un attimo tremolante.
«Farò un paio di domande a Phoenix, devo sapere com'è andato esattamente a finire lo scontro presso la nostra scuola.»

Appena giungiamo di fronte all'ampia porta che conduce alla sala da cui sono da poco scappata, ci rendiamo conto che non vola una mosca, c'è il silenzio assoluto. Varco la soglia, sperando di ottenere altre risposte, o, perlomeno, delle informazioni utili.

«Oh, Shannon! Avevo calcolato che saresti tornata tra circa sette minuti, ma, ancora una volta, mi hai stupito!» esclama gioioso Phoenix, mentre si alza in piedi.

«Perché proprio sette minuti?» domando, mentre April chiude la porta alle nostre spalle.

«Due per fuggire, circa dieci per riflettere e ricordare avvenimenti passati, cinque per riprendersi, diciamo otto per sfogarsi completamente e poi... ah, sì... circa tre per tornare; per un totale di ventisei. Tu ne hai impiegati soltanto diciannove!»

«Nuovo record della sfigata, questo sì che è da incorniciare» borbotta Jessica, scoccandomi un'occhiata truce. Senza accorgermene il mio sguardo indugia un po' troppo su di lei, infatti inarca entrambe le sopracciglia per dar vita ad una smorfia, che sta per "sfigata, vuoi una foto?".

«Dov'ero rimasto?» domanda poi l'uomo, grattandosi il capo. «Ah giusto, interessante. Hai notato il simbolo, dunque. Dove l'hai visto?»

È Sean a prendere parola, dopo essersi sporto in avanti: «Sulla macchinetta che ci ha permesso di accedere al passaggio segreto e sul dorso delle mani di alcuni mutanti. Cosa siete? C'è dell'altro oltre all'organizzazione amministrativa?»

«Quale simbolo?» April si accomoda al fianco di Abbey, che tiene la testa bassa, intenta a pensare a chissà cosa.

«Questo.» Sean afferra un foglio di carta, permettendoci di vedere l'argomento della discussione. Si tratta di un cerchio, tagliato obliquamente da una riga. Mi è familiare... devo averlo visto su qualche libro...

«È il simbolo matematico dell'insieme vuoto....» rifletto ad alta voce. Il Polaretto si volta nella mia direzione, lanciandomi un'occhiata indecifrabile.

«È esatto, Shannon. E per rispondere alla tua domanda, giovane mutante del ghiaccio, sì, c'è dell'altro» annuncia, annuendo. Mi pare di aver notato una luce cupa nei suoi occhi castani.

«Eccome se c'è!» grida River, animandosi improvvisamente. «Quel simbolo rappresenta la realtà del presente, la nostra.»

«Quella di prima era solo una presentazione formale, ragazzi.» Phoenix sospira. «Noi siamo il nulla. Io, a dir la verità non vi appartengo propriamente, ma mi piace pensarlo. "Cosa vuol dire?" vi chiederete. Esistiamo, ma nessuno se ne accorge; agiamo senza che gli altri ci vedano. Ecco cosa siamo. O meglio, cosa dovremmo essere.»

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