132- Amusement

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Bolton

Erano passati parecchi giorni da quando ero tornato a casa dal mio lungo soggiorno al carcere di Bradford, e le cose, almeno per me, non erano cambiate poi così tanto.
Ero passato dall'essere rinchiuso in mezzo a numerose sbarre di ferro a starmene rinchiuso in camera, sotto le coperte, seduto sulla scrivania o semplicemente in cucina, per cercare qualcosa da mangiare.

Chloé passava parecchio tempo fuori casa, probabilmente per come l'avevo trattata qualche giorno prima, quando avevo cercato in tutti i modi di evitarla.
Ma comunque, quando tornava, si fingeva spesso tranquilla e calma nei miei confronti.

Era una ragazza strana, lo sapevo dal primo giorno in cui l'avevo incontrata in discoteca, e di certo non ero nella posizione di lamentarmi.
Forse per questo, senza aprire bocca, continuavo a fingere che non fosse successo niente e che il suo atteggiamento nei miei confronti fosse del tutto normale, con la speranza che il tempo la facesse ritornare in se stessa.

Preferivo che restasse arrabbiata dentro e che non venisse da me a chiedere spiegazioni, a fare scenate o ad affrontare lunghe discussioni alle quali non ero minimamente pronto e per le quali non avrei mai dimostrato la giusta attenzione.

E poi c'era la mia vita, i miei problemi e la mia voglia di uscire all'aperto ed andare a fare un giro al cimitero, dove avrei trovato la tomba di mio fratello.
Non volevo essere ipocrita e dire di essere affezionato a lui come lo ero con Harry.
Onestamente non era complicato per me, ammettere di non aver avuto mai un buon rapporto con Niall e con il suo carattere fuori dalle righe.

Ma lo consideravo comunque parte della mia infanzia, sangue del mio sangue e qualcuno con il quale ero cresciuto.
Per questo, anche se mi aveva dato del filo da torcere ed aveva impiegato ben tre quarti della sua esistenza a complicarmi la vita, non riuscivo comunque a portare ancora rancore nei suoi confronti.

E poi mi sarebbe piaciuto uscire ed andare in qualche locale a far passar meglio le mie serate. In qualche locale dove avrei potuto giocare a biliardo, in qualche locale dove avrei potuto parlare con qualcuno o in qualche pub dove avrei cancellato i miei problemi con qualche sigaretta in più e della musica forte.

Poteva sembrare strano da parte mia, forse perché ero da sempre stato contrario al divertimento, alla musica troppo forte, alla gente sudata e alle piste da ballo.
Ma dopo troppo tempo passato nel posto sbagliato e con le persone sbagliate, potevi con gioia ammettere di provare nostalgia per le vecchie e patetiche feste alle quali Liam mi invitava.

Ma ahimè, restavo comunque un assassino al di fuori di quella casa.
Potevo esser stato prosciolto, potevano aver dato le giuste colpe a Louis Tomlinson per quel maledetto omicidio; ma agli occhi di tutti restavo comunque l'assassino accusato dell'omicidio di suo fratello e la cosa mi faceva sentire particolarmente a disagio.

Anche questo era strano da parte mia, se non assurdo. Io che mi sentivo a disagio in mezzo alla gente pronta a giudicare o a puntare il dito.

Ebbene sì, avevo il voltastomaco al solo immaginare tutti gli sguardi delle persone, tutti i pensieri negativi e tutto quel bisbigliare all'orecchio di chi mi vedeva e chiamava il suo migliore amico per avvisarlo di aver appena visto Zayn Malik e di averlo visto libero.

Non riuscivo ad accettare l'idea che la gente potesse guardarmi e riuscisse ad immaginare in me qualcuno di così crudele, qualcuno di così pazzo e spietato capace di porre fine alla vita di suo fratello.
Non ero più Zayn, soltanto Zayn ed un ragazzo qualsiasi incontrato per strada, dalle braccia cosparse da tatuaggi incomprensibili e con i limitamenti occidentali, misti a quelli inglesi.

Hostage II - ZAYNDove le storie prendono vita. Scoprilo ora