Cap. XIV

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La vita non ti da le persone che vuoi. Ti dale persone di cui hai bisogno:
per amarti, per odiarti,
per formarti, per distruggerti e per
renderti la persona che
era destino che fossi.
Albert Einstein


Non ci potevo credere, ma lo stavo facendo.
Mi stavo facendo bella, e lo stavo facendo perché sapevo che avrei incontrato Luca.
Cosa diavolo mi stava succedendo!

Presi la gonna bianca che non indossavo dalla cresima di mia cugina, erano passati due anni, e per non essere troppo elegante e scoperta anche sopra, misi sulla canottiera nera la felpa blu che Arianna mi aveva regalato visto che lei non la indossava più. Era diventata la mia preferita, con un gufo disegnato sul davanti.

Cosa che sconvolse mio padre, misi delle decolté nere, a suo parere troppo alte per una diciassettenne ma che mia zia approvò in pieno appena mi vide.

Lasciai i capelli sciolti e mi diedi una passata di trucco, ma senza esagerare. Non mettevo mai il fondotinta, mi sembrava di soffocare. Solo correttore per occhiaie ( sempre utile) la matita nera e se proprio del rossetto o dell'ombretto.

– Quella gonna non è un po' troppo corta? – replicò mio padre appena mi vide seduta sul sedile posteriore della Giulietta grigia scura.

Alzai gli occhi al cielo, provando ad abbassarmela. – Arriva una spanna sopra il ginocchio. Va benissimo papà! –

– Come dici tu. Io sostengo che la gonna sia troppo corta –

Infilai le cuffiette, facendo partire Sing of the Times a tutto volume e guardando fuori dal finestrino. Se invece di esserci il sole ci fosse stata la pioggia avrei potuto far parte di un film drammatico.

Dopo circa quattro canzoni, quando viaggio calcolo il tempo in canzoni, arrivammo davanti a delle villette poco distanti l'una dall'altra. Tutte a due piani, con le mura bianche e il tetto grigio scuro, circondate da uno steccato nero con la portineria vuota e una sfilza di citofoni.
Per i box si andava sul retro.

Papà parcheggiò nel primo buco libero, non molto distante per mia fortuna, e prendendo il vassoio con i dolci che mio padre aveva ordinato dal pasticcere il giorno prima, andammo verso quel meraviglioso complesso di abitazioni.

Iniziai ad avvertire l'ansia, pentendomi di essermi vestita con quelle robe, ma mi sforzai di sorridere e tenni la testa alta.

L'interno era ben organizzato, con dei marciapiedi di sassi costruiti fra l'erba prima dei giardini e delle siepi che delimitavano ogni villa. Vidi anche una piscina, ma non capii se era di tutti o di qualcuno con un giardino più grande e soldi da spendere.

La famiglia Conte abitava al numero 9 e Maria ci stava aspettando con un sorriso innocente e un vestito a maniche corte con le fragole.

Corse verso mia zia abbracciandola  e dandole un bacio sulla guancia, per poi fare lo stesso con me.

Superate le siepi entrammo in un giardino ampio e verde, con una zona apposta per i fiori, mentre giocattoli e dei palloni erano sparsi un po' ovunque. C'era una gazebo, sulla destra, con sotto un tavolo apparecchiato e dieci sedie.

La casa era circondata da un piccolo portico dov'era stato sistemato un divanetto in vimini con un tavolino in legno e un dondolo, più invitante di quello che mio padre aveva messo sul bancone. Questo almeno era al piano terra, non mi faceva venire le vertigini.

Maura uscì dalla porta, non quella principale  e con il tappetino di benvenuto, ma quella che dava sul gazebo, con una bottiglia di coca-cola. – Ciao – salutò, venendoci incontro per darci il solito bacio sulle guance. Tradizione che non avevo mai capito e che tendevo ad evitare. Ma sembrava che non potessi fuggire a Maura.

– Se vuoi dentro ci sono i ragazzi che stanno giocando. Magari vuoi unirti a loro –

– Ti porto io – si offrì Maria, prima che potessi rifiutare l'offerta, in modo da ritardare il mio incontro con l'Idiota.

Maria mi afferrò la mano, e parlandomi della sua nuova casa e del fatto che le mancasse la vecchia casa, mi trascinò verso l'enorme salotto arredato in stile moderno, che poteva essere benissimo fotografato per essere messo su una rivista.

I divanetti erano sistemati attorno alla televisione al plasma sulla parete e alcuni quadri erano sparsi per le parete color avorio macchiato.

Mi disse che dall'altra parte c'erano la sala da pranzo, la cucina e un corridoio che portava alla stanza di Simone e a quella di Luca. Me lo annotai mentalmente mentre la seguivo sulle scale, sperando di non inciampare sulla moquette beige. Sulle pareti erano state sistemate fotografie della famiglia, e quando vidi una di Luigi e Luca da piccoli non riuscii a non sorridere.

Certo, l'Idiota crescendo era decisamente migliorato, ma da bambino era più adorabile e meno sexy.

– Io ho una camera tutta mia, accanto a quella dei miei genitori. È al piano di sopra. Noi ora stiamo andando nell'aria giochi – mi spiego, come se fosse un segreto di stato.

Le luci, al piano di sotto, erano tutte accese e iniziai a sentire il rumore di spari e grida che venivano sicuramente da qualche videogioco.

Quello che non mi aspettavo?

Una parete bianca che fungeva da schermo, con il proiettore posato sul tavolino e un gigantesco divano e un accumulo di cuscini colorati dove c'erano i tre fratelli.

A lato c'era un tavolo da biliardo e uno da ping-pong, e la porta del bagno. Era decisamente incredibile.

Arianna sarebbe impazzita, e lo stavo facendo anche io. Quel posto era grandioso! Dove diavolo avevano preso tutti quei soldi?
Erano mafiosi?

– Io non posso stare qui. Loro dicono che è lo spazio per i maschi. Ma io ci vengo lo stesso – mi rivelò sussurrandomelo nell'orecchio.

Io sorrisi e feci il gesto che avrei tenuto la bocca chiusa.

Il primo ad accorgersi di me fu Luca, che dopo aver sparato a quelli che sembravano zombi era saltato in piedi e si era girato.

Si bloccò e mi sentii terribilmente in imbarazzo mentre i suoi occhi risalivano le mie gambe nude e arrivavano ai miei occhi, facendomi sentire ancora più spoglia di quanto in realtà fossi. Accennò un sorriso, che questa volta era solo dannatamente sexy, e tornò a sparare.

Avevo il cuore il gola, e la cosa aveva un che di incredibilmente eccitante. Nessuno mi aveva fatto sentire così prima e la cosa mi spaventava parecchio.

– Vuoi giocare con me? – mi domandò Maria, togliendo i miei pensieri dall'Idiota sexy e facendomi tornare alla realtà.

Se mai fossi riuscita a fare un libro il protagonista maschile sarebbe stato sicuramente uguale a Luca, di questo ero certa. Non gli avrei cambiato nemmeno il colore degli occhi in azzurri. I suoi erano decisamente migliori e avevano un qualcosa che non riuscivo a descrivere e capire, ma che in qualche modo me li faceva desiderare. 

Come Neve D'EstateWhere stories live. Discover now