Capitolo 19.

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Erano ovunque. Riuscivo a vederli danzare nell'aria, illuminati dai raggi del sole che filtravano attraverso le tendine azzurre della finestra: granelli di polvere. Piccoli e odiosi granelli di polvere, che fluttuavano leggeri e delicati, per poi posarsi ovunque. Era dappertutto. Disgustosi. Presi la bomboletta di spray antipolvere e lo spruzzai sullo straccio, che passai sopra la scrivania.

«Morite, esseri disgustosi» inveii contro i miei nemici. «Perite.»

Osservai soddisfatta il risultato, il piano di legno laccato e lucido, perfettamente pulito e privo di qualsiasi traccia di polvere.

E uno era andato, restavano solo tutti gli altri mobili della mia camera. Quelli della cucina, del soggiorno e del bagno. Jocelyn avrebbe trovato inopportuno che mi intrufolassi in camera sua per pulire? No, ero certa che le avrebbe fatto piacere.

Mi spostai davanti alla libreria e ne svuotai gli scaffali, così da arrivare anche agli angoli. Il mio cellulare vibrò contro il fianco, dove l'avevo incastrato tra la pelle e l'elastico dei pantaloni del pigiama. Mi fermai per leggere il nome sul display, per accertarmi che non si trattasse di Jared, prima di rispondere. Il mittente era Red quindi risposi, misi la chiamata in vivavoce e posai il cellulare sul ripiano davanti a me.

«Ciao, Alex» esclamai, passando lo straccio sulla copertina di un libro.

«Lexy,» Quel nomignolo mi faceva alzare gli occhi al cielo ogni volta, non ero "Alex", non insieme a lei. «Stai bene?»

Ci pensai. Ero in piedi, respiravo e il cuore mi batteva nel petto, se escludevamo che non avevo chiuso occhio tutta la notte –di nuovo-, potevo affermare di star bene.

«Una meraviglia» replicai, spostando il cellulare sullo scaffale che avevo già pulito. «Tu, tutto bene?»

Red, una delle mie più care amiche, viveva a Los Angeles dove lavorava per un noto stilista. Il fuso orario e i suoi continui impegni lavorativi, non le impedivano di chiamarmi, scrivermi o volare a New York ogni volta che le era possibile. Era l'unica persona a cui avevo ammesso di essere innamorata di Jared. Non che per gli altri fosse un mistero, ero trasparente come l'acqua. Però con lei era stato diverso, l'avevo ammesso apertamente. Non mi avrebbe giudicato, soprattutto visto che a lei piaceva Hunter.

«Va tutto bene. Sono sommersa di lavoro, come al solito» mi riferì lei, riuscivo ad immaginarmela mentre si stringeva tra le spalle e scuoteva la testa, annoiata. Red amava il suo lavoro, ma era uno spirito libero e non le piacevano molto le restrizioni che questo le poneva. «Sto disegnando una nuova linea di scarpe, quando sarà pronta voglio sapere che cosa ne pensi.»

Annuii, pur sapendo che non poteva vedermi. Una pila di libri mi scivolò dalle mani, ed atterrò rumorosamente sul pavimento e su uno dei miei poveri piedi scalzi. Imprecai scalciando via i libri, e sollevai il piede per controllare che fosse tutto a posto.

«Lexy, tutto bene?» chiese lei, allarmata. «Che cosa è successo?»

Jared, ecco cos'era successo. Lui e le sue dannate canzoni, tutte meravigliose. E "I beg you to stay" che urlava, mi implorava e supplicava di ascoltarla.

«Niente. Stavo pulendo e mi sono scivolati dei libri di mano» le spiegai, piegandomi per raccoglierli e riordinarli.

Li impilai mettendoli in ordine alfabetico, per poi alzarmi e sistemarli sul loro scaffale. Bello e pulito, privo di tracce di polvere.

«Stai pulendo?» inquisì, l'altra sospettosa. «Perché?»

«Quei maledetti acari» la informai, come se fosse una cosa ovvia. «Non fanno altro che depositare i loro escrementi in giro»

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