Ascolta il tuo cuore, Mario!

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Quel rumore procurato dalla porta chiusa con violenza assordò le sue orecchie. Seduto sul divano, tremava per tutto ciò che aveva sentito. Per le parole di Claudio. Per la sua voce strozzata e tremante. Per le sue lacrime che come lame ferirono il suo corpo. Quel bacio caldo era svanito via come nuvole, lasciando solo un vento gelido che gli trapassava ogni angolo del corpo. Si sfiorò delicatamente con le dita le sue labbra, sentiva ancora la presenza di quelle labbra morbide e calde sulle sue, e il suo respiro sul collo. E poi di nuovo il nulla. Silenzio e vuoto.

Si alzò velocemente verso il bagno. La sua gola iniziò a bruciare, forte. L'alcol stava chiedendo di uscire con veemenza. Ed accompagnato da un urlo disperato si liberò di tutto. Rabbia. Dolore. Sofferenza. Tutto trasportato via da quel conato che sapeva di libertà. Piegato in due sul water, urlò il suo nome. Era andato via, lasciandolo lì da solo.

Divisi dal dolore, divisi dalla paura di perdersi.
Quella stessa paura di rimanere soli, di amare veramente, di vivere.

Si alzò dal pavimento. Si fermò a guardarsi allo specchio. Era stremato. rosso in viso, occhi gonfi e stanchi. Prese un po' di acqua con le mani per rinfrescarsi e si sciacquo la bocca per togliersi il sapore di alcool.

Guardò l'orario era quasi mezzanotte. Il tempo passa velocemente, e un altro giorno stava per arrivare.
Un giorno nuovo. Che trascorrerà solo, di nuovo, senza due occhi verdi ad accompagnarlo. Senza quel ragazzo che aveva iniziato ad amare. Senza la persona di cui era innamorato.

La sua mente iniziò ad elaborare. Ad andare sempre più veloce. Pensava. Era un uragano di ricordi. Ricordi di quei giorni passati insieme a lui. Momenti che si erano fatti spazio nel suo cuore. Sempre più grande. Sempre più pieni di loro. Anche se breve, sono stati intensi. Quei ricordi non potevano diventare polvere. Non potevano svanire come neve. Erano diventati sempre più vivi dentro di lui. Ormai era riuscito a farsi spazio in ogni angolo del suo corpo. Senza chiedere, così all'improvviso. E non poteva spegnersi tutto come acqua su fuoco. Quelle emozioni esistevano e volevano essere ascoltate. Il suo cuore iniziò a battere forte, incessante senza tregua. Voleva farsi sentire.
Ascoltami diceva.
E per la prima volta nella sua vita Mario lo fece. 
Non curante del suo aspetto, prese le sue chiavi, e uscì di casa.
Per cercarlo e riperdersi nei suoi occhi, per trovarlo e ricominciare a respirare, per continuare a vivere con lui dentro la sua vita.

Scese le scale chiamando il suo nome. Ma nessuno rispose. Uscì dal portone e iniziò a guardarsi intorno. Chi l'avesse visto in quelle condizioni forse l'avrebbe preso per un pazzo esaurito. Ma a lui non interessava. Lo chiamava. Urlava quel nome che tanto amava. Ma niente, non lo vedeva. Cercò la sua macchina nei dintorni e non la vide. Allora pensò di chiamarlo. Doveva almeno sentire la sua voce. Era spaventato. Aveva paura che potesse fare qualche sciocchezza. Stava male  e lui l'aveva lasciato andar via da solo. Se gli fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai perdonato. E pensarlo, gli tolse il respiro. Era stanco di correre. Ma non poteva fermarsi. Al telefono non rispondeva. Tre, quattro, cinque chiamate. Il nulla. Gli occhi iniziarono a pizzicare. Voleva urlare tutto il dolore che stava sentendo nel suo cuore, in quel momento. Si mise in ginocchio stremato, non sapeva dove cercarlo, non aveva il numero di Giulio per contattarlo, aveva le mani legate. L'aveva così vicino fino a qualche ora fa ed adesso la sua lontananza lo stava uccidendo. Respirava affannato a causa delle lacrime che sgorgavano senza pace. Aveva la mente annebbiata, non riusciva a connettere più, a pensare regolarmente. Era in ansia. Paura di non vederlo più, paura di non averlo più con lui. Stava morendo dentro. Silenzi asfissianti. Minuti che divennero sempre più soffocanti. Riprese a cercarlo. Stava pensando di andare a casa sua. Forse l'avrebbe trovato lì. Lo sperava . Poi vide una macchina. Era la sua. Non conosceva a memoria la sua targa, ma quel peluche a forma di scimmietta era inconfondibile. Era Vicino a lui. Adesso lo sentiva. Si girò intorno. A destra a sinistra. Era un pazzo. Si ricordò, di un piccolo parco giochi vicino il viale, e correndo si diresse lì senza pensarci. Non ci fu bisogno di chiamare il suo nome, perché lo vide subito, seduto, accucciato sulla panca. Sembrava così indifeso, così bambino, così piccolo. Mario si mise una mano sul cuore per regolarizzare il respiro. E lo raggiunse.

Quella Crepa Sul CuoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora