Capitolo 27. (Cross-over pt 2)

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ATTENZIONE, GENTILI LETTRICI.
Questo capitolo fa parte di un cross-over e contiene inevitabilmente spoiler inerenti a "The One" e "The First", le storie scritte da D_Jocelyn .
Se avete intenzioni di leggerle -o se le state già leggendo- vi consiglio di arrivare prima al capitolo 18 di TF -il secondo libro della serie-, e poi proseguire con la lettura di questo capitolo.
Buona lettura.
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Jocelyn era una specie di fornace. Il suo corpo irradiava calore come una stufa ed il caldo che emanava era insopportabile. Ogni volta che cercavo di allontanarmi da lei, me la ritrovavo addosso. Rimpiansi di non aver scelto di dormire sul divano, avrei sofferto di meno. Mi divincolai dal suo abbraccio e scivolai fuori dal letto, stirandomi i muscoli della schiena.

Era presto, ma qualsiasi cosa era meglio di quella bolgia infernale. Decisi di uscire per andare a correre. Sentivo il bisogno di stare un po' da sola, senza riflettere. Correre era un'ottima alternativa a qualsiasi cosa nella mia vita. Così presi i leggins, -che avevo preparato la sera prima-, una maglietta , le mie scarpe da ginnastica e andai in bagno. Feci attenzione a non fare rumore –non volevo far scricchiolare il pavimento in parquet del corridoio-, mentre passavo davanti alla porta della mia camera, dove Vicky e Giulia stavano dormendo. Quando avevamo discusso della sistemazione per la notte con Hunter; offrire il mio letto alle nostre ospiti, mi era sembrata la cosa più ovvia.

Sottoponevo il materasso al trattamento anti acari ogni mese e cambiavo le lenzuola quasi ogni giorno. E poi, le avevo comprate nuove appositamente per loro.

Entrai in bagno e mi cambiai velocemente. Infilai il pigiama nella cesta dei panni sporchi ed indossai le scarpe da ginnastica. Mi posizionai davanti allo specchio, raccolsi i capelli in una coda di cavallo e mi sgranchii il collo.

Tornai in camera di Jocelyn per recuperare il mio Ipod e le lasciai un biglietto nel quale le ricordavo che avevamo delle ospiti, e le raccomandavo di mettersi dei pantaloni addosso prima di iniziare a girare per casa. Percorsi il corridoio e mi fermai sulla soglia della cucina, dove Vicky era intenta a riordinare. Osservai il bancone della cucina, il ripiano era coperto di cibo.

Che Dio benedica Adam Baker per aver portato questa ragazza nella mia cucina, pensai annusando l'aria. Riuscii a distinguere l'odore del bacon tostato e delle uova, l'aroma dolce e delicato dei biscotti e il profumo dei pancakes. Victoria Canova, vuoi diventare la mia coinquilina? Provai a ricordare quand'era stata l'ultima volta che qualcuno aveva usato il nostro piano cottura per cucinare qualcosa di più di un semplice toast o della pasta, ma non mi venne in mente niente. Jo non cucinava da settimane. E io avevo desistito dopo il mio unico tentativo, tre anni prima, quando avevo quasi dato fuoco alla cappa mentre cercavo di friggere delle patatine.

«Victoria?» la chiamai, entrando nella stanza.

Lei sussultò spaventata e -per un breve istante- perse la presa del detersivo, che riuscì a recuperare prima che cadesse sul pavimento della cucina. Vicky si portò una mano al petto, e i suoi occhi incontrarono i miei. Era davvero molto carina, nella sua semplice tenuta da casa. I capelli scuri erano raccolti in una crocchia disordinata in cima alla testa, gli occhi verdi grandi e luminosi, le guance fresche e rosee. Victoria era una di quelle ragazze inconsapevoli della propria bellezza, semplice e meravigliosa. Era probabile che si guardasse allo specchio e non trovasse nulla di interessante, senza rendersi conto di tutte quelle piccole cose che la rendevano perfetta. C'erano cose di lei che invidiavo: le gambe lunghe e snelle, per iniziare. E non era piatta come una tavola da surf, cosa non indifferente.

Spostai il mio sguardo sul ripiano del tavolo, e lo studiai incuriosita.

Pancakes! Amavo quella ragazza.

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