119- Craze

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Bradford

L'esterno di quell'abitazione era sempre lo stesso: gli stessi lampioni ai margini della strada, le stesse mura malandate ed il solito portone da dove ero entrata svariate volte e dal quale però non ero mai uscita illesa.

Rimasi per qualche minuto a riflettere, qualche inutile minuto nel quale mi domandai se per l'ennesima volta stessi commettendo un gravissimo errore.

Mi era capitato spesso di seguire il mio istinto, di lasciarmi trascinare dalla curiosità e da quell'insopportabile sensazione di incomprensione; ed ogni volta ero finita per fare un casino e per rimpiangere quei momenti di ordinaria confusione nei quali mi domandavo se seguire il mio cuore o meno.

I miei occhi osservavano quella casa con preoccupazione, con un senso di vuoto che soltanto quando mi capitava di ripensare a ciò che era successo dietro quelle mura, riuscivo a sentire.

Era così isolata, così lontana dal centro della città e così dannatamente colma di ricordi che fu inutile guardarmi intorno, domandandomi se nel caso fossi finita nei guai, sarei poi riuscita a fuggire.

Era ovvio che soltanto la fortuna sarebbe stata in grado di salvarmi, semmai fossi ricaduta in una trappola ed avessi avuto bisogno di fuggire.

Deglutii rumorosamente e feci qualche lento passo sulla ghiaia, spegnendo per qualche secondo la mia mentre e trascinando contemporaneamente i miei piedi verso quella porta chiusa.

Cercai in tutti i modi di cancellare dalla mia testa il passato, di non lasciarmi demoralizzare da ciò che era successo svariate volte oltre quella soglia; ma fu inevitabile non ricordare la prima volta in cui entrai all'interno di quella casa con la mano avvinghiata a quella di Zayn.

Non mi fidavo di lui, era colui che con arroganza mi aveva strappato via dalla mia vita quotidiana e nonostante questo la mia testardaggine e la mia tanta paura di entrare in quella casa mi costrinse a prendere la sua mano.

Detestai quella frazione di tempo in cui i nostri corpi ebbero un minimo contatto. Pensai di non voler mai più percepire il calore della sua pelle contro la mia.

Ero il suo ostaggio, ero la persona che aveva portato via con la forza, mentre per me era il rapitore spietato che sarebbe stato in grado di uccidermi, pur di avere cosa desiderava.

Lo temevo, temevo semplicemente l'idea di guardarlo diritto negli occhi.

E mi venne quasi da ridere nel ricordare tutto ciò che passava nella mia mente in quell'interminabile periodo che trascorsi segregata a casa di Zayn.
Era beffardo il modo in cui il destino aveva giocato le sue carte ed aveva barattato letteralmente la mia vita, congiungendola perfettamente alla sua.

Nemmeno nei miei più contorti ragionamenti avrei avuto la fantasia necessaria per immaginare che un giorno mi sarei innamorata di lui ed avrei invece desiderato sentire le sue mani addosso.

Scossi rapidamente la testa e cacciai via quei malinconici pensieri dalla mia mente, considerandoli soltanto una ragione in più per restare impalata difronte alla porta senza concludere niente.

E senza pensare troppo a fondo prima di muovermi, allungai una mano verso il campanello e premetti l'unico pulsante presente su di esso.

Riuscii ad udire il suono del campanello provenire dall'interno e, a seguirlo, quasi come se qualcuno mi stesse aspettando; la porta si spalancò davanti ai miei occhi e mostrò la figura parecchio agitata di Niall.

Hostage II - ZAYNWhere stories live. Discover now