Capitolo 14

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Sto aspettando Ashton all'inizio di una stradina abbastanza lontana da casa mia così come ci eravamo accordati.

Non voglio che mia madre mi veda salire su una macchina a lei sconosciuta dato che si preoccuperebbe ed è l'ultima cosa che desidero.

Inoltre, anche se ancora non lo sa, sua figlia diciassettenne è incinta e sono dell'idea che questa informazione sia già troppo complicata di suo, perciò evito altre cose che potrebbero turbarla.

La macchina sportiva grigio scuro entra nel mio campo visivo e sorrido istintivamente. Il veicolo accosta al marciapiede e ci salgo senza troppe cerimonie.

"Come sta la mia mammina preferita?" Ashton mi sorride e mette in moto la macchina.

"La mammina sta bene, ma starebbe decisamente meglio se il suo pargoletto smettesse di farla vomitare"

Guardo Ashton e noto con piacere che anche lui, come me, indossa vestiti comodi. Devo ricordarmi di rinfacciare a Meg che ho fatto bene a non ascoltarla riguardo l'abbigliamento. Lei desiderava che indossassi qualcosa di più elegante, però io ho optato per una felpa e un jeans semplici. Per di più l'ultima volta che l'ho ascoltata sono rimasta incinta, quindi meglio evitare.

"Hai provato qualche rimedio per la nausea? So che ne esistono molti anche naturali"

"Zenzero, limone, menta, camomilla... Devo continuare?"

"Tranquilla" sorride divertito "Ho capito il concetto"

Osservo fuori dal finestrino il paesaggio che corre veloce e ripenso alla me bambina che, per passare il tempo, immaginava un qualsiasi personaggio - reale o inventato - che correva con l'auto e saltava gli ostacoli che si presentavano sul percorso.

"Dove stiamo andando?" il biondo è stato ben attento a non rivelarmi nulla riguardo la nostra destinazione, così glielo chiedo in modo esplicito.

"È una sorpresa" mi guarda con la coda dell'occhio, poi aggiunge "Cosa c'è? Non ti piacciono le sorprese?"

"Mi piacciono molto" mi affretto a rispondere dato che mi sembra un po' dispiaciuto "Però adoro avere tutto sotto controllo e non sapere qualcosa mi mette ansia"

"Prova a rilassarti... Sono sicuro che la nostra meta ti piacerà" sorride.

"Lo sai che così mi rendi ancora più curiosa?"

"Lo so benissimo" la conversazione si interrompe e questa è forse una delle cose che preferisco della compagnia di Ashton. Adoro gli attimi di silenzio che mi regala di tanto in tanto. Non un silenzio forzato o imbarazzante, ma un silenzio reciproco che spesso vale molto più di un insieme di parole dette tanto per dire qualcosa.

Riprendo ad osservare fuori dal finestrino e mi concedo qualche minuto per staccare il cervello con i relativi problemi della mia vita e mi limito ad osservare le strade di Miami che conosco bene come le mie tasche.

Mi trovo talmente comoda nella 'bolla' silenziosa e tranquilla in cui sono entrata che mi accorgo che l'auto si è fermata solo quando Ashton apre la mia portiera con fare cavalleresco: "Siamo arrivati a destinazione, madame"

Scendo dal veicolo e, guardandomi intorno, mi accorgo di essere al porto di Miami.

Quando ero piccola ci venivo quasi sempre, più precisamente quando mio nonno stava bene. Ricordo benissimo tutti i sabati passati insieme a lui a fare un giro tra le onde cristalline del mare e che, dopo una lunghissima settimana di risatine e commenti idioti, mi sentivo finalmente meglio.

Il ragazzo biondo inizia a camminare a passo spedito e lo seguo mentre mi perdo nei ricordi che questo posto fa riemergere nella mia mente.

Da quando mio nonno è volato in cielo, non ci sono mai tornata. In realtà, dopo quel terribile giorno, mi sono sempre rifiutata di mettere piede su una barca perché tutto questo fa bruciare in modo atroce la ferita che, anche a distanza di anni, continua a sanguinare copiosamente.

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