Capitolo 7

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La prima cosa che io e Cole abbiamo fatto quando siamo rientrati nella nostra stanza d'albergo è stata infilarci nel letto, esausti. Lui è scivolato nel mondo dei sogni non appena il suo volto è entrato in contatto con il cuscino fresco, mentre io, purtroppo, non riesco proprio a fare altrettanto. 

Quando le palpebre si fanno pesanti, infatti, un bambino compare nella mia mente e mi tortura con i suoi occhioni così dolci da risultare penetranti. Lo vedo mentre prova a camminare per la prima volta, appoggiandosi ai mobili per non cadere; lo vedo correre in un grande prato verde mentre gioca a palla con gli altri bambini; lo vedo ridere e riesco quasi a sentire il suono puro e incontaminata della sua risata luminosa; lo vedo scoprire il mondo con le sue manine curiose ed innamorarsi della vita ogni giorno di più. 

Sono immagini che sfumano tutte nel buio non appena riapro gli occhi, decisa a non lasciarmi incantare. Figure che fanno persino più male delle tenebre che avvolgono il mio cuore in pezzi. 

Sogno di essere madre fin da bambina, ma non in questo modo. Tutto questo è più simile ad un incubo che alla realtà che ho sempre desiderato.

Sento le lacrime pungere, desiderose di invadere il mio viso come un fiume in piena e mi piacerebbe davvero tanto lasciarle libere, per una volta. Vorrei smettere di fingermi forte e lasciare che la mia maschera d'indifferenza si rompa in mille pezzi, permettendo all'uragano che soggiorna in me di distruggere qualsiasi qualcosa che non sia io. 

Fingere che vada tutto bene, che tutto è sotto il mio controllo, non fa che alimentare il dolore sordo che provo all'altezza del petto. 

Costringermi a sorridere quando vorrei solo piangere, dire che sto bene nei momenti in cui mi sento esplodere, alzarmi dal letto nelle mattine in cui vorrei solo sprofondare nelle lenzuola fino a scomparire fa male. Tremendamente male.

Così, anche se sono consapevole della presenza di Cole alle mie spalle, mi decido a sciogliere quell'unico nastro che mi mantiene in piedi e mi lascio andare. 

Permetto alle lacrime di scorrere indisturbate lungo il mio viso e ai singhiozzi di scuotermi il petto con violenza, sentendomi quasi felice di non dover fingere che tutto sia okay. Perché anche se continuo a ripetere di stare bene, non è affatto così. 

Mi copro la bocca con le mani per evitare di far rumore e svegliare il mio compagno di stanza, poi continuo a piangere indisturbata. Piango perché una parte di me sa che non sarò mai una brava madre, perché so che l'aborto è la scelta più giusta, anche se fa male. Piango perché questo bambino non potrà mai vedere la luce, non potrà mai respirare aria pura, non potrà mai vivere. Per colpa mia. Così i sensi di colpa per essere andata a quella festa e per aver fatto sesso con Cole riappaiono e piango ancora, sempre più forte.

"Cosa c'è che non va?" la voce assonnata di Cole riempie il silenzio della nostra stanza, congelandomi come se stessi commettendo un omicidio e fossi stata beccata con una pistola fra le mani. Mi prendo qualche istante per ritornare imperturbabile e per allontanare quegli occhioni dolci che continuano a fissarmi nel buio.

"Nulla" mi limito a dire, sicura che se dicessi anche solo una parola in più il moro noterebbe le tracce di pianto nella mia voce.

"Sei sicura di non volerne parlare?" percepisco i suoi occhi sulla mia schiena che mi chiedono di voltarmi e rivelare il mio viso segnato dalle lacrime, cosa che non farò "Sfogarti ti farebbe bene"

"Sono incinta" vorrei dirgli "E non riesco a capire se sono pronta a rinunciare ad ogni cosa per pagare il conto delle mie azioni dettate dal troppo alcool o se devo ammazzare questo bambino per poter riavere indietro la mia vita. Ho preso una decisione, stasera, mentre tu eri in fila per prendere lo zucchero filato, però adesso non riesco a smettere di chiedermi se sia la scelta giusta. Se questo è quello che voglio davvero. Continuo a domandarmi come andrà il colloquio di domani con il dottor Clyde, se scoppierò a piangere come una disperata o se riuscirò ad essere abbastanza fredda da chiedergli di uccidere mio figlio. Perciò non c'è nulla che vada bene, cazzo. Assolutamente nulla" queste parole mi rimbombano nella testa, ricordandomi che non sono abbastanza forte per affrontare davvero questa discussione.

Perfectly WrongWhere stories live. Discover now