capitolo trentasette

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"Carl...è iniziato di nuovo. Ma questa volta hanno provato a prendere la mia Heather. Tu e Lil dovete...sì...stiamo aspettando vicino al tuo posto di lavoro, nel parco...per favore fai in fretta..."

Con la testa appoggiata sulla spalla di Harry, lo ascoltavo parlare con Carl e lottavo per tenere gli occhi aperti. Un fitto dolore attraversava a ondate il mio corpo ogni tanto, ma io non emettevo suono, non volevo preoccupare Harry, che era già al limite. Col braccio stretto intorno al mio corpo, mi teneva vicina come se avesse paura che sarei scomparsa da un momento all'altro.

Una donna con un cane superò la panchina su cui eravamo seduti e la vidi fissarmi in modo strano. La presa di Harry si strinse intorno al mio corpo quasi immediatamente, ma la donna spostò lo sguardo e scrollò le spalle prima di continuare la sua passeggiata.

"...okay, lo faremo. Ci vediamo presto."

Harry chiuse la chiamata e posò velocemente il telefono in tasca. Sentii un'altra ondata di dolore, facendomi rabbrividire e sfocare la vista mentre le lacrime si formavano nei miei occhi. Sapevo che non sarei riuscita a rimanere cosciente ancora a lungo, faceva troppo male.

"Heth? Oh no..." la voce di Harry era intrisa di panico mentre notava cosa stava succedendo. Provai a dire qualcosa per rassicurarlo, ma dalla mia bocca non uscì nemmeno una parola. Invece, sentii la mia testa agitarsi in modo strano e le palpebre chiudersi involontariamente, lasciando scivolare le lacrime lungo le guance.

Faceva tutto male, era come se tutto il mio corpo stesse bruciando.

"Heather, per favore..." la voce di Harry si spezzò alla fine e sentii l'altra sua mano afferrare la mia, ma ero trpppo debole per stringergliela. L'oscurità iniziò a ingoiarmi e improvvisamente iniziò ad essermi difficile respirare. Il suono di passi che si avvicinavano raggiunse le mie orecchie, prima che tutto iniziasse a scomparire, lasciando prendere il controllo all'oscurità. L'ulima cosa che sentii fu la richiesta disperata di Harry:

"Per favore, non lasciare..."

***

Una sensazione.

Quello fu ciò che mi fece ritornare a galla dall'oscurità. La sensazione che...fossi sola. Mi mancava qualcosa...no, qualcuno.

Il cuore mi si strinse nel petto quando realizzai.

Harry. Non riuscito a sentire la sua presenza vicino a me. Ciò poteva significare soltanto una cosa.

Qualcosa era andato male.

Aprii gli occhi, ma una forte luce azzurrognola me li fece chiudere di nuovo. Inspirando a fondo, provai a muovermi, ma il mio corpo era stranamente impacciato e la dura superficie su cui ero stesa non aiutava molto, aumentava soltanto il sordo dolore ai muscoli.

"Ti ci è voluto abbastanza per svegliarti." una voce familiare ruppe il silenzio e piagnucolai leggermente perchè, per qualche ragione, alle mie orecchie suonava troppo forte.

Obbligandomi ad aprire gli occhi, mi sedetti lentamente e, attraverso la vista sfocata, riconobbi la figura di mia madre.

"Stai attenta. La droga non ha ancora pienamente smesso di fare effetto sul tuo corpo."

La stanza era fredda, ma non fu questo a farmi rabbrividire. Il suo tono era ancora più freddo della temperatura qui dentro.

"Dov'è lui?" sussurrai con voce roca e sbattei le palpebre per schiarire la vista.

La piccola stanza priva di finestre e con smorte mura bianche non era familiare, ma, dal terrore che crebbe in me, potevo dire esattamente dove fossi.

L'istituto. Queste mura smorte urlavano fondamentalmente l'ingiustizia delle innumerevoli vite innocenti che erano state uccise in questo posto.

Afferrai le sottili lenzuola sotto di me con le dita e sentii il respiro inspessirsi mentre il mio sguardo ritornava su mia madre.

"Dov'è Harry?" chiesi di nuovo, non provando neppure a nascondere il panico. Mia madre mi guardò con occhi privi di emozione.

"Lui è lì dove appartiene," rispose poi. "Ma quello non dovrebbe preoccuparti. Tu sei il principale...bersaglio di interesse qui. Il ragazzo c'era di intralcio."

Le mani iniziarono a tremarmi e potei sentire la rabbia e il dolore diffondersi in me, facendomi alzare brutalmente, ma ero ancora troppo debole. Le gambe non supportarono il mio peso, facendomi cadere sul duro pavimento. Tutta l'aria uscì dai polmoni e un acuto dolore si diffuse alla caviglia, facendomi sfocare la vista per un breve momento.

Poi pensai ad Harry e, ignorando il mio dolore, premetti i palmi contro il freddo pavimento e mi morsi il labbro così forte che sentii il sangue. Poi lentamente mi alzai sulle gambe malferme e strinsi le mani a pugno, provando a evitare di piangere quando poggiai il peso sul piede ferito.

"Cosa...gli...avete fatto?" chiesi lentamente, avvicinandomi a mia madre. Per la prima volta notai qualche tipo di emozione nei suoi occhi, sembrava...un po' nervosa.

"Non è affar mio dirtelo." rispose prima di voltarsi velocemente, ma, prima che potesse incamminarsi verso la porta, le afferrai il polso. Lei provò a liberare la sua mano, con la paura che brillava nei suoi occhi, ma strinsi ancora più forte le mie dita intorno al suo polso. Non mi importava se le stessi facendo male, volevo soltanto avere una risposta alla mia domanda.

"Lui è vivo...per ora," disse con astio. "Ma non sognare di rivederlo. Meglio se accetti che non succederà più."

Provò a liberarsi di nuovo il braccio, ma io non la lasciai ancora andare.

"Perchè, mamma? Perchè hai fatto questo?" sussurrai, sentendo un dolore acuto al petto. "Perchè tu e papà...mi abbandonate?"

Lei mi guardò per un momento, studiando il mio volto come se fosse la prima volta che lo vedeva. Un pesante silenzio si intromise tra di noi, mi trovai a trattenere il fiato ansiosamente mentre aspettavo. I miei occhi castani erano fissi in quelli suoi blu chiaro, cercando un piccolo segno dell'amore materno. Ma non c'era nulla.

"Perchè sei diversa."

Questa fu l'unica sua risposta, prima di allontanare la mia presa e uscire dalla stanza, spezzando l'ultimo legame che avessi mai avuto con lei.

The Blue Rose [h.s. - italian translation]Where stories live. Discover now