Capitolo 29

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IL RITO DI UNIONE

Musa era al cancello di Linphea e guardava il cielo. Aspettava Tecna da ben cinque minuti e la pazienza non era il forte della fata della musica. Batteva impazientemente il piede a terra, anche se ad un ritmo impeccabile, mentre teneva le braccia incrociate e si torturava le labbra. Era nervosa, estremamente nervosa, perché le cose si erano complicate ed anche troppo. Fu scossa, finalmente, da un rumore. Guardò di fronte a lei ed ecco che si aprì un portale, dal quale venne fuori la sua migliore amica.

"Finalmente! Stavo seriamente cominciando a preoccuparmi!" Esclamò, spazientita, andandole incontro.

"Ehi, come osi?!" Disse Tecna, sorpresa. "Sono le dieci e zero minuti, e dovevamo vederci alle dieci, come posso essere in ritardo?!"

"Sono qui da almeno cinque minuti! Ti pare che per come sono agitata non sarei arrivata in anticipo?!" Replicò Musa, agitata.

"Musa, per favore, calmati. Sono preoccupata anch'io per Flora, ma abbiamo una soluzione e Avalon ci aiuterà. Risultato esatto senza resti." Concluse la fata con un sorriso, Musa la guardò di bieco.

"Mi snervi, davvero... ma lascia perdere, andiamo da Avalon." Musa fece strada, camminando rapidamente guidata dall'ansia. Certo, per Tecna era semplice stare tranquilla, non era lei quella che aveva scoperto che Flora era letteralmente in pericolo di vita e non poteva dirglielo rischiando di mettere in pericolo lei e Sebastian, e che avrebbe dovuto praticare un incantesimo oscuro chissà quanto antico. Certo che Tecna era tranquilla. Arrivarono alla classe di Avalon e furono costrette ad aspettare ancora affinché lui terminasse la lezione.

"Te lo ripeto, anch'io sono preoccupata." Disse Tecna, notando l'atteggiamento della sua amica. "Capisco che tu pensi a Sebastian, a Flora... ma troveremo una soluzione. Non ti sto accusando, sto solo cercando di dirti che c'è una via d'uscita." Musa alzò lo sguardo verso di lei, sorpresa. Tentennò, poi, senza dire nulla, abbracciò la sua amica che, in un primo momento, dovette sforzarsi a non allontanarsi, e poi ricambiò quell'abbraccio.

Quella stessa mattina, Brandon era tutto un fremito così come Flora sul suo pianeta. Entrambi erano consapevoli del fatto che, il giorno dopo, avrebbero dovuto unirsi indissolubilmente, di modo che niente e nessuno avrebbe mai potuto separarli. Eppure, vivevano su due pianeti diversi, l'una si sarebbe presto sposata con un altro, e l'altro avrebbe presto dato la sua vita per salvare quella degli altri. Sentivano l'altro come a mille miglia distante, come se esistesse soltanto nei loro sogni. Perché non si vedevano, si perdevano, non sapevano. Non sapevano se l'altro sentisse quel fuoco nel petto, nessuno dei due sapeva quanto quel cuore fosse sofferente e desideroso di altro fuoco, quello capace di sovrastare l'incendio divampante della sofferenza.

Flora chiamò sua madre quella mattina attraverso la sfera di cristallo. Miele era lì con lei, girando per la stanza, impaziente di rivedere sua madre.

"Miele, vieni qui!" La chiamò Flora, mentre la sfera borbottava in attesa di mostrare l'immagine di Alyssa. Miele capitombolò al fianco di sua sorella, e in quel momento la nebbiolina si diradò, lasciando spazio alla mamma.

"Mamma!" "Mammina!" Esclamarono le sorelle, Alyssa sorrise.

"Le mie bambine! Ma quanto siete belle! Ma guardatevi, siete le mie bambine stupende!" Disse la donna contemplando l'immagine delle sue figlie.

"Mamma, come stai?" Chiese Flora.

"È vero che io ti manco di più?" Domandò invece Miele, Alyssa ridacchiò.

"Mi mancate entrambe moltissimo e non vedo l'ora di vedervi! Ma... vi danno da mangiare? Volete che porti qualcosa da Linphea?" Chiese poi, preoccupata.

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