Cap. XXVIII

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Il destino ti aspetta sulla
Strada che hai scelto per evitarlo
Proverbio Arabo


Entrai in infermeria zoppicando e cercando di non aggrapparmi alla bidella o a Luca, anche se era rimasto qualche passo indietro. In qualche modo era riuscito a convincere il prof a lasciarlo venire con me, e non continuare i giri della campestre.

Doveva avere qualche tipo di superpotere, perché nessuno era mai riuscito a scappare dalla campestre, a meno che non si fosse fatto male ( come nel mio caso).

– Vieni bambina, siediti qui – mi disse con tono dolce la signora Tina facendomi mettere su un lettino e ammucchiando alcune coperte in modo da metterci sopra la mia caviglia e poi il ghiaccio.

– Grazie mille Tina – dissi mentre la bidella usciva, lanciando un'occhiata non del tutto convinta verso Luca. Immaginai che molte coppie usavano l'infermeria.

Il pensiero mi fece annodare lo stomaco. Io e Luca eravamo una coppia?
Sospirai, tornando a concentrarmi sulla caviglia e non sui miei pensieri sconnessi.

Luca aspettò che la bidella si fosse allontanata, fermo come una sentinella, prima di chiudere la porta. A chiave.

Sgranai gli occhi e sentii il cuore accelerare. Perché mi piaceva quello che pensavo stesse per succedere? – Cosa diavolo fai? – sbiascicai, mentre avanzava verso di me con un sorriso spavaldo e sornione. E incredibilmente sexy.

– Baciarti – ammise, salendo sul lettino e posizionandosi sopra di me, allungandosi e prendendomi il volto fra le mani prima di avvicinare le labbra alle mie.

Il dolore alla caviglia scomparve nel giro di pochi secondi, non appena le nostre bocche entrarono in collisione fra di loro e iniziammo a baciarci con sempre più passione e foga. Sembrava che lui fosse l'unica fonte di ossigeno di cui avessi mai avuto bisogno. E non mi importava nulla se eravamo a scuola, esistevamo solo io e Luca.

Gli passai una mano fra i capelli, leggermente sudati, e cercai di avvicinarlo ancora di più non riuscendo a resistere all'impulso che il mio corpo mi inviava.

Volevo smettere, eravamo a scuola e l'infermeria non era di certo il posto ideale dove fare questo genere di cose, ma per quanto ci provassi il mio corpo sembrava attratto da quello di Luca come una calamita al polo opposto.

Se ci avessero scoperto sarebbe stato troppo... tutta la mia reputazione. I professori, chi sa cos'avrebbero pensato! E le voci che si sarebbero sparse per la scuola!

I nostri bacini si scontrarono, facendomi percepire la sua crescente eccitazione.

– Smettila di pensare – sbiascicò tra i baci, passandomi una mano tra i capelli e guardandomi negli occhi. Era come se sapesse sempre come mi sentissi e a cosa stessi pensando, e sinceramente la cosa mi spaventava.
– Solo io e te, okay? Non ci beccheranno –

– E se lo facessero? – replicai, con la gola secca.

– Faremo una figura di merda e una bella risata con chi ci scopre – replicò fiondandosi sulle mie labbra e non permettendomi di rispondergli a tono. Col cavolo che me la sarei fatta una risata con il professore, sarei morta davanti ai suoi occhi per l'imbarazzo!

Qualsiasi cosa stessi pensando venne spazzata via quando i suoi baci scesero lungo la mascella, poi più giù sul collo dove la sua lingua si fermò a comporre piccoli cerchi che mi mandarono in extasi.

Le sue mani si intrufolarono sotto la sottile maglietta che mi ero messa per correre, salendo fino a raggiungere il reggiseno.

– Luca – ansimai, più per fermarlo che per invogliarlo. Ma la voce rauca e il desiderio negli occhi mi fecero ottenere proprio l'effetto contrario.

Come Neve D'EstateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora