Capitolo 16

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Mi sedetti sul divano del salotto di Sarah.

La stanza era grande abbastanza per contenere i due divani gialli, il mobile di fronte di legno chiaro e il tavolino basso al centro abbinato. La tovaglia a mo' di centrino era dello stesso motivo che decorava verticalmente le tende, come delle margherite intrecciate.

Le pareti color pesca completavano l'insieme con un tocco di dolcezza.

- Vuoi qualcosa da bere? Té? Caffé? - mi offrì Sarah.

La collega del mio fidanzato era tornata single quasi un mese prima. Il suo ragazzo era un dentista abbastanza particolare, con uno schema di vita estremamente definito e progettato nei minimi dettagli.

Non sono stati insieme per tanto tempo e anche quelle poche settimane a me sembrano troppe: com'è possibile sopportare qualcuno che ti dice l'ora esatta in cui puoi mangiare una mela?

E naturalmente era fissato con l'igiene e la pulizia. Mica faceva il dentista per caso.

Sarah aveva i denti molto più bianchi e dall'aspetto più sano quando stava con lui, ma il resto andava a pesare sullo stress e le occhiaie.

Io ed Anthony cercavamo di starle vicini, anche perché sua madre aveva avuto un attacco cardiaco che l'aveva spaventata molto e non era un bel periodo per lei.

Mi sentivo un po' a disagio con lei, a dire il vero, perché in quel periodo girava lo spot pubblicitario dedicato al Natale della Maybelline New York, in cui compariva il mio volto.

Non avevo molto da compiangere, ecco.

- Caffé. - risposi, con un piccolo sorriso.

Sarah sparì in cucina.

Osservai le piastrelle del pavimento color crema, pulite ma rovinate qua e là.

Immaginai Sarah in un attacco di isteria sfogarsi lanciando oggetti a caso.

Io ne ero capace. Non lo facevo semplicemente perché c'era Anthony a calmarmi.

In quel momento mi chiesi se stava con me solo per mio padre e gli affari oppure se apprezzava davvero qualcosa di me.

A modo mio ci tenevo e speravo che anche lui ci tenesse.

Sarah tornò con un vassoio su cui c'erano due tazze di caffé e lo appoggiò sul tavolino.

Presi la tazza e bevvi un sorso.

- Ora posa la tazza. È importante. - disse, in tono risoluto.

Ero preoccupata.

Sembrava che dovesse dirmi che aveva comprato una salopette.

- Sono incinta. - espirò.

Non vedevo la salopette.

Era peggio della salopette.

Preferivo la salopette.

E invece eravamo alle braghe.

Tentai di razionalizzare la cosa.

Era di Anthony il bambino?

Per un po' non fui capace di dire nulla, troppo persa nello shock per poter trovare la lingua e articolare qualcosa.

Che cosa avrei fatto se il bambino fosse stato di Anthony?

Dovevo insultarla?

Non eravamo neanche sposati io ed Anthony, non ne avrei tratto beneficio.

Peggio ancora, avevo paura di soffrire.

Non era un'immagine piacevole quella che avevo in testa.

Into You (Cameron Dallas)Where stories live. Discover now