131- Four am

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Bradford

Non mi aspettavo palloncini e striscioni con su scritto il mio nome, per il mio ritorno.

Non mi aspettavo nemmeno di guardare la città e tutte quelle piccole cose con estasi, come succede difronte a qualcosa di nuovo e sconvolgente.

Ma onestamente mi aspettavo delle persone contente e minimamente soddisfatte del mio ritorno a casa, sano e salvo.
Sano e salvo perché probabilmente avrei perso la testa all'interno di quelle quattro mura, circondato da infinite sbarre ed obbligato a condividere la cella con tizi molto più grandi di me ed accusati di enormi crimini.

Ma poi, aldilà di quella che era stata la reazione delle persone a me care, mi aspettavo anche maggior entusiasmo da parte di me stesso, forse.
Maggior entusiasmo per quando finalmente avrei messo i piedi fuori da quel posto e ad avrei toccato l'asfalto.
Maggior entusiasmo per quando il mio naso avrebbe respirato aria pulita ed avrebbe sentito sentito l'odore del freddo, al posto di quella tremenda puzza di sudore che spesso emanavano i miei coinquilini...

Avevo immaginato una reazione decisamente più toccante e significativa per la pioggia, per le pozze d'acqua sulla strada e per la nebbia che in Inghilterra, spesso e volentieri, accompagnava ogni giornata.

Erano tutte piccole cose che ormai programmavo dal primo giorno in cui ero stato rinchiuso lì dentro e che, onestamente, trovavo terapeutiche.
Probabilmente erano le cose come quelle a mantenermi attivo e a non lasciarmi crollare come chiunque altro, in un posto del genere, avrebbe fatto.

La speranza di trovare un'alternativa a quella prigione e di tornare libero per poter cambiare la mia vita e vivere tutte quelle minime cose che, tra quelle sbarre, sembravano assurde.

E quel giorno, il mio cuore, sembrò alleggerirsi soltanto percorrendo la strada per raggiungere la casa di Liam.
Alcun rumore rilassante delle automobili, alcun vento freddo e penetrante. Soltanto quella strada che forse percorrevo da quando avevo sedici anni e sulla quale, probabilmente, avrei potuto transitare persino ad occhi chiusi.
Quella strada mi fece sentire a casa, mi fece sentire nuovamente me stesso e lasciò raffigurare in me ogni minimo ricordo che avevo della mia vecchia vita, quella monotona e normale, della quale spesso ero seccato.

Fu bello ma non abbastanza da poter confermare con soddisfazione tutte le mie  presupposizioni su quali sarebbero state le mie emozioni, al ritorno.

E pensai a tutte quelle cose mentre percorrevo la strada di casa, senza nemmeno rendermi conto che ero quasi arrivato, con le mani nascoste nelle tasche della mia felpa e con un passo piuttosto spedito, mentre nella mia mente sovrastava il nulla.

Alcuna emozione, alcuna gioia ed alcun battito accelerato, nel calpestare i pochissimi metri che mi dividevano da dove per fin troppo tempo, avevo abitato.

E poi, soltanto dopo aver alzato lo sguardo ed aver incontrato l'immagine di quella casa, sentii uno strano senso di ansia crescere in me.
Un'ansia dovuta da tutte le cose che avrebbero popolato la mia mente una volta aperta quella porta, probabilmente.

Deglutii tutta la saliva che avevo in bocca e strinsi impulsivamente la mano in un pugno, quando arrivai difronte alla porta senza alcuna chiave e senza alcun effetto personale in grado di farmi entrare.
E soltanto dopo aver preso un profondo respiro ed essermi guardato intorno con difficoltà; battei le mie nocche contro il legno della casa dove ero cresciuto, sperando che all'interno vi fosse qualcuno.

Aspettai lì fuori per qualche secondo, ripensando al maledetto giorno in cui avevo deciso di accontentare Chloé e di lasciare l'America per ritornare a vivere in Inghilterra, nella vecchia casa dove abitavo con mio fratello.
E fortunatamente non ebbi il tempo per riflettere sui giorni trascorsi lì dentro, impiegati ad evitare di incontrare Bee e persi a domandarmi quale sarebbe stato il mio futuro con la mia nuova ragazza.

Hostage II - ZAYNWhere stories live. Discover now