Ferirsi

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L'odore di fumo percorse ogni angolo di quella casa. La cenere era ormai satura sul portacenere, come gli occhi di Mario erano stremati dal pianto. Guardava quella casa vuota, silenziosa. Tutto intorno non era importante. Il
Rumore del clacson, i cani che abbaiavano, la voce dei venditori ambulanti, tutto piano, lentamente svaniva, col passare delle ore. Tempo interminabile, ore infinite.

L'orologio segnava le 20 quando il citofono suonò. Ormai la casa puzzava di fumo e alcool, quello stesso che circolava nel suo corpo. Quei polmoni che chiedevano pietà e quelle vene ormai ubriache e pulsanti. La testa era pesante, troppo da trasportare su. Ma con le poche forze e quella poca stabilità che gli rimaneva, rispose e aprì il portone per farlo salire.

L'attesa sembrava eterna, non riuscì ad aspettarlo in piedi e strisciando ormai in preda a tutta la sofferenza in colpo, si sedette sulla sedia, accendendo una nuova sigaretta, ma che ormai fumava da sola. Quelle labbra rosse, secche, screpolate non riuscivano ad aspirare quasi più niente. Lì con la testa poggiata al tavolo, con lo sguardo alla parete con lo specchio che rifletteva la porta. Rimase fermo ad aspettarlo. Ad aspettare neanche lui sa più chi.

Ad ogni gradino Claudio perdeva un battito. L'aria diventava sempre più soffocante  dentro il suo petto. Cercò di pensare alle parole giuste da dire a Mario. Ma durante il tragitto aveva dimenticato tutto. Il suo cervello era andato in palla totalmente. L'ansia iniziò a bussare e far rumore. Arrivato di fronte la porta, fece un respiro profondo ed entrò.

Luci spente. Buio. Silenzio. Si girava intorno ma niente, non riusciva a vederlo.

Mario?
Silenzio

Mario?
Un suono, una voce, bella, calda, dolce. Che adesso gli sta togliendo quel poco di respiro che ancora riusciva ad avere. E il suo cuore decelerava ad ogni passo che sentiva sempre più vicino a lui.

Quei passi che sapevano di vita e di morte.
Quel rumore delle sue chiavi risuonava per casa.
Il suo profumo si amalgamava col fumo delle sigarette. Una miscela tossica e perfetta allo stesso tempo.

Era lì fermo dietro la porta che lo cercava e Mario lo vedeva benissimo. Quel riflesso perfetto sullo specchio. Lo vedeva nervoso, spaventato. Chiuse gli occhi per sentire ancora più vivido quel suono che chiamava il suo nome. Sentiva quella voce entrargli dentro e farsi spazio con prepotenza. Un suono che da domani non avrebbe sentito più.

Claudio entrò lentamente dentro casa. Era tutto in disordine cosa inusuale per Mario, visto la sua fissazione per la casa. Sentiva una puzza di fumo incessante ed asfissiante. Le sue narici bruciavano a causa di quell'aria chiusa.
Andando verso la cucina vide
dei frammenti, forse di piatti, erano sparsi ovunque sul pavimento. Girandosi, finalmente lo vide, sulla sedia, poggiato sul tavolo, con lo sguardo vuoto, perso tra le pareti di casa.

Vederlo così gli strinse il cuore. Non capiva però quel suo stato d'animo. Cosa l'aveva ridotto così? Perché era in quelle condizioni?

Prese un lungo respiro
"Mario guardami, per favore " Con voce calma ma tremante. Non sapeva cosa aspettarsi. Ma vedere Mario così procurava in lui dolore al petto.
Silenzioso, con la bottiglia di birra in mano si girò  verso di lui, Con lo sguardo freddo e quegli occhi ormai gonfi per il pianto.

Quell'immagine era piena di sofferenza. Sapeva di delusione.
Claudio rimase lì immobile per qualche istante. Non sapendo bene cosa fare e cosa dire. Era una situazione nuova per lui, voleva abbracciarlo ma si fermò guardando il suo sguardo pieno di rabbia.
Rabbia verso di lui. Questo percepiva.
Mario l'aveva con lui. Mario piangeva a causa sua.
Questa certezza pervase il suo corpo, fino al cuore che lì dentro la sua scatola, iniziò a muoversi nervosamente. Era preoccupato. Era irrequieto.
Poi fu un attimo. E aprì la bocca deciso.

Quella Crepa Sul CuoreWaar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu