Cap. II

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Sono sempre le nostre aziono a far capire chi siamo, non le parole.
Le azioni dicono chi sei, le parole chi credi di essere.
- Anonimo.

SOFIA

- Ciao Sofi - mi salutò la zia dandomi un bacio sulla guancia mentre prendevo una borsa della spesa marchiate Esselunga, delle tre che aveva in mano.
- Ciao zia. Come va? -
- Per il momento va. Tuo padre è in agitazione per gli ospiti? -

Annuii, trasportando le bibite decisamente pesanti. Forse avrei dovuto prendere i tovaglioli e i bicchieri, ma non volevo far portare tutto il grosso alla zia. – Proprio non la capisco tutta questa frenesia di quando arrivano gli ospiti! Diventa sempre cosi isterico, come se nulla andasse bene –
- Sofi devi capire che tuo padre non ha ospiti da tanto tempo e anche lui si agita. Non vuole fare brutta impressione! -

– Si, ma arrivano fra mezz'ora! Nemmeno io ero così al mio primo giorno di scuola! –

La zia sospirò. - Vedila in questa maniera: devi sopportarlo solo fino a quando non arrivano gli ospiti -

- Si, e poi devo sopportare gli ospiti! - commentai, non del tutto acida.

Sapevo anche essere peggio. - Tu li conosci? Cioè, papà mi ha detto che è un suo collega di lavoro da qualche mese e che è sposato e ha quattro figli. A te ha detto altro? -

- Mi dispiace Sofi, ma so esattamente le stesse cose -

Fui leggermente delusa, anche perché se ci fosse qualche ragazzo carino della mia età mi sarei potuta mettere qualcosa di più che dei miseri pantaloncini dei jeans e una canottiera bianca con del pizzo dietro. E sicuramente mi sarei truccata un po' di più, con il risultato di sembrare un pagliaccio dark e finire in camera mia alla prima occasione. Per la vergogna ( non pensate male!).

- Dopo provo a informarmi con tuo padre - mi assicurò facendomi l'occhiolino, probabilmente intuendo i miei pensieri.

Non avevo mai avuto un vero e proprio ragazzo, a meno che non contassero i fidanzatini delle elementari: quelli con cui stai un giorno e poi ti lasci per passare al compagno che in quel momento ha un giocattolo più affascinante.

Mi piaceva divertirmi, certo, e anche stuzzicare, ma finiva tutto lì. Non mi fidavo facilmente delle persone e facevo fatica a legarmi a loro, cosa decisamente negativa per una relazione.

Poi, qualche settimana dopo la scuola, la mia migliore amica, pazza quanto me, mi aveva trascinato a festeggiare il suo diciassettesimo compleanno in una discoteca con alcuni amici più grandi che ci avevano offerto da bere. Ero tornata a casa alle quattro del mattino. Da allora mio padre mi teneva sigillata in casa come una suora, nemmeno se avessi voluto sarei potuta uscire. E non avevo neanche bevuto!

Avevo passato il resto del tempo a rispettare le regole e cercare di riconquistare la sua fiducia. Sapevo che quello che avevo fatto era sbagliato, e me n'ero pentita l'attimo dopo, ma ero pur sempre un'adolescente e avevo il diritto di rivendicare le pazzie legate alla fascia di età.

- Ciao Damiano - salutò la zia entrando in casa e andando verso la cucina, troppo grande per i miei gusti, dove salse, scatole di carne e piatti con contorni erano posizionati a ogni angolo disponibile sui piani in marmo grigio.

- Ehi Elisa. Come stai? -

- Bene, grazie. Mi dispiace che Claudio non sia riuscito a venire. - disse, riferendosi al suo nuovo, e probabilmente momentaneo, compagno. Lavorava nel mondo della pubblicità, anche se non avevo ben capito cosa faceva per esattezza, ma l'avevo incontrato solo una manciata di volte e tutte mentre la zia mi faceva da Baby-sitter quando mio padre aveva i turni di notte e non poteva controllarmi di persona.

- Faremo sicuramente un'altra grigliata. Non scapperà dalle mie grinfie! - scherzò, almeno speravo, mio padre.

La zia sorrise, probabilmente entusiasta della risposta.- Glielo riferirò –

Posò le borse della spesa e iniziò a tirar fuori il contenuto, che consisteva in birre e altre bibite gassate, patatine fritte da fare al forno e il dolce: sorbetto al limone e una torta fatta in casa. Lei e il suo compagno avevano seguito insieme un corso di pasticceria, definendolo romantico e istruttivo, e da allora la zia non faceva altro che sfornare torte. Io sapevo che il suo vero scopo era farmi ingrassare.

- Grazie mille per questa spesa dell'ultimo minuto. Stavo per andare io! -
- Ma figurati! Contando che mi offri un pranzo da leccarsi i baffi potrei anche evitare di fartelo pesare troppo... In futuro -

Alzai gli occhi al cielo ed uscii da quella scenetta di flirt mancato per tornare a leggere la storia di Gloria Gilbert e Anthony Patch, sperando di finirla in fretta. Onestamente sapevo già come sarebbe finito grazie alla mia amabile migliore amica, che mi aveva bellamente spoilerato tutto, dopo aver letto il riassunto ( e solo perche non aveva trovato il film) su Wikipedia.

Mi sdraiai sul letto e iniziai a sentire l'agitazione salire anche perché non mi sono mai trovata molto a mio agio con gli ospiti, soprattutto se estranei, e mi ha sempre agitato incontrare gente nuova.

E contando che, arrivandoci a furia di probabilità, uno dei quattro figli avrebbe avuto la mia età o ci sarebbe andato vicino...speravo solo che fosse carino.

Volevo rifarmi gli occhi dopo i mesi in 'sto convento!

Aprii il libro e continuai la mia lettura, provando a farmi coinvolgere come prima che mio padre venisse a chiamarmi, ma le parole passavano davanti ai miei occhi senza un significato comprensibile e fui costretta a leggere la stessa frase cinque volte prima di capirne il senso. E non perché Fitzgerald scrivesse in un modo particolare, ma perché la mia mente era completamente altrove.

Dovevo ricordarmi di osservare e memorizzare bene le discussioni che sarebbero successe, mi sarebbero potute tornare utili per lo pseudo-libro che stavo provando a scrivere.

Si, perché dopo aver letto per la maggior parte della mia vita avevo deciso di scrivere un libro mio, ed ero indecisa ancora per la maggior parte delle cose che lo riguardavano.
Solo di due cose ero certa: la protagonista e il protagonista, i cui nomi continuavano a cambiare, si sarebbero messi assieme.

Un grande inizio, vero!

Ma avevo talmente tante idee in testa che non riuscivo a districare e parlarne con Arianna mi era utile fino a un certo punto. Non le piaceva leggere e per quanto si sforzasse non era mai riuscita a finire un libro con più di centoventi pagine. Avrei potuto parlarne con Irene, ma lei mi sarebbe sicuramente tornata più utile, ma non ero così legata a lei.

Sospirai e, prima di poter passare alla riga successiva, il citofono suonò per la seconda volta, avvisandomi che gli ospiti erano arrivati.

Grandioso, aveva inizio il pranzo più imbarazzante e strano della mia vita.

Come Neve D'EstateTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon