126- Abstinences

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Bradford

'Sono le due di notte e siamo nel retro di un carcere', ricapitolai, deglutendo rumorosamente la poca saliva che avevo in bocca.

'E ancora peggio, abbiamo bussato da venti minuti e nessuno ha ancora aperto questa porta di merda', concluse Liam, con un evidente cenno di irritazione nella sua voce.

Sbuffai sonoramente, valutando il fatto che aveva decisamente ragione e che da circa mezz'ora eravamo lì fuori al gelo, con le mani infreddolite e nascoste nelle tasche dei nostri cappotti.

Ci eravamo fidati della parola di Zayn e di ciò che Margot, la donna di colore che sorvegliava quel posto, gli aveva messo a credere. Ed avrei mentito se, a distanza di tutto quel tempo, avessi detto di essere ancora sicura che qualcuno sarebbe venuto ad aprirci ed avrebbe rischiato il posto per tre stupidi ragazzini.

Ma nonostante tutti i nostri pensieri negativi e le validissime intenzioni di andarcene da un momento all'altro; le speranze furono le ultime a morire e qualche istante dopo, la porta malandata ed arrugginita che avevamo difronte si aprì leggermente, facendo spuntare la familiare faccia della donna dall'interno.

'Eccovi qui', sospirò indignata, spostando i suoi enormi occhi scuri su di Liam.

Lo osservò attentamente, probabilmente ancora poco convinta dal suo viso docile e delicato, dopodiché lasciò spalancare completamente la porta e ci fece cenno di entrare.

La donna ci voltò le spalle e prese a camminare con un passo svelto verso chissà quale metà, immersa nel buio di un corridoio deserto e probabilmente chiuso da anni.

Io e Liam la seguimmo, camminammo dietro di lei mentre la tensione cresceva notevolmente lungo le nostre ossa ed arrivava diritta al cervello.
Eravamo nervosi, agitati e probabilmente abbastanza da non lasciarci ragionare lucidamente durante quei pochissimi metri percorsi.

Arrivammo in un angolo leggermente più illuminato di quel posto, alla fine del vasto corridoio inquietante, dove vi erano tre porte ed una sola lampadina appesa al soffitto.

La luce era fioca, a dir poco inutile in quelle circostanze; ma nonostante questo, riuscimmo ad udire il rumore del mazzo di chiavi che la donna aveva addosso, mentre invano cercava di capire quale fosse quella per aprire la porta difronte a noi.

'Non posso darvi tantissimo tempo', disse distratta, infilando contemporaneamente la chiave nella serratura: 'è una cella privata e già spostarlo qui non mi era permesso', ci informò.

E subito dopo le sue parole, la porta che avevamo difronte si spalancò e cigolò rumorosamente, mostrando al suo interno una stanza tetra ed altrettanto scura, illuminata da una sola lampada che si trovava all'angolo della stanza, sopra ad un piccolo e vecchio comodino.

La luce era calda, debole, ma comunque riusciva ad illuminare abbastanza da lasciarmi vedere un letto sul fondo della stanza, dove qualcuno era seduto con le spalle contro il muro e le gambe penzolanti.

Il suo sguardo era rivolto al soffitto, senza alcun tipo di interesse, e bastò il semplice rumore dei nostri passi per farlo scattare a guardarmi.

I miei occhi si posarono subito sul suo volto, sul volto di Zayn che richiamò la mia completa attenzione al solo accorgermi dei lividi violacei che marchiavano i suoi occhi.

Hostage II - ZAYNWhere stories live. Discover now