Cap. XVIII

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Eppure una delle sensazioni più
belle  rimane guardare qualcuno e
accorgerti che il suo sguardo
era già su di te
Anonimo


Non ci potevo credere. Lo avevo fatto veramente. E non sapevo il perché.

Sapevo solo che le mie gambe, fuori dal mio controllo e dalla mia volontà, si erano alzate e avevano iniziato a camminare giù per le scale, per poi uscire dalle porte antincendio che i ragazzi usavano per sgattaiolare fuori per fumare. Era puzzolente quel primo pezzo, ma una volta superata la nube di fumo, l’aria era decisamente migliore.

Si era anche alzato il vento, e minacciava pioggia. Il che sarebbe stato gradito, visto che ormai l’estate si stava allontanando. Le stagioni sembravano tutte scombinate!

Ero arrivata al parcheggio delle bici come un automa, chiedendomi se non fosse uno scherzo o qualche burla per prendersi gioco di me. Perché mai avrebbe voluto incontrarmi proprio lì.

Okay, era stata una pessima idea.

Mettendo le mani in tasca, dopo qualche minuto che non arrivava, decisi che non volevo essere la vittima di quelli scherzi cretini, anche se dubitavo che avrei fatto la stessa fine che Carrie in Carrie e lo Sguardo di Satana. Feci per andarmene quando lui apparve a bloccarmi la via di fuga, e anche il respiro per un attimo. 

Indietreggiai, troppo vicina per poter mantenere un minimo di lucidità. Ne avevo bisogno se volevo uscire viva da quel posto.

– Sei venuta – commentò, osservandomi da capo a piedi e facendomi sentire nuda. Aveva quello strano vizio e iniziavo a non sopportarlo più.

– Ne dubitavi? –

– Onestamente? Si –

Incrociai le braccia, notando che non aveva più il capellino che si era messo prima di uscire all’intervallo. Era forse tornato in classe? O magari lo aveva dato a Diego.

– Come mai hai voluto vedermi? –

– É vietato? – replicò con un’alzata di spalle.

Sospirai rumorosamente, facendo per andarmene. E ancora una volta me lo ritrovai davanti, troppo vicino. – Okay, mi dispiace –

Alzai un sopracciglio, chiaramente perplessa. – Per cosa, esattamente? Per quella volta che mi hai toccato il culo in piscina – si, non l’avevo ancora mandata giù. – O quando mi hai baciata sul tuo letto? –

Ed ecco che comparvero quelle fossette, portandosi via un po’ della mia lucidità. – Dovrei dispiacermi? –

Per la prima si, per la seconda.. bhe, nemmeno io ero dispiaciuta. – Non dovevo venire – mi limitai a dire, provando a oltrepassarlo.

Naturalmente il mio metro e sessantacinque contro il suo metro e ottanta non valeva nulla, e non ne rimasi nemmeno molto sorpresa quando mi afferrò i polsi allontanandoli da dove i miei pugni si stavano dirigendo.

– Parecchio agitata? –

– Lasciami andare – gracchiai, deglutendo una palla di fuoco. Perché le mie gambe non si muovevano? Traditrici!

Io volevo tornarmene in classe e quelle sembrava avessero messo radici e non mi permettevano di allontanarmi dall’Idiota sempre più vicino.

Come Neve D'EstateWhere stories live. Discover now