118- Doubts

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Doncaster

Su una scala dallo zero al cento, potevo con certezza dire di esser stata colpita ed affondata da Louis completamente, senza alcun dubbio.

Era irritante dover ammettere che per farmi ammutolire o per impedirmi semplicemente di proseguire con la mia sicurezza, bastava mettere in mezzo Zayn e qualche altra parola.
E detestavo dover sembrare ancora così dannatamente vulnerabile ogni volta che si parlava di lui; soprattutto se lo facevo difronte a mio fratello, difronte a chi voleva dimostrarmi quanto fossi dannatamente stupida.

Ma fu inevitabile: molto spesso mi capitava di non controllare le mie azioni in situazioni decisamente meno importanti e, ahimè, quando si trattava di ciò che mi toccava nel profondo, non riuscivo a ragionare minimamente.

'Buongiorno ragazzi', la voce di mio padre interruppe di punto in bianco i miei pensieri, facendomi alzare automaticamente il capo nella sua direzione.

Lo vidi entrare in cucina con già la sua giacca
appoggiata sull'avambraccio e con la velocità di un fulmine, mentre si dirigeva verso il frigorifero per prendere la solita scorta di caffè della quale aveva bisogno per cominciare la giornata.

Entrambi seguimmo i suoi movimenti, io appoggiata al banco della cucina e mio fratello davanti a me, in silenzio, mentre aveva preso una pausa dalla sua lunga e noiosa colazione.

'Siete tornati a parlare, finalmente', osservò, aprendo lo sportello del frigorifero.

Un sospiro di frustrazione scappò dalle mie labbra, a quelle parole, e non potei far a meno di distogliere lo sguardo dalla sua figura e da chi avrebbe cominciato a parlare di argomenti scomodi da un momento all'altro.

Avevamo appena finito di discutere e di far a gara a chi fosse più bravo a ferire i sentimenti dell'altro e non avevo intenzione di sopportare un secondo round.

'Non abbiamo mai smesso di farlo in realtà', lo corresse mio fratello, con un cenno di seccatura.

Tornò poi alla sua tazza ed afferrò il telefono dal tavolo, portandolo sotto ai suoi occhi con distrazione.

'Beh sì, ma non in questo modo', rispose velocemente mio padre, rinchiudendo lo sportello con una rapida manata.

Andò verso la credenza e mentre reggeva tra le mani la piccola ampolla piena di caffè che mia madre preparava accuratamente ogni sera, tirò fuori una tazza dal suo interno, 'ultimamente io e vostra madre non facciamo altro che placare le vostre urla', affermò, alzando sbadatamente le spalle.

'Si può essere stronzi anche senza gridare, papà', lo informai infastidita, portando le braccia al petto.

Inutile dire che mi concentrai poi a guardare quale fosse stata la reazione di mio fratello, subito dopo aver sentito dire qualcosa chiaramente indirizzato a lui.

E rimasi ancor più contrariata quando notai a mio svanire che avesse letteralmente evitato la mia provocazione, continuando a fissare con disinvoltura lo schermo del suo cellulare.

Mio padre, proprio come suo figlio d'altronde, non rispose e si diresse con negligenza verso il tavolo, dove posò francamente la sua tazza e versò il caffè.

Tutti restammo in silenzio, persino il frastuono provocato dalle auto sembrò per un attimo adattarsi all'inquietudine che avvolgeva la nostra famiglia, cessando completamente.
Cessò per qualche istante, qualche lungo istante perso ad osservare gli inutili movimenti di qualcuno mentre cercavano le parole adatte da dire e l'argomento giusto da intraprendere, sapendo di non toccare tasti delicati.

Hostage II - ZAYNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora