▪️Capitolo XXVI

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«Guardi, le palpebre tremano. Shannon, puoi sentirci? Riducete l'intensità della luce, si sta svegliando.»

Dove sono?

Cerco di muovere le dita e apro la bocca per parlare, riuscendo a mala pena a mugugnare qualcosa di incomprensibile. Nell'aria che respiro aleggia uno strano odore di disinfettante e sento di essere osservata con apprensione.

«Richardson, hai avvertito il dottore?»

«Sì, sta arrivando. Shannon, riesci ad aprire gli occhi?»

«Dove...» sussurro con voce roca, aprendo un sottile spiraglio per la mia vista. Un'ondata di luce mi obbliga a chiudermi nuovamente nel buio, facendomi strizzare gli occhi. Ci riprovo ed inizio a sbattere le palpebre con difficoltà, come se fossero rivestite di colla.

Vedo figure indistinte bianche, lampade abbaglianti, pareti bianche, strani apparecchi. Alzo una mano e la spalanco e tento di metterla a fuoco. Mentre riacquisto anche l'udito, noto che dai miei avambracci scoperti e pallidi fuoriescono dei tubicini di plastica. Sono in ospedale? Che ci faccio qui? penso, incontrando lo sguardo sereno di un'infermiera.

«Sei in ospedale, Shannon. Rimanda le domande a quando sarai stabile, ora pensa a riprenderti» mi dice lei abbassando la mia mano scolorita.

«No... da...» passo la lingua sulle labbra secche e screpolate «quan...to so-o-no q...q...ui?» Dove sono i miei amici? Perché sono stesa su questo lettino?

L'infermiera sospira, guardandomi con compassione. «Da circa quattro mesi. A quanto hanno raccontato i tuoi genitori, sei caduta dalla finestra della tua camera nel tentativo di afferrare il tuo mp3. Fortunatamente non sei morta, sebbene il tuo corpo abbia riportato danni notevoli.»

No. No. No. Non è vero. Sta mentendo! Io non sono caduta. Io non sono andata in coma.

«No.. no...» la prime lacrime salate scivolano lungo le mie guance, depositandosi sul collo freddo «Io avevo un ipod! Non sono... c-c...aduta. Sono una mutante!» grido nel panico, dimenandomi sul lettino. Io sono una mens agens!

«Calmati! Shannon, hai vissuto in un mondo creato dalla tua testa! Questa è realtà.» Afferra entrambe le mia mani e sposta lo sguardo a sinistra. «Dottore, é restia ad accettare la verità. Cosa consiglia di fare?» stringe la presa, immobilizzando le mie dita. Mi sta facendo male... Mi lasci. Io so che quello che dico è vero.

«Bisogna agire immediatamente. Prepari la sala operatoria, la paziente è nella condizione ottimale per essere curata» asserisce perentoria la voce di un uomo.

«Io non ho bisogno di essere operata!» urlo in risposta, cercando di liberarmi dalla stretta soffocante dell'infermiera «Io so cosa sono! Non sono pazza! Lasciatemi!»

La donna chiama altri membri del personale ospedaliero e questi accorrono ubbidienti, avvicinandomi con aghi e cinghie. Tra le mie urla, lo sguardo dolcemente maligno dell'infermiera ed i miei pensieri confusi, si fa spazio il dottore, il mio esecutore.

«Dottor Xanders, vuole sedarla lei?» gli propone suadente l'infermiera, una volta assicuratasi che io sia legata al letto senza possibilità di fuggire.

Il mio incubo si china, mostrandomi i suoi occhi spiritati, specchi della mia paura. Non voglio... che cosa ho fatto di male?

The Mirror of ShadowsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora