Cap. XLVII

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Non sarò io a cercarti, di questo non ti devi
preuccupare, resto alla distanza cui mi tieni e,
se possibile, più lontano ancora.
Ma smettere di amarti è un'altra cosa
S. Pilone


Dirlo ad alta voce era liberatorio, ma dirlo ad alta voce davanti a Luca sarebbe stata tutt'alta cosa.

Mentre facevo la strada in autobus per arrivare a scuola, le cuffiette nelle orecchie, mi si contorceva lo stomaco a dire quelle due paroline ad alta voce davanti a lui.

Non dopo quello che gli avevo detto domenica notte.

Non dopo aver rotto con lui in maniera, a mio parere, codarda.

In quell'istante mi ero fatta dominare dalla paura e non ero riuscita a dominarmi, a ragionare lucidamente. Mi era sembrato di finire davanti a un precipizio e...tutti i miei pensieri andarono in fumo quando vidi l'auto di Luca parcheggiare poco distante da dov'ero io, aspettando Erika che arrivava con il pullman dopo.

Il suo viso... il livido era evidente e un chiaro ricordo di sabato/domenica.

Il cappuccio della felpa nera era in netto contrasto con la pelle pallida e tirata e aveva profonde occhiaie scure.

Nemmeno lui doveva essersela passata bene, non che avesse provato a chiamarmi o altro.

Non sapevo nemmeno se se la ricordava quella sera.. cosa mi aveva detto. In fondo era ubriaco, certo, non così tanto. Ma aveva bevuto.

Il gelo nei suoi occhi mi fece contorcere le budella e affiorare altre lacrime mentre entrava a scuola. Sapevo che mi aveva visto, per qualche secondo i nostri occhi erano entrati in collisione, ma lui...

Lui si ricordava e non voleva più avere nulla a che fare con me.

Mi piegai in due, come se mi avessero appena tirato un pugno togliendomi tutta l'aria che avevo nei polmoni.

Non riuscivo a respirare, era come mandare acido nei polmoni e poi costringermi a buttarlo fuori.

– Sofia! Ehi, ti senti bene Sofi? –

La voce di Erika era distante, ma sentivo che era accanto a me.

Non sentivo più il freddo della mattina, non sentivo più nulla se non il dolore e questo mi riportava indietro a ricordi che avrei preferito cancellare.

– No, ma non ne voglio parlare – ansimai, trascinandomi dentro la scuola.

Volevo solo finire questa giornata il prima possibile, andarmene a casa a piangere sopra una tazza di gelato e autocommiserarmi perché non avevo abbastanza coraggio da andare da lui e dirgli quello che provavo.

Erika mi guardò leggermente intontita, ma annuì ed entrammo in silenzio a scuola, arrivando alla nostra classe e sedendoci senza guardarci ne sbiascicare parole.

Eravamo fra le prime, e questo voleva dire che Luca mi sarebbe passato davanti. Io lo avrei visto e i ricordi sarebbero tornati.

– Hai un aspetto orribile – commentò Silvia, fermandosi a squadrarmi.

Le sorrisi, trattenendomi da alzare il medio. – Tranquilla, niente di contagioso –

– Lo vorrei sperare. Devo partire e non voglio ammalarmi in nessun modo –

– Non devi preoccuparti –. Buttai fuori l'aria e nascosi la testa fra le braccia, decidendo che l'avrei rialzata solo quando la prof fosse entrata in classe.

In questa maniera avrei evitato di incrociare lo sguardo di Luca.

Il cuore mi batteva nelle orecchie e le lacrime premevano per uscire mentre aspettavo ansiosa il suono della campanella.

Come Neve D'EstateWhere stories live. Discover now