Huntex/Huntelyn.

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C'erano volte in cui guardarla mi faceva ancora male. Vederla mentre cercava di lottare contro i sentimenti che provava per mio fratello, mi straziava il cuore. C'era un tempo in cui ero io combattere quello che sentivo per lei. Ci avevo messo anni a reprimere le emozioni che mi suscitava il solo averla accanto. Eppure, mi era ancora difficile impedire al mio cuore di struggersi per lei, quando la vedevo soffrire per Jared.
Alex si meritava di meglio. Meritava un uomo in grado di renderla felice e non un bambino che non era ancora arrivato ai patti con la realtà: Jared era da sempre innamorato di lei. Per questo non le avevo detto del suo trasferimento: anche se lei sosteneva il contrario, era ancora innamorata di lui. Forse, non avrebbe mai smesso di amarlo.

La osservai in silenzio mentre parlava con Jennifer, la donna che l'aveva cresciuta e che considerava una madre. Era così bella: anche quello faceva male.

«Dovresti tornare a casa, ogni tanto», le dissi, una volta terminata la videochiamata. Mi passai una mano trai capelli bagnati, odiavo la neve.

Lei mi studiò attentamente, soppesando le mie parole. Mi morse il labbro inferiore –cosa che faceva quando rifletteva attentamente su qualcosa- e si arrotolò una ciocca di capelli dorati intorno al dito.

«Che cosa ci fai qui?», mi chiese, chiudendo il pc.

Sollevai la busta con dentro le scatole del take way e gliela mostrai. «Ti offro la cena.»

Non mi sembrava arrabbiata, anche se non sarei mai riuscito a dirlo: Alex non si arrabbiava mai. Forse, era ancora un po' infastidita. Abbandonai il mio posto sulla soglia e entrai nella stanza, lei balzò in piedi e venne verso di me.

«Dove vai?» chiesi, allarmato.

«A prenderti un asciugamano», mi riferì, indicando la porta del bagno. «Non voglio averti sulla coscienza.»

Uscì dalla camera e mi lasciò lì. Mi tolsi il cappotto e lo buttai sulla sedia posizionata davanti alla scrivania, presi la busta e disposi la cena sul letto.

Alex tornò in stanza con un asciugamano e me lo lanciò in faccia. «Tieni.»

Okay, forse era un po' più che infastidita.

«Davvero molto gentile», la stuzzicai, asciugandomi i capelli con il telo di spugna. «Fuori si gela. Vivo qui da quasi cinque anni, e ancora non mi sono abituato al freddo.»

Mi ignorò, si sedette accanto a me sul letto e iniziò a servirsi da mangiare.
Era meglio chiarire la questione prima che fosse troppo tardi. Avevo accettato l'idea di non poterla avere al mio fianco come qualcosa di più, ma non volevo perdere la sua amicizia per colpa di Jared.

«Dobbiamo parlare», dissi, posando l'asciugamano sul letto.

«Io voglio mangiare.»

«Alex.» Si stava comportando proprio come una bambina. «Mi dispiace.»

Lei prese un piatto e iniziò a riempirmelo. «Ti ho già detto che va tutto bene, Hunter», replicò, passandomi la mia porzione. «Adesso mangia.»

La ignorai, come faceva sempre Jared, l'indifferenza era l'unica lingua che capiva. «Devi ascoltarmi», ingiunsi, appoggiando il piatto sopra una gamba.

Si girò verso di me e mi studiò con attenzione, faceva una male cane. Non volevo che soffrisse, non per uno Stewart. Non per lui. «Tu sei piccola e delicata, Alex», iniziai, sapevo che le mie parole le avrebbero fatto del male. «Jared è l'equivalente umano di un bulldozer. Non ha sentimenti, distrugge tutto ciò che incontra sulla sua strada.»

«Hai appena detto una cosa davvero orribile», mi rimproverò, posando la forchetta.

Ecco: ero stato io a ferirla.

«Non difenderlo, Alex», la rimproverai, con tono severo. «Sappiamo entrambi che è vero.»

«È tuo fratello, per la miseria, Hunter», sbottò, nervosa. «Non è giusto che tu dica delle cose del genere su di lui.»

Alex si voltò dall'altra parte, la mia mano si mosse da sola, e le presi il mento tra le dita: doveva guardarmi negli occhi. «Alex, lui non potrà mai darti ciò che vuoi.», mormorai. «E per quanto riguarda Jared, nemmeno lui sa quello che vuole.»

Con l'aiuto di una mano, si liberò dalla mia presa e annuì. «Ho capito.»

Ci sperai, perché volevo davvero che stesse alla larga da mio fratello. Riprese la posata tra le mani e iniziò a giocare con il cibo nel suo piatto: le avevo rovinato la cena.

Jo si affacciò sulla porta della camera e si sporse verso l'interno.

«Hunter, mi daresti una mano con Diritto Internazionale», mi implorò, usando la sua espressione da cucciolo. «Sto impazzendo.»

Colsi la palla al balzo, afferrai il mio piatto e mi alzai in piedi. Volevo lasciare ad Alex un po'di tempo per riflettere sulle mie parole.
Uscii dalla sua stanza e la lasciai da sola, seguendo Jocelyn lungo il corridoio fino alla sua camera.
Una volta dentro, la ragazza chiuse la porta a chiave e mi spinse verso il letto. Mi costrinse a sedermi e lei restò in piedi di fronte a me.

«Devo preoccuparmi?» mi domandò, puntandomi il dito contro.
Sul momento, non capii a cosa si stava riferendo. Avevo sempre trovato Jocelyn una tipa un po' strana: era completamente diversa da Alex. Era estroversa e sicura di sé, non aveva paura a mettersi in mostra e si divertiva a giocare con gli uomini. Era tosta, l'amica di cui aveva bisogno. «Sto parlando di tuo fratello, Hunter. Quanto è pericoloso?»

Pericoloso? Jared era un coglione, ma non era pericoloso. Ma aveva ragione, era probabile che Alex ne sarebbe uscita a pezzi.

«È innocuo, ma si diverte a darle fastidio.»

Lei espirò pesantemente e si sedette accanto a me. «È innamorata di lui, vero?»

Non lo negai, era impossibile farlo: bastava guardare il modo in cui i suoi occhi brillavano, quando si parlava di lui, per capirlo. «Da sempre.»

«E tu sei innamorato di lei.» Jo alzò le braccia al cielo, e si gettò sul letto. La imitai. «È un bel casino.»

«Tranquilla», la rassicurai. «Non provo più niente per lei.»

Girò la testa verso di me e i suoi occhi, dal colore così simile a quello dei miei, mi fissarono. «Dici sul serio?»

«Per lei sono solo un fratello maggiore.» Mi sembrò davvero preoccupata per me, per il mio cuore e per i miei sentimenti. Era la prima volta che qualcuno se ne accorgeva,  e provai uno strano sollievo nel parlarne. «E io ho imparato a vederla come una sorella.» Anche se era ancora doloroso.

«Se hai bisogno di parlarne, io sono qui», si offrì lei, mettendosi a sedere.

Mi tirai su anch'io e le sorrisi. «Dai, ti aiuto a studiare.»

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Non so se riuscirò a pubblicare il prossimo capitolo prima di sabato, quindi godetevi i sentimenti contrastanti di Hunter.

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