Cap. X

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L'amore può far male, l'amore
può ferirti a volte, ma
è l'unica cosa che ci fa sentire vivi.
-Ed Sheeran, Photograph

Guardai per la terza volta della serata la cartella, assicurandomi che dentro ci fosse il diario nuovo, l'astuccio, il quaderno con i compiti di Fisica e Matematica e il Kindle, per il giorno dopo.

Volevo iniziare la quarta al meglio ed ero parecchio agitata, come ogni anno. Tornare a scuola, per quanto mi piacesse andarci, era sempre abbastanza traumatico. Soprattutto dopo aver passato tre mesi a oziare e non fare nulla.

Avremmo fatto i primi giorni dalle nove e un quarto alle dodici e quindici, ma poi si sarebbe re iniziato con il regime serrato e rigido, dalle otto e un quarto alle quattordici e quindici, dal lunedì al venerdì. Studio e compiti ogni pomeriggio o niente voti alti, e se i miei voti non erano alti la mia libertà diminuiva.

Era veramente severo mio padre sotto questo punto di vista.

Rimisi lo zaino ai piedi del letto e mi lasciai cadere, osservando la bacheca con i nuovi postit e l'orario scolastico ancora vuoto, in attesa che ce lo dessero a scuola.

– Sofi – mi chiamò papà dal salotto. Aveva detto che stava riorganizzando i nostri turni, e immaginai che avesse bisogno di una mano.

Io e papà avevamo fatto un accordo: dovevamo aiutarci in casa a vicenda, visto che non c'era più zia Elisa  e Goceh aveva anche una sua famiglia a cui badare.

Così ci eravamo divisi i turni per ogni cosa: cucinare, fare la lavastoviglie, la lavatrice, stirare, pulire nel caso Goceh non potesse.

Avevamo iniziato che io avevo tredici anni e all'inizio la zia mi dava una mano, ma con il tempo ero diventata autonoma e sapevo gestire tutto senza il suo aiuto.

– Si? –

Papà alzò lo sguardo dal tavolo dove c'erano i fogli e le tabelle mensili dei nostri compiti. – Stavo pensando che una volta o due al mese potremmo ordinare una pizza, o cinese. In modo da non cucinare e non dover lavare piatti. –

– Va bene – acconsentii, sedendomi sulla sedia accanto a lui e guardando quello di settembre. Partiva da settimana prossima.

Papà aveva il primo turno, di una settimana, per fare la spesa, cucinare e stendere i panni. E doveva svuotare la lavapiatti e fare la lavatrice. Io invece dovevo occuparmi di fare la lavapiatti, svuotare la lavatrice e stirare. Oltre a passare l'aspirapolvere.
Lo odiavo, soprattutto stirare, ma almeno c'erano le serie televisive e Netflix a farmi compagnia.

– Venerdì andiamo alla Scala? – chiesi, non volendo interrompere la nostra tradizione. Ogni secondo venerdì del mese io e mio padre, e ogni tanto anche zia Elisa, Arianna o chi si aggiungeva, andavamo alla Scala per assistere a qualche spettacolo. Papà una volta aveva salvato il figlio di chi si occupava della gestione dei biglietti e che aveva parecchi contatti. Avevamo ottenuto ingressi gratis a vita e sconti per amici.

Invece di andarci una volta o due l'anno ci andavamo una volta al mese, anche in memoria di mia madre. Lei amava andare alla scala, agli eventi serali in particolare. Mi ricordo che indossava sempre vestiti molto eleganti, soprattutto quando andavano alle prime. Zia Elisa veniva a stare con me o io andavo a casa sua e quando tornavano mamma mi raccontava com'erano belle le ballerine e mi raccontava la storia, come faceva con le costellazioni.

– Certo. Stavo valutando anche l'idea di portarti a una prima, con Bolle. Fra qualche settimana, invitando anche tua zia. È d'obbligo l'abito elegante –

– Mi piacerebbe moltissimo – commentai, entusiasta. Amavo andare alla scala soprattutto perché potevo mettermi vestiti eleganti, o comunque indossare qualcosa di più bello che un paio di jeans e una maglietta.

– Ottimo, allora confermerò la prenotazione. Sarà verso il venti di settembre –

Annuii, andando verso la cucina dove una pentola d'acqua stava iniziando a bollire. – Butto la pasta? –

– Si grazie. Fai quello che vuoi – mi disse, mentre mi allungavo per prendere gli spaghetti e fare due porzioni abbondanti con le mani.

Andai verso il frigo e presi il ragù che ci aveva portato la nonna in questi giorni, prima di tornare in Emilia Romagna.

Abitava lontana e la vedevo poche volte l'anno, ma ogni volta cucinava per un esercito e le cose che avanzavano le mettevamo in freezer o le continuavamo a mangiare per giorni.

– Un ultima cosa. Mi ha chiamato Maura e mi ha chiesto se domenica prossima possiamo andare a mangiare da loro –

– Maura? – chiesi, non capendo a chi si riferisse, e temendo la risposta che il mio inconscio mi stava suggerendo.

– Si, la moglie di Roberto. Sono venuti da noi per la grigliata... Ricordi, no?–

Sentii il cuore sprofondare e la bile salirmi in gola. Dovevo rivedere ancora quell'Idiota?

Dopo la piscina non c'erano più stati incontri, non potevamo lasciare le cose come stavano?

– Dobbiamo? – replicai uscendo dalla cucina e appoggiandomi allo stipite della porta.

Mio padre indurì lo sguardo. – È per gentilezza Sofi. E comunque le ho già detto di si –

– E allora perché me lo hai chiesto? – borbottai, tornando in cucina per evitare di sfogare la mia ansia per il giorno dopo su di lui. E la mia rabbia per rivedere ancora quell'Idiota.

– Per educazione. Mi piacciono, sono simpatici e i figli non mi sembrano così male –

"Perché non conosci Luca. A te non ha palpato il sedere. E sicuramente quando lo vedi non sai se baciarlo o prenderlo a pugni" pensai ridacchiando e prendendo un mestolo. Era meglio tenerli per me quei pensieri.

– E conoscere gente nuova non può sicuramente farti male –

Sospirai, pronta a ricevere l'ennesimo discorso sul fatto che sono troppo chiusa in me stessa, che non ho abbastanza amici e che passo più tempo sui libri o a leggere che con i miei coetanei.

E allora? Oltre alle gemelle non ho molti amici, per il semplice fatto che considero più interessanti i libri che le persone. Nella maggior parte dei casi, almeno.

Ogni volta che descrivono un'adolescente mi viene in mente Arianna, mentre io mi sento sempre più esclusa. Certo, di problemi adolescenziali potrei averne, ma l'alcool, il fumo, la droga, uscire la sera e andare in discoteca. Ubriacarsi e divertirsi come se ci fosse un domani... no, non sono cose da me. Arianna aveva provato varie volte a portarmi in discoteca, una volta mi aveva convinto. Infondo volevo provare ad andare, giusto per curiosità.

Mi era passata completamente la voglia, anche perché la musica era troppo alta e le persone ballavano troppo attaccate.

Non era decisamente il luogo adatto per me.

E mia madre era morta perché un coglione ubriaco le era andato addosso, non avrei mai toccato una goccia d'alcool o fumato una sigaretta fin quando avessi avuto una coscienza e un cervello funzionante. 
Magari non ero come gli altri adolescenti, ma mi era sempre andata bene in questa maniera.

Come Neve D'EstateWhere stories live. Discover now