capitolo trentatrè

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Il corridoio della scuola era quasi vuoto, perchè le lezioni mattutine erano già iniziate. Vidi mio padre stare in piedi con un'espressione seria, mia madre sembrava piccola e tesa accanto a lui. Appena chiusi la porta dietro di me (la conversazione carica d'odio iniziò quasi subito nella sala d'incontro, la voce del preside era la più forte), lasciai velocemente gli occhi scannerizzare ciò che mi circondava, ma non vidi Harry. Il cuore affondò nel mio petto, ma poi mi ricordai che era stato mio volere lasciarlo lontano dai miei problemi. Ero quasi sicura che avesse già letto il bigliettino che gli avevo lasciato, solo che non mi aspettavo che mi ascoltasse davvero e che non mi sarebbe venuto a cercare finchè le cose non si sarebbero sistemate. Dubitavo altamente che stava usando il suo potere d'invisibilità, probabilmente avrei sentito la sua presenza e, inoltre, nel bigliettino avevo specificamente chiesto di non usarlo. Non valevo il rischio che avebbe causato usandolo soltanto per cercarmi.

Guardai i miei genitori e per un momento sentii qualcosa vicino alla tristezza. Entrambi mi sembravano estranei, la distanza tra di noi era quasi palpabile. Era difficile credere che una volta eravamo una famiglia.

"Penso sia meglio che tu parli da solo con Heather. Non c'è bisogno della mia presenza." disse mia madre, spezzando finalmente lo scomodo silenzio. Mio padre annuì soltanto brevemente, i suoi occhi su di me. I loro sguardi erano attenti e mi fecero sentire un po' a disagio.

Senza dire altro, mia madre si voltò e iniziò a percorrere il corridoio, i tacchi che picchiettavano producevano un suono che scomparve a mano a mano che si allontanava. Quando se ne andò, mi voltai di nuovo verso mio padre.

"Non qui. Voglio parlarti in privato senza nessun...disturbo." mi indicò di seguirlo.

Percorremmo il lungo corridoio in silenzio finchè mio padre non aprì una porta che portava nella classe dove si tenevano le lezioni di musica. Ora però era vuota, gli strumenti erano posati, aspettando di essere usati di nuovo. Quando mio padre si voltò per chiudere due porte che stavano di fronte a quella d'entrata, improvvisamente capii cosa intendesse per parlare in privato. Questa stanza era l'unica che era completamente insonorizzata nella nostra scuola.

Deglutii nervosa, fissando mio padre, la cui espressione era quasi dispiaciuta. Si era un po' allontanato da me e si era messo accanto al piano ora.

"Mi dispiace che dev'essere così, ma l'eccessiva cautela non nuoce mai. Specialmente in questo caso."

Io annuii soltanto, guardandolo in silenzio. Ma cosa si poteva dire a qualcuno che non vedi da anni e che improvvisamente compare di nuovo nella tua vita senza avvertirti?

"Hai fatto bene a nascondere il fatto che mi conosci. Era importante." continuò. Io mi accigliai leggermente, ma comunque non dissi nulla. Mio padre sospirò piano, la freddezza scomparve completamente dai suoi occhi castani mentre mi guardava.

"Ascolta, ora puoi parlarmi. Sono sicuro che hai molte domande." disse gentilmente.

"Penso tu sappia molto bene quali sono, quindi non c'è bisogno che te le dica ad alta voce." dissi alla fine, la mia voce era molto più dura di quanto volessi. Potevo già sentire le cicatrici della mia infanzia inziare a far male nel mio cuore, nonostante provassi a rimanere impassibile.

"So che sei ancora ferita, ma c'è una ragione per cui ho lasciato te e tua madre," la voce di mio padre era tornata ad essere neutrale. "Non so quanto ricordi, ma avevo debiti, molto grandi. Non potevo ripagarli, ma poi mi è stato offerto un nuovo lavoro..."

Rimase in silenzio per un momento e spostò lo sguardo altrove, pensando a qualcosa. Lo vidi sollevare la mano che era posata sul piano e la manica scivolò un po', rivelando una parte della pianta che aveva sul suo braccio sinistro. L'alcea. Ambizioso.

The Blue Rose [h.s. - italian translation]Where stories live. Discover now