Capitolo 26. Cross-over. (pt. 1)

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ATTENZIONE, GENTILI LETTRICI.
Questo capitolo fa parte di un cross-over e contiene inevitabilmente spoiler inerenti a "The One" e "The First", le storie scritte da D_Jocelyn .
Se avete intenzioni di leggerle -o se le state già leggendo- vi consiglio di arrivare prima al capitolo 18 di TF -il secondo libro della serie-, e poi proseguire con la lettura di questo capitolo.
Buona lettura.

Un'ora. Ci era voluta più di un'ora per raggiungere l'aeroporto. E Jared, -l'unico di noi a possedere una macchina-, si era tenuto la Dodge. Quindi avevamo fatto tutto il viaggio pigiati sul sedile posteriore di un taxi.
I ragazzi stavano provando i loro pezzi per quella sera così, a me, Jocelyn e Hunter era toccato il compito di andare a prendere gli Stitches e le ragazze all'aeroporto internazionale John F. Kennedy.
Ero agitata: non vedevo l'ora di rivedere Red, ma ero anche in ansia per l'incontro con la ragazza di Adam e la sua migliore amica. La parte di me che voleva piacere agli altri e fare colpo su di loro era riemersa, e desiderava fare una buona impressione sulla donna che si era fatta strada nel cuore di Adam Baker, ispirandogli quelle bellissime parole.

La band si sarebbe recata subito al FREEDOM, per raggiungere i The Crows.
Io avevo programmato nei minimi dettagli l'intera giornata da passare insieme alle ragazze. Non avevo mai fatto caso a quante cose ci fossero da vedere a New York. In tre anni avevo visitato solo la metà dei posti che Google definiva dei veri e propri luoghi di culto. Mi sarei limitata a portarle nei più famosi. Non c'era abbastanza tempo, prima del concerto di quella sera, per vedere tutto.

«Oddio, Alex» esclamò Jocelyn, strappandomi dalle mani gli appunti che avevo preso nel corso delle mie ricerche. «Hai fatto dei cartoncini?»

«Sì! Va bene?», sbuffai, incrociando le braccia al petto, indispettita. «Nessuno di noi è originario di New York.»

Lei m'ignorò e lesse il primo foglietto, quello dedicato alla Statua della Libertà.
La Statua della Libertà, anche detta Lady Liberty, è uno dei monumenti simbolo della città, di tutti gli Stati Uniti e del mondo. È stata progettata da Frédéric Auguste Bartholdi, ero in modalità guida turistica.

Mi ripresi le mie note e cominciai a ripassarle, volevo dare alle ragazze una giornata che non si sarebbero dimenticate.

«Non andremo in nessuno di quei posti, dolcezza» disse Jo, sfilando il cellulare dalla tasca dei jeans, il suo viso s'illuminò –probabilmente per un messaggio di Shawn- e poi lo ripose. «Porteremo Red e le ragazze a fare shopping.»

Col cavolo, avevo passato giorno e notte a preparare la mia presentazione –ed a calcolare i nostri tempi, spostamenti inclusi-, non le avrei permesso di gettare all'aria tutto il mio duro lavoro.

Ero così agitata che quella mattina mi ero svegliata presto ed avevo cercato di sfogare la mia ansia nel solo modo che conoscevo: le pulizie. La sera precedente, mentre ero stesa a letto e non riuscivo a dormire per l'eccitazione, avevo stilato una lista delle cose da fare prima dell'arrivo delle ragazze; così mi ero messa subito all'opera. Avevo cambiato le lenzuola del letto e ne avevo messe di nuove, comprate appositamente per loro. Dopodiché avevo spalancato la finestra per cambiare l'aria della stanza, spolverato tutti i mobili della camera; lavato e lucidato il pavimento. Terminata la mia stanza; mi ero dedicata a tutto il resto dell'appartamento con un'attenzione quasi maniacale. Soddisfatta dal risultato ottenuto,  avevo svegliato Jocelyn da quello che poteva essere considerato a tutti gli effetti un coma vegetativo e l'avevo mandata in cucina a preparare la colazione, raccomandandomi con lei di non sporcare e di pulire tutto una volta finito di cucinare.
Lei aveva mugugnato qualcosa d'incomprensibile e poi era –letteralmente- rotolata giù dal letto. Quella era l'unica cosa che aveva fatto lei: rotolare giù dal letto e preparare la colazione per entrambe.

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