Cap. I

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Ciao a tutti! Mentre cercavo l'ispirazione e la voglia per finire le altre due storie che ho pubblicato, mi è venuto in mente un'altra storia, che sembra scriversi da sola. Quindi...buona lettura.

Per essere unici bisogna
essere diversi
- Chanel

Sofia's POV

La porta della mia stanza si aprii senza preavviso, facendomi alzare lo sguardo da " Belli e Dannati", uno dei libri che la prof ci aveva assegnato da leggere durante le vacanze estive. Sinceramente non ne potevo più di Gloria, e nemmeno di Antony, ma dovevo finire il libro per poi passare al successivo. E poi Fitzgerald scriveva bene, anche se ogni volta che lo nominavo mi veniva in mente il professore Ezra Fitz, di Pretty Little Liars.

- Cosa c'è papà? - chiesi leggermente perplessa. Ero quasi alla fine, un centinaio di pagine e arrivavo al traguardo.

Squadrai mio padre per bene, notando che non aveva più la maglietta larga e i pantaloni della tuta, ma un paio di jeans e una camicia azzurrina con le maniche arrotolate; il volto fresco di barba.

Non era per niente positivo.

- Una mano sarebbe gradita. Tua zia non arriverà prima di un'ora. E, da quel che mi risulta, abiti anche tu in questa casa –
- Quarantacinque minuti - lo corressi lanciando uno sguardo alla sveglia che avevo sul comodino. Segnava le 12:15 precise. – La zia arriverà a mezzogiorno. Fra quarantacinque minuti... Quarantaquattro -
- Quello che è –
Alzai il libro, nel caso non lo avesse visto. - Sto facendo i compiti! -

- Tu fai sempre i compiti! - commentò alzando le sopracciglia e posizionandosi autoritariamente davanti al mio letto. Da quando aveva iniziato ad andare a correre le mattine libere, per tenersi in forma, aveva preso massa muscolare e faceva decisamente più timore del magrolino che era prima. – Avremo ospiti fra poco. Alzati e vieni a darmi una mano! – continuò, senza ammettere ulteriori discussioni.

- Va bene! Come vuoi tu - sospirai, facendogli vedere che infilavo il segnalibro e chiudevo il libro, per poi lasciarlo sul comodino accanto agli altri tre che stavo leggendo nello stesso momento. Ogni tanto mi piaceva leggere più libri in contemporanea, in modo da cambiare nel caso uno iniziasse ad annoiarmi.
Mi alzai dal letto e leggermente scocciata lo seguii verso il salotto che il giorno prima era stato meticolosamente tirato a lucido da Goceh ( spero si scriva così!), la donna delle pulizie che da qualche anno veniva a pulire, questo perché mia zia non poteva più. A volte lo facevo io, ma mio padre dicevo che ero troppo maniaca dell'ordine e non voleva vedermi perdere giornate intere per pulire persino le incanalature delle mattonelle in cucina.
Era successo solo con una volta e mi era servito per sfogare la rabbia, ma non mi consideravo per nulla una maniaca dell'ordine.

Il divano di pelle beige ad L non aveva più la copertura morbida per evitare eventuali macchie, e il mobile davanti con la Smart TV era stato spolverato e tutti i manuali di medicina di papà erano stati ordinati in pile in base al numero di edizione, dalla sottoscritta. Goceh si era limitata a metterli in ordine sparso.

Sul tavolino basso era stato messo un vaso con dentro fiori vari: rose bianche e rosse, tulipani azzurrini e rosa e dei gigli bianchi ( i miei fiori preferiti ), in modo da rendere la casa più colorata e profumata. Come se i diffusori di odori, con cui mi padre era fissato, non bastassero.

Le grandi portefinestre, anche quelle tirate a lucido, erano spalancate e dal terrazzo arrivava odore di fumo e carbone, il che era normale visto che mio padre aveva acceso il barbecue per una grigliata. Una grigliata che avrei fatto molto più volentieri se non avesse compreso ospiti che non avevo mai visto.

- Usa il servizio quadrato. Quello che abbiamo usato anche l'ultima volta! - suggerì papà rientrando in casa con un succulento piatto pieno di salsicce crude.
- Va bene - annuii, dirigendomi verso la piattiera, un vero pezzo di antiquariato risalente all'inizio del XX secolo ( che stonava completamente con tutto il resto), e iniziai a tirare giù i piatti quadrati e a portarli sul tavolo di legno in terrazza.

Faceva un caldo bestiale, e forse sarebbe stato meglio mangiare all'interno con l'aria condizionata invece di portare fuori il piccolo ventilatore che non faceva nulla, se non un poco di vento. Non abbastanza per evitare di sciogliersi come la strega dell'Ovest nel Mago di Oz.
Ma mio padre aveva deciso la terrazza e nessuno gli avrebbe fatto cambiare idea.

Il lato positivo era che c'era una bella visuale sul parco, sugli alberi e i palazzi circostanti non erano troppo imponenti e opprimenti. In effetti era anche una bella vista.

Il lato negativo è che soffro di vertigini e non riesco ad avvicinarmi al bordo se non per pochi secondi, accompagnata da giramenti di testa e nausea. Decisamente non bello.
Ed eravamo solo al terzo piano!
Una volta abitavamo al quinto, ma grazie al cielo ci siamo trasferiti o non sarei riuscita nemmeno ad affacciarmi alla finestra. Quella di camera mia era perennemente chiusa e coperta da spesse tende e quando volevo aprirla era sempre una lotta contro me stessa. Avevo provato a farmi passare questa insensata fobia, poco alla volta mi avvicinavo alla finestra e guardavo giù, per poi mangiare del gelato al cioccolato come consolazione. Ma non era servito a molto, se non a farmi aumentare ancora di più il terrore per l'altezza.

Una vera fortuna che ci eravamo trasferiti, almeno non dovevo più chiamare mio padre quando avevo caldo e dovevo aprire la finestra!

Le tovagliette orientali, che ci aveva portato lo zio Franco dal suo viaggio, erano già state sistemate ordinatamente: quattro per lato, insieme alle rispettive sedie, più una a capotavola: il posto di mio padre, come se non fosse evidente che era lui che comanda in casa. Eravamo solo io e lui, e ogni tanto la zia Elisa.

Dovevo fare i segnaposti, in modo da non ritrovarmi vicino a uno dei quattro ( si, sono quattro ) figli del collega che mio padre aveva invitato.
Non mi sarei sentita per nulla a mio agio e sarebbe stato solo imbarazzante.

Tornai dentro a prendere i bicchieri della Nutella con le immagini delle Winx o con Topolino e gli altri della Disney, che fin da bambina mi piaceva collezionare, e mi misi quello con Minnie. Ci ero affezionata a quel bicchiere.

Una volta terminato il mio apparecchiamento (esiste!?), andai sul divano a rilassarmi aspettando che arrivasse la zia, e poi gli ospiti indesiderati.

Naturalmente in televisione non facevano mai nulla, non che volessi vedere qualcosa in particolare, anche perché in quel caso avrei potuto usare Netflix. Fortunatamente il citofono suonò e, prima che potessi farlo io, mio padre rispose sorridente.
- Ciao Elisa. Si, ti mando giù Sofia - . riattaccò e si rivolse a me. – Sofia, vai tu incontro alla zia? - domandò, anche se non era una domanda.

- Non vedo nessun altro – replicai ovvia, alzandomi e infilandomi le infradito con il pizzo che avevo comprato qualche mese prima, nella nostra vacanza in Grecia. La prima vera vacanza che facevamo da anni.

Iniziai a scendere accompagnata dal rumore delle infradito contro i gradini in marmo fino a quando non raggiunsi la sorella di mia madre al secondo pianerottolo.

Molte volte l'avevano scambiata per mia madre, anche se non ci ho mai visto tutta questa somiglianza. Ed è anche decisamente più giovane. Se fossi stata sua figlia mi avrebbe dovuto avere a diciotto anni.

Forse erano gli occhi nocciola chiaro, anche se i suoi avevano sfumature verdi, mentre i miei erano più verso il castano. E poi lei aveva i capelli ricci e scuri, mentre i miei erano mossi e di un castano chiaro stranamente naturale, con qualche colpo di sole.  Una delle poche cose che ho sempre apprezzato di me, il resto lo cambierei. Soprattutto il colore dei miei occhi, magari con un azzurro ghiaccio o un grigio blu.
Quelli si che mi piacciono.

Come Neve D'EstateWhere stories live. Discover now