140- Time to go

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Bradford

Gli agenti entrarono in casa come avvoltoi affamati e privi di tolleranza.
Sorvolarono la mia figura schiacciata al lato della porta e si intrufolarono nell'appartamento senza alcuna tregua, come se non ci fossi, pronti a mettere a soqquadro tre quarti delle cose e a spostare persino i mobili, se ce ne sarebbe stato bisogno.

I poliziotti si erano moltiplicati da quando avevo aperto la porta e non c'era una stanza di quella casa dove uno di loro non stava frugando nei cassetti.

Cercavano prove, forse persino nello scarico della doccia, e ne avrebbero trovate a volontà.

E girarono ovunque, con sacchetti trasparenti e scatoloni che avrebbero contenuto probabilmente tutti gli oggetti di mia proprietà, mentre io li fissavo dal mio angoletto con timore e desideravo davvero avere ancora quel carattere insopportabilmente sfrontato da affrontarli ed oppormi alle autorità.

Controllavano persino tra i cuscini del divano, sugli angoli del pavimento e ad ogni centimetro calpestabile di quella casa.


Durante quell'invasione poco gradita, mi ritrovai a guardare Bee ancora ferma al lato del tavolo e pietrificata da ciò che stava accadendo.
Fissava quelle persone sconosciute e terrificanti con disagio ed io facevo lo stesso da lontano, come un piccolo inutile ragazzino, mentre desideravo davvero andare da lei ed assicurarle che sarebbe andato tutto nel verso giusto.

E mentre i suoi denti serrati sembravano bloccarla da un pianto isterico, notai una donna riccioluta e piuttosto robusta avvicinarsi a lei, con gentilezza: 'può fornirci il suo nome è il suo cognome?' Le chiese, posando la punta della sua penna sulla pila di fogli che reggeva in mano.

'Bee', rispose lei, abbassando lo sguardo alla mano decisa e rapida della donna, che scrisse in un attimo il suo nome: 'Bee Tomlinson', aggiunse un attimo dopo, deglutendo rumorosamente.

Potei leggere la paura e l'angoscia nei suoi occhi, mentre fissava quella donna come un bambino fa con la propria maestra severa.

E prima che la donna potesse scrivere il suo cognome, alzò di scatto lo sguardo su di lei e la osservò accigliata: 'Tomlinson?' Ripeté, 'come l'altro indagato?' Chiese scettica.

'Sono sua sorella', taglio corto Bee, spostando nervosamente una ciocca dei capelli dietro all'orecchio.

E dopo qualche secondo di panico che la donna impiegò a fissare con stravolgimento la faccia di Bee, sembrò assimilare abbastanza la cosa scuotendo il capo e sbattendo rapidamente le palpebre, prima di tornare poi a scriverei i suoi dati con riservatezza.

'Può dirmi perché si trova qui?' Le domandò con freddezza, non appena finì di scrivere il suo nome, rialzando il capo: 'e dove era il giorno dell'omicidio?' Chiese ancora, fissandola.

E vidi Bee nel peggior stato in cui era mai stata, quando la donna aggrottò la fronte e la guardò con così tanto sospetto da farla sentire uno schifo.

E ricordavo perfettamente la sensazione del sentirsi il colpevole agli occhi di tutti, mente un'autorità ti guarda con poca fiducia e cerca di scovare l'inesistente colpa che è in te.
Era una delle sensazioni più umilianti e raccapriccianti nell storia delle sensazioni, probabilmente.

Tanto che seppur non avessi torto un capello a mio fratello, riuscivo comunque a sentirmi un'assassino crudele e una cattiva persona, sotto a quell'occhiata investigativa.

Per questo forse, quando vidi Bee in quelle condizioni, non riuscii più a trattenermi e camminai spedito nella loro direzione.
Fu come mettermi nei suoi panni ma in modo amplificato, visti i miei sentimenti.

Hostage II - ZAYNजहाँ कहानियाँ रहती हैं। अभी खोजें