▪️Capitolo XXV

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Spesso ciò che viviamo, le nostre esperienze, non dipendono da noi. Spesso, possiamo solo limitarci a guardarci intorno sperduti, immersi nel marasma, nel caos. Oppure, come in questo caso, ci è appena possibile mettere a fuoco.

«Oh mio Dio! Ma che sta facendo?»

«Ha le ali!»

«Prendi il telefono! È una cosa troppo assurda!»

Tra le urla confuse delle persone, mi faccio spazio per raggiungere Sean, in piedi di fronte alla grata metallica. Sfortunatamente, i turisti si accalcano nel medesimo spazio, impedendomi di proseguire dritta e obbligandomi in un fessura, spiaccicata tra un uomo sconvolto e una donna palesemente confusa con in mano un binocolo per bambini.

Seguo il suo sguardo e mi ritrovo a fissare da lontano il tetto di un grattacielo. Non ho mai avuto problemi di vista, perciò riconosco subito che c'è qualcuno con i piedi ben piantati sulla sua superficie. Però... cosa sono quelle? Ali?

Strizzando gli occhi, identifico due soffici prolungamenti candidi, che partono dalla schiena dell'individuo, spiegati alla loro massima ampiezza, come delle angeliche ali. Per qualche strano motivo, però, la mia reazione non è quella di urlare o strepitare. Rimango ferma, l'aria frizzante che carezza le mie labbra dischiuse e una brutta... bruttissima sensazione.

La madre nell'atto di prendere per mano il suo bambino e tentare così di allontanarlo, lascia la presa sul binocolo, che blocco immediatamente in aria con il pensiero. Lo posiziono davanti ai miei occhi, ignorando gli insulti del piccoletto e cerco quello strano individuo.

Dapprima riesco solo a vedere azzurro su azzurro, qualche nuvola, un'antenna satellitare forse, e poi lo trovo. Lo vedo. Mi sembra di pesare il doppio, mentre brividi indesiderati percorrono la mia schiena. Che mi sta succedendo? Il mio corpo ricorda qualcosa che la mia mente ha archiviato?

È un ragazzo probabilmente sui vent'anni, a giudicare dai tratti e dall'assenza completa di rughe o qualsivoglia segno di un'età più avanzata. La pelle è lattea, puntinata di efelidi e in netto contrasto con la chioma color rosso carota. Tiene le braccia allargate ed un sorriso sbilenco è a prendere aria da non so quanto. Aumento lo zoom ed i miei occhi incontrano i suoi.

Sussulto, perché lui mi sta fissando. Le sue iridi color palude sono fisse nelle mie e trasmettono superiorità, arroganza e odio.

Il tempo di sbattere le palpebre che suo verde sporco è stato macchiato di un violetto mutante; la goccia si nutre del colore originale, ingrassando e sostituendolo completamente. Che tipo di mutante è? Che cavolo sta succedendo? Lui mi manda un bacio volante, seguito da un ampliamento in stile stregatto del sorriso.

Qualcuno mi strappa il binocolo e mi afferra saldamente per un braccio, interrompendo di conseguenza l'inquietante contatto visivo.

«Sage, dobbiamo andarcene, adesso!» urla Sean, gli occhi verdi in tempesta «Quel bastardo si è portato dietro qualcuno di poco simpatico.»

«Ma chi è?» domando confusa, mentre tento di opporre resistenza alla sua fuga. «Sean! Smettila di trainarmi come se fossi un rimorchio!»

«Perché sono ancora tutti qui? Le porte sono chiuse?» mormora, ignorandomi bellamente e sfruttando la sua altezza per osservare la situazione.

«Sean...» lo richiamo, attirando finalmente la sua attenzione.

«Ascoltami, quel tizio laggiù ha un potere parecchio pericoloso. Raggiunge un ampio raggio di azione e, come ciliegina sulla torta, è completamente fuori di testa. I folli come lui sono i più temibili, perché agiscono senza pensare » mi risponde, abbassando lo sguardo su di me «Sta solo attirando l'attenzione, capisci? È un esibizionista e questo è l'inizio dello show.»

The Mirror of ShadowsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora