Capitolo 17.

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Secondo la capo cheerleader Kacey, era una cosa molto carina che Jared volesse un mio parere sulle sue canzoni. Io non ero d'accordo: avevo problemi più importanti del suo ego da affrontare.

Per non parlare del fatto che, dovevo convivere con la nuova consapevolezza di averlo sentito ammettere che non gli ero indifferente; finalmente. Perché adesso? Non poteva scegliere un momento più difficile. Era già abbastanza complicato avere a che fare con Poppy, Jared era solo un'ulteriore fonte di stress. Molto attraente, ma -comunque- una fonte di stress di cui non avevo bisogno.

Non potevo nemmeno rifugiarmi nella cioccolata, visto che avevo deciso di dare un taglio alla mia dipendenza dall'endorfine. E anche la musica era fuori questione, non quando le canzoni dei The Crows erano li ad attendermi e tentarmi.

Il professore continuava a parlare, e ad illustrare i vari metodi di rilevamento dei dati utilizzati nel campo della ricerca psicologica, ma non riuscivo a concentrarmi. Guardai l'orologio sperando che le lancette si muovessero al mio comando, quelle restarono ferme al loro posto. Mai nessuno che collaborasse con me.  Forse era meglio così, a casa mi attendeva Jocelyn con le sue domande.

Alla fine della lezione Kacey raccolse le sue cose e si girò verso di me, con un sorriso stampato in faccia. «Posso chiederti un favore?»

Inspirai e trattenni il fiato, pizzicandomi la punta del naso tra pollice e indice. Lei mi piaceva –e molto-, ma era pur sempre amica di Chanel. Anche se iniziavo a pensare il contrario.

«Certo?», voleva essere una risposta, invece suonò come una domanda.

Avevo ancora delle remore nei suoi confronti.

I suoi occhi si illuminarono, e la ragazza giunse le mani in segno di preghiera. «Ascolteresti quelle canzoni? Ti prego.»

Ero confusa. Non che fosse una novità; nelle ultime settimane la mia vita era stata rivoluzionata così tante volte, che avevo perso il conto del numero dei cambiamenti che ero stata costretta a subire.

Le tempie ripreso a pulsare, mentre raccoglievo le mie cose e le infilavo in borsa.

Perché era così importante che ascoltassi quelle canzoni? Ne avevo già sentite un paio. E, sebbene il ritmo fosse coinvolgente, non c'era nulla di particolare nei testi da giustificare l'urgenza di Kacey.

«Certo?», ripetei, con poca convinzione.

«I beg you to stay, ascolta quella» insistette, prendendo una delle mie mani tra le sue. «Devi ascoltarla, Alex.»

NO. Quella era proprio l'unica canzone che non avrei ascoltato. Potevo anche affrontare tutte le altre, solo non quella. Non volevo scoprire chi stesse implorando di restare. O, perché lo stesse facendo. Non volevo sentire di una ragazza che lo aveva spinto a mettere in parole il suo dolore, a cantarlo ad alta voce e condividerlo con gli altri.

Mi limitai ad annuire, non sapevo cos'altro fare. Non potevo fare altro se non annuire. Ero diventata una di quelle bamboline con la testa dondolante: le persone mi spingevano il capo con un dito e io iniziavo a muoverla su e giù, senza mai fermarmi.

«È davvero bella, Alex.»

Non voglio saperlo, Kacey. Non avevo bisogno di sentirmi dire quanto fosse bella, struggente, toccante e commovente.

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