Capitolo 30.

18.3K 664 441
                                    


«Ti prego.» disse Jo, sporgendo il labbro inferiore, congiungendo le mani di fronte a sé in segno di preghiera.

«No!» replicai, perentoria, tornando a concentrarmi sul mio libro di testo.

«Dai, voglio saperlo.» insistette, togliendomi il volume da sotto gli occhi.

«Per l'ultima volta, Jocelyn: no.» ribadii, voltandomi per guardarla.
L'espressione della mia coinquilina mutò, passando da un finto broncio ad un'aria indispettita.

«Perché no?» volle sapere, scuotendo la testa, contrariata. «Dimmi perché non vuoi dirmi se l'hai fatto o meno con Jared?»

Se l'hai fatto. Il mio naso si arricciò per il disgusto. Come potevano delle semplici parole sminuire così tanto qualcosa di importante? No, non avevo intenzione di dirle se l'avevo fatto con Jared.
Mi sporsi verso di lei, per sussurrare, e le strappai il libro dalle mani.

«Uno, perché siamo in una biblioteca, e non mi sembra il posto più adatto per parlarne.» le feci notare. «E, due, non penso che siano fatti tuoi.»

La sua testa non cessò di muoversi nemmeno per un istante. Ero certa che non avesse smesso di farlo nemmeno una volta – quando era in mia presenza –, negli ultimi tre giorni.
Cominciava a darmi sui nervi. Aveva iniziato lunedì sera, non appena Jared se n'era andato e da quel giorno era andata avanti a chiedermelo ogni volta che le si presentava l'occasione per farlo. Ovvero, ogni volta che ci trovavamo insieme in una stanza.

«Uno, quello che dici non ha senso. Come se i libri potessero sentirci.» commentò, roteando gli occhi al soffitto. I libri no, le altre persone presenti e sedute poco distante da noi però sì. «E sono una delle tue due migliori amiche, quindi, sono fatti miei.»

Oh, davvero? Dovevo controllare il contratto di affitto prima di firmarlo, non sapevo di essermi impegnata a parlare con lei della mia prima volta.

«Non ho intenzione di ripetermi.» sentenziai, lanciandole un'occhiataccia. «Non ti racconterò nulla.»

Lei alzò di nuovo gli occhi al cielo e scosse la testa, facendo ondeggiare il caschetto in cui aveva tagliato i capelli qualche giorno prima.

«Per chi mi hai presa? Non voglio mica i dettagli, se non vuoi darmeli. Mi basta che tu mi dica sì o no, tutto qui.» dichiarò, allargando le labbra in un sorriso, fingendo innocenza. «E come sono i suoi addominali.» aggiunse, portando avanti la sua recita. «E i suoi capelli, voglio sapere anche com'è passare le mani tra i suoi capelli.»

Ovviamente, perché non anche come bacia? Dato che ci siamo. Mi limitai a pensarlo, la mia amica non aveva bisogno di suggerimenti.

«Sì.» sbuffai, alla fine. «Per quanto riguarda i suoi addominali, se si comporterà bene, penso che avrai modo di vederli in prima persona.» Non che la cosa mi facesse piacere, ma dubitavo che sarei riuscita a costringerlo ad indossare una t-shirt se non aveva voglia di farlo. «E...»

Stavo per aggiungere che toccare i suoi capelli era indescrivibile, ma lei mi fermò.
«Lo sapevo!» esclamò, battendo le mani. «Quando sei tornata a casa quel giorno eri diversa.»

«Diversa?» domandai, confusa.

Jo annuì, sicura delle sue parole. «Diversa.» ripeté, picchiettandosi il mento. «Direi che ora sei meno timida, quando sei con lui.»

Timida? Scelsi di non chiedere ulteriori spiegazioni e di sorvolare su quella sua osservazione, riportando il discorso sul suo argomento iniziale. «E quella di passargli le mani fra i capelli è una sensazione indescrivibile.»

DelicateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora